Lo Stato non è sovrano se ‘cancella’ il debito, ma se lo rende sostenibile
Istituzioni ed economia
Per fortuna nessuno parla più di uscire dall’euro, ma la riconquista della sovranità nazionale tornerà presto nel dibattito pubblico. Per molti esponenti sovranisti, questa riconquista passa dalla “cancellazione” del debito pubblico detenuto dalla Bce. Un argomento che rischia presto di diventare centrale nel dibattito pubblico, senza che il concetto quanto mai equivoco di “cancellazione” venga chiarito nella sua realtà e nelle sue conseguenze.
A causa della pandemia, l’economia italiana è tornata indietro di 23 anni e il debito pubblico è schizzato al 155,6% del PIL. Vari esponenti politici, soprattutto sovranisti, ma anche il Presidente dell’Europarlamento Sassoli, hanno avanzato la proposta di ridimensionare il debito pubblico cancellando la quota di debito che ha finanziato le spese legate alla pandemia. La Commissione e la BCE hanno già spiegato che questa richiesta è in violazione dei trattati e dunque impossibile. Ma oltre alla questione giuridica, è illusorio pensare che la riconquista della sovranità passi dalla cancellazione del debito pubblico.
Innanzitutto perché da anni abbiamo perso la nostra sovranità. Da quando, negli anni 80, abbiamo iniziato a spendere soldi pubblici per spese improduttive. E un paese con il debito fino al collo come il nostro non può pensare di poter fare da solo, cioè non può pensare di ricorrere al solo credito domestico. Se lo Stato obbligasse tutti i cittadini a sottoscrivere le emissioni del debito nazionale in proporzione alla loro ricchezza, il debito pubblico si trasformerebbe in una gigantesca imposta patrimoniale, con conseguenze nefaste, in un sistema di libera circolazione dei capitali. Come ha giustamente detto il Presidente Mario Draghi “non c’è sovranità nella solitudine”. Nella solitudine l’unica sovranità dello Stato è quella esercitata contro i propri cittadini.
Grazie all’euro, l’Italia ha potuto spendere meno per gli interessi nonostante il nostro debito sia costantemente aumentato. Ma questo non ci basta. Ora, oltre ai 209 miliardi del Recovery Fund, gli oltre 37,36 miliardi nei soli primi due mesi del programma pandemico PEPP e i 27,4 miliardi del fondo Sure, qualcuno vorrebbe anche che la Bce cancellasse parzialmente il nostro debito. Ma cancellare il debito non solo non è consentito dal punto di vista giuridico, ma è impossibile dal punto di vista economico. Dal lato del debitore è comunque un default (il valore dei titoli emessi viene ridotto e azzerato, anche se in forma concordata) e dal lato del creditore è una perdita. E le eventuali perdite della BCE diventerebbero perdite di tutti gli stati della zona euro.
Aumentare il debito pubblico per sostenere e rilanciare l’economia è ora inevitabile, e costa di meno perché i tassi d’interesse sono ai minimi storici. Il punto è rendere il debito sostenibile. Come? Assicurandosi che il tasso di crescita sia superiore al tasso di finanziamento del debito. Ma soprattutto, il debito è sostenibile se è un "debito buono". Se serve per le future generazioni, per modernizzare il paese e renderlo più competitivo. In quest’ottica, il Recovery Fund è una grande opportunità ma anche un rischio. Se usato bene, è un’occasione per rilanciare un paese in grande difficoltà già prima della pandemia. Se usato male, oltre ad essere un’occasione sprecata, aumenterà drasticamente il debito pubblico. Rendendolo ancora meno sostenibile.
La sovranità non si riconquista pretendo la cancellazione del debito. Ma rispettando gli accordi presi. E i conti pubblici non si risanano con le moratorie, che rinviano il momento del redde rationem, ma aumentando la crescita. La sostenibilità del debito pubblico non dipende tanto dal suo importo, ma dalla fiducia dei mercati nella capacità del debitore di farvi fronte. Come sostiene sempre Carlo Cottarelli “tutti possono stampare moneta, il punto è chi la vuole”. E che segnale lancia un paese che prima ancora d’aver ricevuto i soldi del Recovery richiede l’annullamento del debito?
L’Europa ha già fatto molto per noi, indebitandosi comunemente per ridistribuire le risorse. Non pretendiamo di più e soprattutto non chiediamo l’impossibile. Risolviamoci da soli il problema della sostenibilità del debito pubblico, cosi sì che saremmo davvero più forti.