La maggioranza ha deciso per un sistema elettorale proporzionale con correzioni per evitare la frammentazione. Comincia così un articolo su Repubblica che dà conto dell’accordo che sarebbe stato trovato all’interno della maggioranza sulla legge elettorale. Leggendo si scopre che queste «correzioni» potrebbero essere di due tipi: una soglia di sbarramento alta (5%) oppure collegi piccoli «come in Spagna».

Personalmente la mia preferenza va al semi-presidenzialismo (forma di governo) e al doppio turno di collegio (legge elettorale), oppure - in subordine - a un premierato con una legge elettorale proporzionale. In questo secondo caso si dovrebbe ovviamente modificare l’impianto della attuale democrazia parlarmentare, aggiungendo strumenti tipici di altre democrazie e forme di governo (la sfiducia costruttiva e il potere di nomina e revoca dei ministri in capo al Presidente del Consiglio). E in entrambi i casi sarebbe opportuno, se non addirittura necessario, il superamento del bicameralismo paritario (ma quel treno se ne è andato e non torna più, semicit.).

Qui però non si vuole tanto fare una discussione teorica sull’impianto migliore, quanto proporre una riflessione su come si tenda a dare per scontate cose che scontate non sono affatto. Mi riferisco al nesso presunto tra «evitare la frammentazione» e soglia di sbarramento alta o sistema spagnolo. È un nesso tutto da dimostrare. Volete la soglia alta? Volete la legge spagnola? Legittimo, ma non diteci che è per evitare la frammentazione. In Spagna la frammentazione è tale che hanno votato quattro volte in quattro anni e se un governo nascerà, sarà di coalizione e di minoranza. E anche la soglia alta serve a poco perché porterà i partiti sotto soglia (forse anche quelli appena sopra la soglia) a fare accordi, tra loro o con i fratelli (coltelli) più grandi, frammentandosi dopo il voto. Anche con il maggioritario si fanno accordi di questo tipo, è vero, ma in quel caso l’ultima parola è sempre dell’elettore che sceglierà il suo deputato (o senatore) e/o addirittura un governo, nel caso del semi-presidenzialismo.

Non è dunque l'amore del paradosso a farmi sostenere che tra i sistemi proporzionali la variante che più di ogni altra riduce la frammentazione è quello purissima, su circoscrizione unica nazionale (e collegi abbastanza piccoli da consentire la conoscibilità dei candidati e quindi degli eletti, come nostro diritto). Provocazione? Qualche numero. Con 400 parlamentari, stando ai sondaggi odierni, andrebbero «dispersi» o «frammentati» in partiti sotto il 3%, 27 deputati. Tanti? Oggi i deputati nel misto o in LeU (che ha una deroga, altrimenti dovrebbe stare nel misto) sono 39, che proiettati su 400 deputati corrispondono a 24: siamo lì. Alla Camera (con il Senato a 200, in quella assemblea non serve) tutt'al più si potrebbe pensare a una soglia bassissima (1%), ma  solo come deterrente per disincentivare la proliferazione di liste. In alternativa va previsto un numero molto alto di firme per potersi presentare, ma è un sistema fortemente discriminatorio, che a me non piace.

In questo paese siamo specialisti nello sperimentare sistemi misti. Introduciamo il collegio uninominale, ma ci appiccichiamo una quota proporzionale, nonché lo zavorriamo inventandoci lo scorporo. Poi torniamo al proporzionale con premio di maggioranza, ma lo facciamo senza ballottaggio e con liste bloccate lunghe chilometri. Poi passiamo ad un sistema, ancora misto, dove la parte uninominale è in collegi tanto grandi da rendere anche quel voto di fatto «proporzionale». Che bisogno abbiamo di fare le cose a metà? Vuoi il proporzionale? Fai un proporzionale vero: sistema tedesco con soglia minima. Vuoi il maggioritario? Fai un maggioritario vero: sistema francese. Semplice no?

A proposito di semplificazioni... Per favore basta anche con quella storia che con il maggioritario governano Salvini e Meloni. Primo, se hanno la maggioranza non vedo perché non dovrebbero governare; secondo, il semi-presidenzialismo è il modo più semplice almeno per provarci, a batterli (Macron, ma prima di lui anche Chirac, insegnano); terzo, con la soglia alta che viene proposta (il 5%), stando ai sondaggi attuali avrebbero comunque la maggioranza.

Infine un’ultima nota a margine, che tanto a margine non dovrebbe essere. L’altro male italico (oltre alla passione per i sistemi «misti») è di continuare a discutere di leggi elettorali come se si stesse discutendo di forme di governo. Son cose diverse. E dovrebbe funzionare nel senso che sia la forma di governo a determinare la legge elettorale, non il contrario. Invece la nostra passione per le scorciatoie ci ha sempre portato a fare le cose al rovescio, partendo dalla legge elettorale. Come dite? Per cambiare forma di governo si deve cambiare la Costituzione? Già, in democrazia pare che funzioni esattamente così. E invece qui si “gioca” sul fatto che i costituenti italiani son stati meno avveduti dei colleghi tedeschi e hanno preferito non mettere la legge elettorale in Costituzione.

Purtroppo in politica (a maggior ragione in queste materie) non ci sono scorciatoie. Il governo Renzi la via maestra, quella della riforma organica, aveva provato a percorrerla. Come noto, senza successo. Non è un buon motivo però per spacciare per contrasto alla frammentazione ciò che non lo è.