Bonfante Milano

Il mutare di uno dei principali attori del sistema politico italiano da partito secessionista (in chiave di dualismo Nord vs Sud Italia) a partito sovranista (in chiave di dualismo Italia vs Europa) ha pesantemente ridefinito le tematiche del dibattito pubblico e di rappresentanza politica di alcune istanze provenienti dall’area settentrionale del paese.

Nel frattempo, la crisi ha fatto emergere una nuova domanda di rappresentanza e governo del territorio che ha visto molti attori di politiche pubbliche del tutto impreparati. In un quadro totalmente destabilizzato sembra ancora mancare una politica in grado di interpretare e offrire scenari di futuro, di prefigurare percorsi e di regolare lo sviluppo ai principali attori sociali ed economici, manca non solo un ruolo di guida e di accompagnamento dal lato delle politiche istituzionali, ma perfino un riconoscimento dei cambiamenti profondi che stanno avvenendo.

Nell’ambito del Nord si possono riconoscere contesti socio-economici in rapida trasformazione (con processi e specificità locali che permangono molto forti) che le istituzioni pubbliche non possono semplificare o ignorare, se non con il rischio di produrre diagnosi errate e terapie inefficaci.

La rivolta e le manifestazioni della società civile torinese, il disagio degli imprenditori e artigiani del Nord-est, il protagonismo di Milano che ormai fa azioni a se stanti di promozione della città, sono tutti segnali che inducono a riflettere. Crisi economica dunque, ma anche crisi di identità e di ruolo con una manifesta incapacità della politica di cogliere i segnali di malessere (scarsa efficacia istituzionale, ritardo infrastrutturale, problemi di competitività nel contesto europeo) e dare adeguata rappresentanza a queste istanze. L’indebolimento dei partiti come strumento di promozione di interessi collettivi e la crescente autoreferenzialità della politica, completano il quadro.

Una decina di anni fa, fra il 2007 e il 2008 una serie di volumi avevano riportato all’attenzione, anche nell’ambito di aree culturali riformatrici di sinistra, la questione settentrionale. Molti autori si erano interrogati sulla crisi del Nord dopo molti anni di dibattito sulla, ancora irrisolta e per certi versi aggravata, questione meridionale, sembrava doveroso interrogarsi sulla parte più dinamica e produttiva del paese, il consolidarsi di movimenti secessionisti e particolaristici. Tutti questi temi mobilitavano profondamente studiosi, opinionisti, saggisti e docenti universitari (es. Giuseppe Berta, Nord. Mondadori, Milano, 2008; Giuseppe Berta, Questione settentrionale, Annali della Fondazione Feltrinelli, Feltrinelli, Milano, 2008; Aldo Bonomi, Il rancore del Nord. Feltrinelli, Milano, 2008; AA. VV., Libro bianco per il Nord Ovest, Consiglio nazionale delle Scienze sociali, Marsilio, Venezia 2007).

Da allora sono passati più di 10 anni, cosa è rimasto di quelle riflessioni? Il periodo di crisi economica che, convenzionalmente viene fatta partire dagli anni in cui venivano editati questi contributi ha modificato (e sotto certi versi ampliato) questioni aperte e problematiche dell’area settentrionale del Paese.

La coscienza di aver sviluppato forme di successo dal punto di vista imprenditoriale aveva fatto sì che si fosse creata una sorta di presunzione di essere indenni da alcune questioni, che ha generato isolamento e incapacità nel cogliere segnali di cambiamento provenienti dal mercato. Molti ambiti territoriali destabilizzati iniziano a porsi problemi che mai li avevano intaccati nei periodi di sviluppo e crescita. La crisi ha modificato non solo i comportamenti delle imprese, ma anche il modo in cui conoscenze, valori, istituzioni e mondo della produzione oggi interagiscono fra di loro. Il dinamismo di molti sistemi locali in cui le interazioni fra economia e società permangono molto stretti, richiedono sostegno attivo e soluzioni effettive.