fontana mascherina grande

Visto che il Covid-19 è il meta-contenuto e il meta-contenitore di qualunque discorso pubblico, è diventato anche la scena di ogni copione e la storia collettiva di qualunque racconto politico individuale.

Leadership internazionali, nazionali e locali si misurano con il Covid-19 come canone della propria adeguatezza e come prova della propria virtù. Da questo punto di vista, la pandemia è come la guerra, non in termini di letalità, ma di forza onnipervasiva e sovraordinata all’espressione delle comuni “forze” politiche.

È interessante vedere come la pandemia sia ideologicamente metabolizzata fino a diventare la “dimostrazione” della giustezza delle più disparate Weltanschauung – global e non global, scientista e antiscientista, democratica e antidemocratica – e insieme il saggio della popolarità e del consenso di statisti e arruffapopolo, scienziati e padreterni, poliziotti buoni e poliziotti cattivi.

In tutto questo c’è un’etica del potere che si riflette nell’estetica dei potenti e nella percezione suscitata dall’uso mediatico dell’emergenza e della tragedia.

Ci sono diversi stili, diversi registri, diverse misure. Ma in Italia sono tutte in qualche modo arci-italiane, tutte inscritte nella storia secolare della nostra commedia dell’arte politica.

C’è l’understatement dello Zingaretti malato, il paternalismo dolente della classe dirigente PD di lungo corso, e il querulo controcanto delle sue avanguardie sudiste - i Boccia e i Provenzano - cui il Covid-19 sembra offrire l’occasione di regolare i conti con il mai amato Nord.

Dall’altro lato, l’impossibilismo populista del centro-destra (prima “tutto aperto”, poi “tutto chiuso”, infine tutto, e tanto, a tutti, come se piovesse: raining money).

In mezzo, anzi sopra, sotto, attorno e quindi ovunque il sussiego pretesco e mieloso del Presidente del Consiglio, un po’ parroco amorevole e un po’ cardinale callido, nel suo gioco delle tre carte permanente tra i bastoni del lockdown e le carote del “cura Italia”.

E anche la dolorosa e distante sollecitudine del Capo dello Stato, spettinato e confuso dal default dell’ordine costituzionale e da uno stato di emergenza burocratico-prefettizio e impegnato a “coprire” sempre e comunque il Governo pro tempore, come se questa fosse oggi la sola missione patriottica affidata all’inquilino del Quirinale.

Infine c’è la platea bipartisan e geograficamente trasversale di sindaci e governatori sceriffi, ciascuno con il “suo” popolo, ciascuno a suo modo rappresentativo della corruzione estrema e degradata del territorialismo che sta distruggendo la democrazia in tutto il mondo e che in Italia assume le forme di un campanilismo epidemiologico mentecatto e esibizionistico.

E poi, se vogliamo, ma a parte, esterno ed estraneo all’antropologia politica italiana, c’è anche il vescovo di Roma e capo della Chiesa universale, infinitamente più prossimo al senso pre-Covid del dolore del mondo e quindi più preparato a corrispondere l’orrore e lo smarrimento di un mondo ricco a cui la pandemia ha tolto il senso dell’immunità.

In questa carrellata di personaggi, che sono anche maschere e “tipi” del passato-presente politico nazionale, spiccano personaggi che non sarebbero sfigurati tra i Mostri di Dino Risi, personaggi talmente esagerati, assurdi e incongrui, da apparire inverosimili anche quando sono reali. Di certo a questa categoria appartengono i vertici politici lombardi che sono responsabili di un default organizzativo di proporzioni colossali e di una pandemia intra-sanitaria, che è, al di là della forza del virus, e una dimostrazione di impreparazione e inefficienza della sanità più ricca d’Italia e appaiono politicamente contagiosi anche ai fratelli forza-leghisti veneti, che fanno da subito tutto il contrario di quello che Fontana e Gallera hanno fatto nella vicina Lombardia.

Eppure stanno lì, con solenne improtitudine, a dare lezioni al mondo in kermesse affollate, sciamando avanti e indietro in una regione fuori controllo, con le loro “strutture parallele”, un po’ cinesi e un po’ bertolasiane, a pontificare, a candidarsi per il domani di Milano e della Lombardia, di cui oggi non riescono neppure a tenere la contabilità dei morti per Covid-19.

@carmelopalma