Philip Hammond

Dopo il letargo estivo della politica, la stagione dei congressi di partito nel Regno Unito ha segnato un nuovo giro di montagne russe per l’economia post-Brexit.

I Laburisti hanno ridotto ai minimi termini le loro già scarse chances di governo, rieleggendo in massa Jeremy Corbyn. I Conservatori, evitato il voto congressuale sulla nuova leadership causa ritiro di tutti i concorrenti di Theresa May, si sono ritrovati a dover dare risposte al risultato referendario. Poiché prosegue l’imbarazzato silenzio dei bucanieri anti-UE, è a Downing Street e dintorni che si sta pianificando un divorzio da Bruxelles che sia il più indolore possibile.

Nel frattempo, da fuori arrivano segnali contrastanti. Ieri mattina il rapporto Sterlina-Dollaro ha toccato il minimo storico dal 1985, dopo che domenica il Primo Ministro ha annunciato che attiverà l’Articolo 50 – dunque formalmente la cancellazione dell’adesione all’UE – nel Marzo 2017. Nel calendario conservatore, dunque, la data da sottolineare sarà nella primavera del 2019, quando saranno trascorsi i due anni “di rito” (benché senza precedenti) per l’uscita. Il primo appuntamento però sarà la revoca della Legge UE sulle Comunità del 1972, che aprirà le danze dopo l’inverno. Seguirà, molto probabilmente, l’addio alla CEDU, un cavallo di battaglia della May da quando era Ministro degli Interni.

In risposta alle batoste finanziarie arriva una pillola più dolce da Washington, dove il FMI ha annunciato che il Regno Unito sarà, tra i paesi del G7, quello con il tasso di crescita maggiore. Lagarde e soci riconoscono peraltro un “pessimismo esagerato” nelle proprie stime pre-voto. Sta a Philip Hammond, Cancelliere dello Scacchiere, riuscire a mantenere il trend positivo preparatogli dal predecessore George Osborne ed evitare le sassaiole che arriveranno dal continente e da oltreoceano con l’avvicinarsi della scadenza per l’attivazione dell’Articolo 50.

Ma i primi passi di Hammond non sembrano molto in linea con quelli del braccio destro di Cameron. Uno degli obiettivi del precedente Governo era infatti la riduzione del debito pubblico fino a raggiungere il pareggio di bilancio, con un possibile surplus, entro il 2020. Un piano molto ambizioso e in netta controtendenza con quanto avviene praticamente ovunque, passato da una promozione dell’austerity e di tagli netti, dal tentativo di favorire gli investimenti privati e dal sottoporre l’apparato statale ad una dieta ferrea.

Ecco, Hammond ha dichiarato di aver depennato questo punto dalla sua “to-do list” e che, al contrario, farà partire un massiccio piano di investimenti, anche a costo di farsi prestare denaro, per costruire un milione di nuove abitazioni. L’entourage rassicura che non si tratta di un indiscriminato spendi e spandi stile Grecia olimpica, ma che gli investimenti porteranno ad un aumento dei consumi e dei posti di lavoro.

Fattori che non vanno male a nord delle bianche scogliere di Dover, il che fa scaturire una riflessione immediata: c’è proprio bisogno - quando sei un faro di oculatezza e di sana gestione della spesa pubblica, di devolution fatta bene, di conti pubblici in ordine - di mettere in campo politiche espansive? Gli investimenti permetteranno un abbassamento delle tasse, promettono da Downing Street. . Aspettiamo di vedere se Hammond tirerà qualche coniglio fuori dal cilindro, altrimenti, in tempi di Brexit, potrebbe toccare un inauspicato digiuno.