Palma barcatricolore

Raccontano i sopravvissuti eritrei che durante la loro prigionia nel lager libico sono nati 16 bambini. E sono morti. Di stenti.

Dopo tali testimonianze è difficile digerire l'interpretazione del caso Diciotti che la sottosegretaria 5 stelle all'economia suggeriva ieri all'house organ grillino. La colpa, fa intendere, è dei governi precedenti: i porti dovevano essere chiusi (e la nave non avrebbe dovuto attraccare), ma l'Europa ci ha imposto di aprirli in cambio del permesso di erogare gli 80 euro renziani. "Altrimenti perché Bruxelles avrebbe concesso quella misura, un semplice sostegno ai consumi che non aumenta il Pil?".

Non vale la pena soffermarsi sul fact checking qui (i naufraghi salvati in mare non sono migranti irregolari e hanno il diritto di approdare in un porto sicuro e chiedere la protezione internazionale; gli 80 euro, giusti o sbagliati che fossero, sono stati erogati nel rispetto dei vincoli di bilancio e non richiedevano deroghe ai patti fiscali).

Il punto è che abbiamo ai vertici dello Stato, per giunta in una posizione delicata per la definizione del bilancio pubblico, persone che rilanciano il contenuto di meme creati per abbindolare i gonzi su Facebook (i porti in cambio degli 80 euro). E che gli incidenti che il governo crea ad arte sui rifugiati sono sempre più legati all'assalto alla finanziaria. 5 stelle e Lega stanno costruendo una nuova narrazione da dare in pasto al popolo: l'Europa ci impedisce di attuare le promesse per ritorsione contro la nostra politica anti-immigrati. Così l'odio per l'Europa e l'odio per gli immigrati si alimentano a vicenda in una spirale senza fine, perversa ma funzionale al consenso dei populisti.

Anche questi sono prodromi dell'"incidente" in arrivo. Ogni giorno qualche leader grillino o leghista si sveglia e dichiara urbi et orbi che il governo non rispetterà i vincoli fiscali. Per non parlare dei presidenti delle commissioni finanziarie di Camera e Senato, che twittano continuamente sulla bellezza di uscire dall'euro e farsi Turchia, o Venezuela. Così da ormai tre mesi la rischiosità percepita del nostro debito pubblico sale quotidianamente. I rendimenti dei titoli decennali sono cresciuti di oltre 50 punti base (quelli della Grecia invece sono diminuiti di oltre 21 punti, per dare un'idea) rendendo ancora più stringenti i vincoli di spesa (perché adesso bisognerà trovare i soldi anche per pagare gli interessi).

Anche questa spirale perversa non sembra destinata a fermarsi. Finché nessuno vorrà più acquistare i nostri titoli. Un problema, perché nel prossimo anno ne scadrà una montagna (circa 357 miliardi di euro). Sarà la bancarotta della pubblica amministrazione, di cui il governo incolperà l'Europa, Soros e i loro fantomatici piani di sostituzione etnica, e per la quale gli pseudo-economisti di governo declamano da anni la soluzione: stampare oceani di lire fuori dall'unione monetaria.

Come faranno grillini e Salvini a restare a galla quando la crisi spazzerà via tutto non è chiaro. Forse sobilleranno ulteriormente le masse contro nuovi nemici immaginari, ma potrebbe non bastare. Oggi gli italiani credono alla narrazione gialloverde e possono trastullarsi sputando odio sul capro espiatorio di turno perché la situazione è stabile ancorché stagnante. Ma cosa accadrà quando lo Stato non potrà più pagare lo stipendio ai suoi dipendenti, i movimenti di capitale saranno bloccati, bancomat e carte di credito smetteranno di funzionare, e svalutazione e inflazione divoreranno rapidamente i risparmi e il potere d'acquisto di tutti?

L'unica speranza è che sia presto abbandonata, nei fatti ma anche nelle parole, la sfida continua a Europa e mercati, e che a partire dalla redazione della finanziaria il governo dia prova di responsabilità fiscale. Ma come si può chiedere ai populisti di dismettere i panni dei populisti e deviare mitemente dalla strada che li ha portati al potere?

Sono finiti, e hanno cacciato il paese, in un vicolo cieco.