sala mascherine grande

Penso che Sala sia una persona seria e che la sua sfuriata di ieri sia stata fatta per esasperazione e non nasconda l’intenzione di scaricare sui cittadini milanesi e lombardi (e in generale sui cittadini italiani) la responsabilità di quel vero e proprio default sanitario che va caricato per intero sulle spalle di governi nazionali e regionali (a partire da quello lombardo).

Nelle scene di ieri ai Navigli la cosa più imbarazzante per il sindaco e per le istituzioni non è stata la relativa indisciplina di alcuni cittadini (non tutti quelli che erano sui Navigli, ma quelli che non rispettavano la distanza di metro e non portavano la mascherina, obbligatoria in Lombardia), ma la totale assenza di controlli in un luogo che, per le sue caratteristiche, era presumibile che attirasse una notevole concentrazione di avventori e, vista la possibilità di consumare cibi e bevande da asporto, avrebbe persuaso qualcuno a comportarsi business as usual.

Ovviamente una amministrazione comunale ha sempre – e a maggior ragione in questa fase di “diritto fai da te” sdoganato dal Governo Conte II – la possibilità di intervenire con ordinanze per prevenire rischi alla salute pubblica che ritiene di non potere controllare, ad esempio in alcune aree, o in alcuni orari, o in alcuni giorni (con tutte le conseguenze economiche negative del caso, ad esempio per i commercianti delle zone interessate).

Quello che non può fare è fingere di credere che, dopo due mesi di segregazione durissima, tutti possano immediatamente conformarsi a regole mai sperimentate e che, dopo settimane di controlli occhiuti con droni e elicotteri a inseguire i runner solitari, l’assenza di controllo anche nelle vie più frequentate della città non sia intesa come una sorta di “liberi tutti”.

Inoltre un sindaco e un qualunque amministratore dovrebbe sapere che il governo degli “assembramenti” è tutt’altro che agevole, se le stesse istituzioni toppano a volte in maniera clamorosa. Basti pensare alla calca per l’inaugurazione del Ponte Morandi da parte del Presidente del Consiglio e del reparto alla Fiera di Milano da parte del Governatore Fontana.

Quindi, direi che un minimo di misura e di senso delle proporzioni dovrebbe portare a considerare in modo più avveduto quanto è successo ai Navigli (al netto dell’effetto “schiacciamento” di alcune immagini). Non è successo praticamente niente. Soprattutto nulla di rappresentativo di quello che sta succedendo in Italia e di quello che potrà succedere sul fronte sanitario in questa fase due.

È su questo punto, proprio su questo punto, che il discorso di Sala, anziché funzionare come un richiamo all’ordine, diventa un contributo al disordine, un alibi e una via di fuga dalla responsabilità del Governo nazionale e di quello lombardo, che da due mesi inscenano un sistematico scaricabarile, a volte addebitandosi reciprocamente le colpe dei fallimenti e più volte ribaltandole direttamente sui cittadini. Come ieri ha fatto Sala.

Obbligare tutti a stare a casa è stato, all’inizio, necessario (al di là di alcune restrizioni arbitrarie e puramente afflittive) anche perché dal punto di vista pratico avrebbe consentito di organizzare meglio la vita “con il virus” (è stato chiaro da subito che non saremmo rimasti in casa fino a che il virus non avesse abbandonato l’Italia, l’Europa e il pianeta) e di attrezzare l’Italia a questa convivenza. Visto che adesso il governo nazionale e la gran parte di quelli regionali sono arrivati all’appuntamento del 4 maggio impreparati – come dimostrano le cose più banali e le più grandi, dal ritardo di Immuni, alla perdurante penuria di DPI, all’assenza di programmi di test, tracciamento e isolamento di massa (cioè di tutti i potenziali contagiati), ai ritardi burocratici sull’attuazione di tutta la normativa di emergenza – adesso tutti temono una rapida crescita dei contagi.

Nella fase del lockdown i contagi hanno continuato a crescere nelle strutture sanitarie e nelle famiglie dove gli infetti erano reclusi, ma non testati e non isolati, per responsabilità esclusiva delle inadempienze, degli errori e comunque dei fallimenti del potere pubblico. Se i contagi oggi continueranno a crescere non sarà per una disobbedienza di massa al sistema di distanziamento fisico e all’uso delle mascherine o per la renitenza delle imprese, ma dipenderà dal fatto che continuano a girare milioni di persone infette e contagiose, che nessuno cerca, che nessuno trova e che nessuno assiste e per tutelarci dalle quali – che soluzione geniale! – dovremmo rinchiuderci di nuovo tutti in casa o – nuova frontiera del paternalismo stakanovisticamente para-orwelliano – uscire di casa solo per andare a lavorare, perché lo sport, l’amicizia, l’amore, il divertimento, perfino le passeggiate sono cose rinunciabili, intrinsecamente immorali, anzi, come usa dire oggi, “non essenziali”…

Alla fine della fiera, finiremmo però per scoprire – ma in realtà tutti già sappiamo – che una parte del nostro Pil, quella che farà la differenza tra la povertà e la miseria di milioni di persone e tra la dura recessione o la tragica rovina dell’Italia, è legata anche al fatto che le persone possano incontrarsi, socializzare, divertirsi, fare sport, cazzeggiare, andare di qui o di là, con tutte le precauzioni possibili, e con tutti i rischi ineliminabili del caso, ma stando “fuori di casa”.

Il compito di tutti i responsabili di governo e di tutte le istituzioni politiche e scientifiche, dal sindaco di Milano al Presidente del Consiglio, dai dirigenti della sanità pubblica lombarda, ai vertici dell’Istituto superiore della sanità e del Comitato tecnico della Protezione civile, non è quello di insegnare agli italiani a vivere, ma di consentire loro di continuare a vivere e a lavorare “normalmente”, rispettando le regole di prevenzione e contenimento del contagio. In questa attività rientrano anche i controlli, ma non come minaccia della chiusura totale.

Come nessuna persona di buon senso può minacciare la chiusura delle autostrade (anziché l’incremento dei controlli e delle sanzioni) per limitare gli incidenti stradali, nessuno dovrebbe minacciare di richiudere tutti gli italiani in casa se alcuni italiani violano le prescrizioni sul distanziamento individuale. Invece questa minaccia, senza considerazione delle conseguenze, è diventato lo sport politico nazionale. Siamo dentro un circolo vizioso auto-assolutorio (del potere) e de-responsabilizzante (dei cittadini). E se non usciremo da questo circolo vizioso politico, difficilmente usciremo dal circolo vizioso della inefficienza di Governo.

In tutto questo è appena il caso di segnalare che ci sono anche Paesi – il più illustre la Germania – le cui immagini dei parchi, delle strade e della vita sociale somigliano da settimane a quelle che qui “malediciamo” come fattori di contagio e guardando i numeri evidentemente non lo sono. Dunque i nostri numeri, tutt'altro che virtuosi, dipendono da qualcos'altro.

@carmelopalma