Sassoli formato Borghi. Il debito non c'è più, se non lo paghi
Istituzioni ed economia
"Se la Banca Centrale Europea ha ricomprato i debiti di tutti i Paesi dell'Eurozona, questi debiti sono via dal mercato, in questo momento sono in pancia alla Banca Centrale", teorizzò Claudio Borghi ( lo stratega della Lega) in una intervista del 2018. "E noi abbiamo il 15% della Banca Centrale Europea, perché la Banca Centrale è posseduta pro quota da tutti i Paesi membri", continuò con aria saputella lo stesso Borghi (nonché Aquilini): "Significa che la Banca Centrale ha creato dal nulla del denaro, con questo denaro ha acquistato i titoli di Stato dell'Eurozona e li ha riportati nel proprio ambito. Questi titoli di Stato ricomprati diventano in pratica una specie di debito e credito per lo stesso Paese. Se ci fosse un bilancio consolidato sarebbero cancellati".
A sostegno della sua tesi, Claudio Borghi paragonò – in quel momento impegnato a scrivere il contratto giallo-verde - la situazione dell'Italia a quella di un padre di famiglia: "Immaginate di avere un credito con la propria moglie o un debito con il proprio figlio. È la stessa condizione di uno che ha ricomprato una cambiale che aveva emesso", e poi concluse, candidandosi al Premio Nobel per l’economia: "Si può, secondo me, trovare un'ampia convergenza in Europa sul fatto che i vari debiti pro quota non vengano computati nel debito/PIL". Ma Borghi non aveva ancora finito e si azzardò a svelare di ‘’che lacrime grondi e di che sangue’’ il feticcio della spread le cui dinamiche erano consultate con una preoccupazione – a suo dire – immotivate. "Il livello dello spread non dipende dalle singole politiche, dipende da quello che fa o non fa la Banca Centrale. Non sottovaluto né sminuisco lo spread. Dico semplicemente che lo spread non può essere ostativo a un qualsiasi tipo di politica, tenuto presente che lo spread in questo momento è una creazione non dei mercati, ma di quello che vuol fare la Banca Centrale".
Borghi poi finì la sua lezione di economia lasciando di stucco i suoi interlocutori: "Tutti a questo tavolo virtuale sappiamo che se la Banca Centrale compra i titoli di un Paese, lo spread non esiste. Volendo potrebbe anche azzerarlo. Basterebbe l'annuncio di Draghi e si azzererebbe lo spread". Per farla breve, il pensiero di Borghi si può riassumere così: se io ho un debito ma se riesco a farmelo pagare da un altro, sono a posto. Tanto che circolò un testo nel quale si proponeva la cancellazione di 250 miliardi di debito pubblico italiano acquistati dalla Bce con il quantitative easing per dare respiro alle casse dello Stato. Solo la faccia tosta del personaggio – poi divenuto presidente della Commissione Bilancio della Camera – gli impedì di vergognarsi quando fu subissato da critiche provenienti da tutte le parti.
Non c’era da meravigliarsi visto che secondo l’economista della Lega la finanza internazionale veniva paragonata ad un grande gioco del Monopoli e l’euro alla moneta che si usa sotto l’albero di Natale. I titoli – fino a prova contraria – sono stati conferiti in cambio di moneta sonante; e si qualcuno si permette di farne un falò trova qualcun altro che non la prende bene. Ma non solo. Come diceva Abraham Lincoln "è possibile imbrogliare uno per sempre e tutti per una volta; ma nessuno riuscirà mai ad ingannare tutti per sempre"; chi si è visto azzerare i suoi crediti non sarà più disponibile a fidarsi di nuovo.
Ecco perché ha provocato un certo stupore la proposta avanzata da David Sassoli presidente dell’Europarlamento. Può darsi che nell’intervista a Repubblica non si sia spiegato bene, ma le sue affermazioni sul debito da covid sarebbero state più consone se rilasciate da Borghi (nonché Aquilini). Perché – parola di più parola di meno – sono le stesse: la proposta di cancellare i debiti contratti dai governi per rispondere al Covid "è un'ipotesi di lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della sostenibilità del debito - ha affermato Sassoli. Nella riforma del patto di stabilità dovremo concentrarci sull'evoluzione a medio termine di deficit e spesa pubblica in condizioni di crisi e non solo ossessivamente sul debito".
Una cannonata come questa sulla polveriera del debito ha messo in cattiva luce anche un’idea più realistica espressa dal presidente a proposito del Mes (non lo stralcio per la sanità) : “Dobbiamo prendere atto che su quello strumento pesa il ricordo della crisi del 2008 e che ormai è anacronistico”, ha affermato Sassoli. D’altronde, da mesi sono state attivate le sue linee di credito senza condizionalità in ingresso se usate per le spese sanitarie, ma nessun Paese vi ha fatto ricorso e sembra intenzionato a farlo. “Oggi quale paese con il Recovery, l’allentamento del Patto, Sure ed Eurobond si avvarrà del Mes (l’ex Fondo Salva Stati, ndr)? Nessuno”, ha aggiunto Sassoli. “Dobbiamo essere pragmatici, lasciare nel congelatore 400 miliardi sarebbe intollerabile. Per rendere utile il Mes è necessario riformarlo e renderlo uno strumento comunitario, non più intergovernativo”, cioè deve essere “governato dalla Commissione europea in base a norme comuni e non più dalle logiche dei governi, in cui prevalgono quelle dei più forti”.
Ma gli osservatori si sono concentrati sulla questione del debito. Un merito però quelle dichiarazioni lo hanno avuto: hanno fatto venire allo scoperto le barbe finte della sinistra dentro e fuori del Pd. «L'idea di cancellare i debiti contratti per contrastare la diffusione del Covid-19 e la revisione del Mes sono due punti fondamentali per la tenuta delle democrazie europee», ha commentato il portavoce di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. «Proposte lungimiranti», gli ha fatto eco l'ex segretario Pd, Maurizio Martina. «Finalmente», ha chiosato l'ex viceministro dell'Economia, Stefano Fassina (Leu) sostenendo la necessità di «trasformare in titoli perpetui il debito pubblico acquistato dalle banche centrali nazionali durante la pandemia su input Bce». Per fortuna, il primo a dire ‘’non possumus’’ è stato Paolo Gentiloni.