casa riposo grande

Nei soli ricoveri per anziani di Lombardia, Veneto e Piemonte ci sono stati più morti di Covid che in tutta la Germania (non nei ricoveri tedeschi, si badi: nella Germania tutta).

Ovviamente, ora il tentativo sarà di addossarli a pacchetto a qualche “mariuolo” e a risolvere penalmente un problema che potrà avere forse sanzione, ma non soluzione, né prevenzione giudiziaria. Per la monumentale Caporetto politico-amministrativa che emerge da questi numeri, parlare di “modello italiano” è qualcosa che sta a metà tra il delirio e l’improntitudine. Inoltre continuare a chiedere, con i dovuti salamelecchi, che la giustizia faccia il suo corso e lasciare a domani la valutazione dell’accaduto significa avere la garanzia che domani sarà un inferno pari o peggiore di quello di oggi.

Il fenomeno, di cui la strage nelle residenze per anziani è la punta dell’iceberg, non è la conseguenza del dolo criminale di qualche direttore fuori controllo (da questo punto di vista il Trivulzio non è un caso a sé: né in Lombardia, né altrove), ma dello zelo burocratico e dell’irresponsabilità politica di istituzioni (anche tecnico-scientifiche) che hanno imposto un modello per cui i malati non andavano cercati, tracciati e isolati, di modo da non trasformare le case private e le strutture di cura in centri di propagazione della pandemia, ma al contrario andavano incrociati al momento del bisogno, “impacchettati” e rinchiusi a casa e in ospedale, senza che a casa potessero avere altra sorveglianza e assistenza che quella telefonica, per monitorare le eventuali “criticità” e senza che le strutture sanitarie fossero minimamente attrezzate per gestire la bomba di contagio riversata nelle stanze e nelle corsie.

Ci si è mossi come se il solo pericolo da scongiurare fosse la saturazione delle terapie intensive e su questo si sono costruite epopee ultra-propagandistiche, tipo quella della Fiera di Milano, e intanto, anche quando le terapie intensive hanno iniziato a svuotarsi, hanno continuato a morire a centinaia e centinaia fuori dalle contabilità ufficiali. Né sarebbero potuto succedere altro se a tutti quelli, che denunciavano sintomatologie “non critiche” compatibili con il Covid-19, si è detto di chiudersi in casa con tutti i familiari, non isolando quindi singole persone, ma intere famiglie, costrette per lo più a convivere in spazi che impedivano ai coabitanti qualunque forma di distanziamento reciproco. Intanto, “fuori” c’erano alberghi vuoti, con oltre 1 milione di camere e quasi 2,2 milioni di posti letto in cui si sarebbe potuto procedere, con un po’ di organizzazione, all’isolamento dei casi sospetti o accertati “non critici” e da non ospedalizzare.

Mentre il Governo continuava a blaterare sulla necessità di anteporre “la tutela della vita alle questioni economiche” a nessuno è venuto in mente, a quanto pare, di seguire una strada che avrebbe comportato un po’ di costi finanziari e organizzativi (dando per altro fiato a un settore economico che uscirà desertificato da questa pandemia), ma avrebbe evitato una marea di morti evitabili per contagi stupidamente intra-familiari.

E c’è da dire che salvo pochissime voci isolate, il sistema dei media italiani ha accuratamente evitato di evidenziare – non servono studi di epidemiologia, basta un minimo di diligenza giornalistica – che un modello di contenimento obbligatoriamente centrato sul distanziamento sociale era in clamorosa contraddizione con la scelta di disporre una reclusione coatta (più volte presentata come arma fondamentale per arginare il fenomeno) di sintomatici e di non sintomatici, di positivi e di non positivi.

Ancora oggi, quando lo scandalo è esploso delle sue pazzesche dimensioni e nella sua inquietante qualità negativa, le aperture di tg e giornali continuano a essere sulla guerra delle ordinanze e sui coprifuoco anti gita di Pasquetta. Eppure ormai qualunque italiano ha una conoscenza diretta o indiretta di casi assurdi in cui un familiare sta male, non viene “tamponato”, poi peggiora, viene portato in ospedale, riconosciuto positivo e magari dimesso, per contagiare qualche altro familiare che poi si aggrava… finché in questo circolo vizioso qualcuno muore.

Tutte le strategie sulla “fase due” rischiano di essere pregiudicate dagli errori della “fase uno”. Il disarmo della medicina territoriale e domiciliare, l’assenza di tracciamento e isolamento dei contagiati, l’attenzione ai soli casi cosiddetti critici possono rendere la riapertura, per quanto lenta, prodromica a una nuova chiusura. 

A giocare contro una gestione razionale delle strategie di adattamento al pericolo dell’infezione – che come è ormai chiaro né scomparirà, né avrà una contagiosità “naturale” indipendente dalle strategie sociali atte a contenerla – è purtroppo anche un fenomeno paradossale di frammentazione e di verticalizzazione del governo dell’emergenza, in cui sono saltate le gerarchie di fonti e poteri, si è dissolto il ruolo del Governo e quello del Parlamento e a gestire la situazione rimane Palazzo Chigi e qualche ministero, con una pletora di strutture tecniche del tutto irresponsabili dal punto di vista istituzionale e, a valle, regioni e pure singoli comuni che vanno avanti ognuno per sé – il modo peggiore per combattere una pandemia.

@carmelopalma