Tra l'ascesa di Jeremy Corbyn, il grattacapo siriano e la grande sfida delle elezioni di Londra a maggio 2016, il referendum sulla permanenza del Regno Unito programmato dai Conservatori nel 2017 sta scivolando verso il fondo dei giornali. Il che, probabilmente, per Cameron è un bene, visto il vaso di Pandora che si sta schiudendo sul tema.

Un riassunto delle puntate precedenti: Cameron è stato "costretto" a inserire nel manifesto per le elezioni del maggio scorso la promessa di un referendum "in or out" entro il 2017, relativo alla permanenza del Regno Unito nell'Unione Europea. Lo ha fatto non perché particolarmente convinto, ma tirato per i capelli dall'ala conservatrice ed euroscettica del partito - che alle elezioni è uscita rafforzata - e soprattutto trainato dall'UKIP di Nigel Farage, che fa dell'anti-europeismo la sua mission e che stava rosicchiando punti importanti alle elezioni proprio sul tema dell’Europa.

Cameron ha ribadito in più occasioni che lui sarebbe più per l'in, per rimanere, previo negoziato con gli altri stati membri. Nel Regno Unito solo i Libdem, profondamente ridimensionati dalle ultime consultazioni, sono apertamente europeisti e sarebbero disponibili a sacrificare la sovranità nazionale per un progetto a spinta federale. I Laburisti sul tema sono sempre abbastanza ambigui, come dimostrato dalla loro astensione sull'elezione di Martin Schulz, candidato dei Socialisti alla guida della Commissione Europea. Con Corbyn il divario si allarga ulteriormente, visto che il nuovo leader si inserisce più nella tradizione dell'Europa sociale (e socialista) di Tsipras, Iglesias e soci.

Cameron, fin dall'abbandono del PPE e dalla fondazione del nuovo gruppo dei Conservatori e Riformatori Europei (ECR), ha dato il segnale di pretendere un cambio di marcia nel disegno europeo, opponendosi al federalismo, puntando i piedi sul budget e rilanciando il mercato unico, meglio ancora se in un'ottica transatlantica con l'approvazione del TTIP. Molti Tories però sognano uno strappo più deciso. Il loro numero cresce e il tono della loro voce è sempre più alto.

Il Ministro degli Interni Theresa May è in prima linea, in qualche fila laterale molto vicina all'UKIP visti i suoi ultimi strali anti-immigrazione che tanto scalpore hanno destato. Ma la squadra degli euroscettici coinvolge anche tanti altri big del partito, da Boris Johnson al candidato a succedergli come sindaco di Londra, Zac Goldsmith. Goldsmith, definito da Paola Peduzzi sul Foglio "The Beautiful One", ha già partecipato alla disgraziata avventura del padre che presentò alle elezioni del 1997 il "Referendum Party", un fiasco. Al Parlamento Europeo imperversa l'euroscetticissimo Daniel Hannan, ex columnist del Telegraph vicino ai Repubblicani americani e brillantissima penna, che non risparmia sanguinose ed eleganti stoccate a Bruxelles.

Insomma, Cameron si trova tra l'incudine e il martello, dovendo accontentare i suoi e adempiere alle promesse elettorali con l'indizione del referendum ma al tempo stesso incrociando le dita dietro la schiena nella speranza che i britannici votino per rimanere. Perché andarsene significherebbe affacciarsi su un burrone, al cui fondo c'è il paese del bengodi o, più probabilmente, l'abisso. Il Regno Unito non è nella catastrofica situazione della Grecia e una Brexit potrebbe significare maggiore flessibilità e una maggiore vicinanza con Washington, che pure spera l'Europa rimanga a 28. Ma l'uscita potrebbe portare ad un indebolimento dell'economia britannica e ad una spaccatura interna insanabile: gli scozzesi dell'SNP, nei '70 anche loro euroscetticoni, ora sono di avviso ben diverso e chiederebbero la secessione definitiva (dall'Unione del Regno) in caso di uscita dall'Unione (Europea).

Sono scenari che Cameron vorrebbe evitare, avendo "vinto" di un soffio il referendum per la permanenza della Scozia nel Regno Unito ed avendo lavorato anni per costruire la "Strong economy" di cui si fregia e che gli ha garantito la riconferma. Anche se il Piggate sembra sia stato semi-smentito, i problemi per Cameron non finiscono mai.

@StefBasilico