Dopo Conte, qualunque governo con il M5S sarebbe ancora più ‘grillino’. No grazie
Istituzioni ed economia
I generosi volontari di un governo di “salvezza nazionale” dovrebbero prendere rapidamente atto che le condizioni per un nuovo esecutivo sono quelle dettate dal M5S e appartengono interamente alla retorica antiparlamentare del movimento politico, che ha teorizzato in modo più radicale il superamento delle istituzioni democratiche.
Il Parlamento, in cui il nuovo governo dovrebbe nascere, è per Grillo semplicemente il recinto in cui le greggi di portavoce e portaordini dei capi bastone alzano la mano a comando – se no: fuori. Non si tratta – per la Casaleggio srl – di costruire una alternativa al governo gialloverde, ma semplicemente di sostituire l’ex junior partner Salvini con portatori d’acqua e di voti meno esigenti e più malleabili, condividendo con il M5S il rischio di sfracellarsi in caso di elezioni anticipate.
Di Maio nello spregiare la disponibilità di Renzi ha chiarito che la “prova d’amore” chiesta alle forze che lavorano per la prosecuzione della legislatura è l’immediato taglio della capoccia simbolica di 345 parlamentari, cioè l'approvazione della riforma costituzionale finora avversata in Parlamento da centinaia di deputati e senatori, da Renzi in giù, ora prontissimi a sostenerla. E visto che il M5S non intende evidentemente riconvertire la propria armata nichilista in un esercito patriottico, è quantomeno presumibile che, con un nuovo governo, vorrebbe confermare tutte le riforme – a partire da quelle più immonde, sulla giustizia – su cui l’alleato leghista recalcitrava.
Il totalitarismo antipolitico che ha segnato in modo indelebile la legislatura oggi crea cortocircuiti ridicoli, in cui i leghisti accusano i grillini di non volere mollare le poltrone e i grillini accusano i leghisti di non volerle tagliare, per poterle meglio, domani, occupare. Un dibattito miserevole in cui gli uni sono indistinguibili dagli altri, come in tutte le scelte di fondo degli ultimi quattordici mesi, se non per il fatto che gli uni sono in crescita e gli altri in declino, gli uni la cosca vincente e l’altra la cosca perdente della famiglia populista.
Visto che rispetto a ogni possibile governo deputati e senatori M5S rappresentano i due terzi dei voti necessari per il raggiungimento del 51%, se ci fosse un nuovo governo, sarebbe un governo le cui linee di comando correrebbero, ben più che per il precedente, tra Sant’Ilario e la sede milanese della Casaleggio, non al Nazareno, non tra i gruppi parlamentari PD, non a Rignano.
Si può anche sperare che lo shock per la sfiducia di Salvini, la paura per le nuove elezioni o una improvvisa e provvidenziale resipiscenza trasformi tutti i protagonisti della fattoria degli animali grillina in persone di buon senso e di buona volontà, disposte a riconvertire la paranoia nichilista in una cura democratica delle istituzioni e del Paese. Ma è uno sperare l’assurdo, neppure quello religioso, bensì quello politico-profano, decisamente più improbabile.
Del M5S, come del resto della Lega, è irragionevole sperare che ci sia qualcosa di migliore o di diverso da quello che si mostra, qualcosa di nascosto o di potenziale, pronto a uscire allo scoperto grazie a un’alchimia politica segreta. IL M5S, come del resto la Lega, è esattamente quello che è, quello che dice, quello che fa. Niente di migliore di quello che abbiamo sperimentato in questi quattordici mesi e temuto in quelli precedenti mentre la grancassa della storia batteva il tempo del loro avvicinamento e poi del promesso “Cambiamento”.
Se il M5S non è migliore della Lega, la Lega rappresenta però un pericolo peggiore: semplicemente perché è più forte e rappresentativa del mainstream etno-nazionalista. Ma rispetto a questo pericolo l’alternativa che si prospetta non è tra votare subito o votare dopo, ma tra diverse scelte rispetto utili a evitare che il prossimo voto politico - che comunque arriverà - possa rappresentare un pericolo per la democrazia italiana. Un governo qualunque, di qualche mese o di legislatura, non solo non sarebbe utile, ma sarebbe dannoso, sia all’Italia, sia alla causa anti-sovranista.
Se invece fosse davvero inopinatamente possibile scrivere con il M5S un vero programma di alternativa – anche alle scelte del governo Conte – tanto varrebbe fare subito una alleanza elettorale e andare al voto. Ma questo è un periodo ipotetico del terzo tipo, cioè dell’irrealtà.