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Il Presidente del Consiglio Conte a conclusione dell’incontro a distanza con i capi di Stato e di Governo dell’UE ha alzato i toni della polemica contro i governi del Nord e dell’Est Europa che avevano manifestato la loro contrarietà agli eurobond. A parte espressioni piuttosto volgari, nell’annunciare il veto dell’Italia al documento conclusivo del Consiglio dell’UE, se ne è uscito con la frase da tutti richiamata: “Ce la faremo da soli”.

Che cos’è, una minaccia? E il Presidente pensa davvero che con le ingiurie e con le minacce si possa riannodare il dialogo con gli altri membri del Consiglio dei capi di stato e di governo? La verità è più semplice: Conte si trova in una condizione di oggettiva debolezza interna nella quale la gravità dei problemi creati dall’epidemia di coronavirus è moltiplicata dall’aggressività quotidiana di Salvini e Meloni e dai problemi che quotidianamente gli pongono i suoi amici pentastellati con il loro veto, la loro opposizione a ricorrere ai fondi del cosiddetto MES. A causa di questo veto, a Conte rimaneva il solo strumento dei coronabond o eurobond che dir si voglia. E per questo si è sentito in dovere di far concorrenza, in fatto di bullismo, a Salvini, affidandosi ai consigli, suppongo, di quel mago della comunicazione che è Casalino.

In questa maniera Conte non solo rende più difficile riannodare i fili del dialogo con gli altri partner e non fa concorrenza a Salvini ma gli fornisce nuove armi, e soprattutto rischia di bruciare il patrimonio che aveva conquistato alla vigilia del vertice: la condivisioni delle richieste italiane da parte di altri nove Stati dell’UE, con in testa la Francia, la Spagna e il Portogallo. E questa ci sembra la conseguenza più grave e pericolosa della scelta del Presidente del Consiglio, come dimostra il fatto che dei dieci paesi firmatari è rimasta al suo fianco, nella minaccia del veto al documento finale, solo la Spagna.

Se ne deve dedurre che il premier è prigioniero di coloro che, all’interno della maggioranza, rincorrendo e condividendo il sovranismo delle opposizioni, gli impongono, per ragioni solo ideologiche e non pratiche, la rinuncia al MES: non si combatte il veto degli stati del Nord Europa, accettando contemporaneamente il veto dei 5 Stelle al MES.

Quali sarebbero le ragioni dell’opposizione al MES? Si evoca l’esempio della Grecia, soggetta al commissariamento della troika per garantire il rispetto delle misure di risanamento dell’economia. Ora è evidente che la situazione della Grecia è estremamente differente dalla circostanza attuale che riguarda tutti i paesi dell’UE, ugualmente colpiti dal virus e quindi le condizioni delle concessioni dei fondi sarebbero differenti, molto differenti da quelle delle ordinarie crisi finanziarie di un paese membro. E allora? Allora bisogna rifiutarli e non attivarli perché sarebbero comunque fondi che aumenterebbero l’indebitamento come se i proposti titoli trentennali emessi dall’Italia o gli stessi corona bond potessero non aumentarlo? O, ancora, bisognerebbe rifiutarli perché, troika o non troika, sarebbero comunque soggetti a condizionalità che in ogni caso dovremmo rifiutare? E si può davvero pensare di far parte di una moneta unica, al di fuori di ogni condizionamento comune?

È una pretesa che può essere fatta propria solo da chi ha già deciso di uscire dall’Euro (che a questo punto significherebbe anche uscire dall’UE). È questa la posizione del nostro Presidente del Consiglio?

Conte farebbe bene a riannodare i rapporti con i paesi che hanno condiviso con l’Italia la richiesta degli eurobond e, senza veti e preclusioni, riprendere il dialogo con chi a sua volta deve rinunciare nell’interesse dei problemi comuni ai propri veti e alle proprie preclusioni, accettando gli eurobond o ideando altri strumenti comuni.

Non tutto è stato negativo all’interno dell’UE, I detentori dei modesti strumenti federali e sovranazionali che sono concessi alle strutture dell’Unione hanno fornito risposte positive. La BCE riprendendo e rafforzando la politica iniziata da Draghi. La Commissione europea aprendo la strada alle deroghe al patto di stabilità e rimuovendo i limiti alla flessibilità e all’indebitamento. I problemi, come sempre nascono dai rapporti intergovernativi nei quali i sovranisti di casa nostra devono far i conti con il sovranismo degli altri. Nonostante questo, ora dal Governatore della Banca d’Olanda è venuta una significativa apertura agli eurobond. E il ministro degli esteri tedesco ha manifestato la volontà di trattare.

Dobbiamo quanto meno metterci anche noi nelle condizioni di dialogare senza andare appresso ai fautori della crisi europea e dell’isolamento nazionale. Ad essi va ricordato che l’uscita dall’Euro, ha un necessario corollario: un più che probabile default finanziario che renderebbe irreversibile la crisi del nostro sistema manifatturiero e impoverirebbe l’intero paese.