La politica deve creare un ambiente economico favorevole all'innovazione, in cui i lavoratori si sentano responsabili dei progetti delle imprese, in cui le imprese siano coscienti di essere al servizio dei consumatori, in cui i consumatori abbiano ben presente i loro bisogni e abbiano compreso come soddisfarli.

ginefra grande

Tutti amano poter viaggiare e conoscere culture e persone diverse. Nessuno vuol vedere nel proprio paese culture e abitudini diverse da quelle a cui è abituato. Tutti sono contenti di poter investire all'estero, acquistare titoli e azioni denominati in valute diverse e con profitti interessanti. Nessuno è felice delle difficoltà che incontra in patria ad accedere a prestiti e mutui. Tutti gioiscono nel comprare oggetti importati a prezzi bassi. Nessuno comprende perché i propri prodotti non sono più acquistati.

In Hegel la dialettica servo-padrone riguardava soggetti diversi, nel modello di equilibrio economico generale alla Walras-Arrow-Debreu riguarda lo stesso soggetto: produttore-consumatore, consumatore-contribuente, figlio-padre-nonno. I ruoli si susseguono inseguendosi e portano gli operatori economici a vivere schizofrenicamente le proprie differenti funzioni.

"Il governo deve sovvenzionare la scuola e la sanità con i soldi pubblici". "Il governo deve tagliare la spesa per abbassare le tasse". Affermazioni ripetute da chi non sempre pone in adeguata relazione le due affermazioni. Al policy maker è imposta una scelta sulla visione da privilegiare, in un periodo in cui è particolarmente sentito il conflitto tra la necessità di finanziare i consumi attuali con spesa pubblica e quella di evitare di accollare altro debito alle generazioni future. Prioritario è evitare gli errori di policy commessi negli Anni '70 in nome di un approccio keynesiano superficiale.

In primo luogo, l'adagio "è l'economia, baby" è divenuto "è la globalizzazione, baby". L'abbattimento delle barriere che limitavano la concorrenza ha eroso le rendite di posizione di cui godevano alcune categorie, abbassandone la produttività e rendendo unskilled alcune qualifiche professionali.

Purtroppo, unskilled - cioè dequalificati - non sono solo i lavoratori con limitate esperienze formative, ma anche i lavoratori con esperienze formative inseribili solo in processi produttivi divenuti a basso valore aggiunto e bassa produttività. In particolare, per bassa produttività del lavoro non si intende solo la limitata capacità di produrre beni e servizi nell'unità di tempo, ma anche la capacità di produrre, spesso in quantità elevata, beni e servizi a basso valore aggiunto. La possibilità di spostare segmenti di produzione in aree geografiche, in cui la combinazione capitale/lavoro/tecnologia consente di massimizzare i profitti attesi, rende sempre meno stabile il concetto di lavoro qualificato a salario elevato.

Le politiche economiche possono ridurre gli effetti negativi degli stress generati dalle dinamiche globali, alla base dell'erosione della produttività, ma non possono eliminare gli stress. Lo sviluppo di social safety net può, peraltro, rendere socialmente accettabile le fisiologiche perdite di status sociale e di capacità di spesa che devono sopportare le categorie di lavoratori che, diventando dequalificati e poco produttivi, vanno fuori mercato. D'altronde, il processo di riallocazione del lavoro è funzione della capacità di un sistema produttivo di innovare e di spostarsi lungo la catena del valore, creando sia marchi a cui sono associati controlli di qualità del prodotto, sia reti distributive in grado di raggiungere i consumatori che possono apprezzare il valore aggiunto dei beni e i servizi commercializzati. Solo in tal modo è possibile battere la concorrenza.

Per disporre di strutture gestionali in grado di produrre strategie di investimento e di sviluppare nuovi prodotti e processi, spesso sono necessarie imprese di dimensioni elevate, in cui sia possibile sfruttare le economie di scala. Solo fatturati significativi possono consentire la copertura delle spese di gestione relative a manager qualificati che tentano di creare valore aggiunto.

Qual è il compito del decisore? Creare un ambiente economico favorevole all'innovazione, in cui i lavoratori si sentano responsabili dei progetti delle imprese, in cui le imprese siano coscienti di essere al servizio dei consumatori, in cui i consumatori abbiano ben presente i loro bisogni e abbiano compreso come soddisfarli. In questo quadro l'incertezza è il pericolo numero uno. L'incertezza paralizza le scelte del consumatore e dell'investitore. Il policy maker deve porre consumatori e investitori nella condizione di poter effettuare scelte di consumo e investimento in cui le alternative non risultino troppo volatili.

Piani pensione, coperture delle spese sanitarie e scolastiche e tassazione stabili nel tempo consentono di poter distribuire i consumi in relazione anche alle aspettative di accrescimento futuro del reddito disponibile. Tassazione e incentivi fiscali stabili, durata certa della soluzione dei conflitti legali consentono invece alle imprese di fare affidamento su alcuni dei parametri alla base delle decisioni di investimento. Altri tipi di intervento avrebbero effetti distorsivi sulla formazione dei prezzi, scaricando ingiustificatamente sul contribuente parte dei costi che dovrebbero essere pagati dal consumatore e determinando un'allocazione inefficiente delle risorse.