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La storia senza fine delle banche italiane in dissesto sta lasciando cadere il passo noioso e ripetitivo delle vecchie soap opera per acquisire il ritmo e i colpi di scena delle più moderne serie TV.

Mentre sembrava che la quadratura del cerchio MPS fosse stata trovata con la ricapitalizzazione precauzionale, (previa dismissione delle sofferenze) e che per le popolari venete potesse profilarsi uno scenario simile (all’esito positivo di una raccolta di capitali privati per 1,2 miliardi) ecco che il fulmine a ciel sereno della risoluzione del Banco Popular rischiara la notte nera dei dissesti nostrani come un terribile presagio di sciagura.

E la sciagura non tarda: i partner finanziari, Fortress e Elliot Capital, che avrebbero dovuto insieme ad Atlante gestire la dismissione delle sofferenze di MPS, si sfilano per “divergenze di opinioni sui prezzi”, mentre il blocco per decreto del rimborso di un bond subordinato di Veneto Banca evoca lo spettro della “par condicio creditorum” che è il caposaldo delle procedure concorsuali.

Come andrà a finire? Difficile prevedere con precisione i dettagli tecnici, più agevole invece individuare le linee generali:

• Il burden sharing che faccia pagare “azionisti” e obbligazionisti subordinati è già dato per assodato per MPS e si estenderà con ogni probabilità alle venete.

• L’intervento dello Stato è parimenti già stato ampiamente sdoganato e varrà non meno di 6 miliardi per MPS (via ricapitalizzazione precauzionale) e forse un numero simile o maggiore per le venete.

• Il coinvolgimento degli obbligazionisti senior, che nel caso delle popolari venete potrebbe fare la differenza, sembra ancora fuori discussione per l’elevato costo politico, ma rimane la criticità maggiore con riferimento alle due popolari in dissesto.

E’ alquanto difficile anche per gli addetti ai lavori seguire queste vicende e la difficoltà aumenta esponenzialmente quando si prova a districarsi tra le definizioni scorrette o gli usi impropri di definizioni corrette che abbondano sui mass media. Per fornire dei punti di riferimento che chiariscano le idee, senza necessariamente addentrarsi nei tecnicismi più specifici della materia riportiamo un passaggio dei Q&A predisposti dalla banca d’Italia quando furono poste in risoluzione le quattro piccole banche alla fine del 2015.

"I depositi di valore pari o inferiore a 100.000 euro sono sempre esclusi dal bail-in e sono coperti dai sistemi di garanzia dei depositi; i depositi di importo superiore possono essere interessati dal bail-in solo per la porzione eccedente la soglia di 100.000 euro e, se detenuti da persone fisiche e piccole o medie imprese, solo se tutte le altre passività assoggettabili a bail-in non sono sufficienti, mentre se detenuti da altre controparti sono considerati debiti chirografari e, quindi, si collocano allo stesso livello gerarchico delle obbligazioni ordinarie. Tuttavia, dal 1° gennaio 2019, anche questi ultimi depositi eccedenti la soglia di 100.000 euro beneficeranno di un trattamento preferenziale e potranno subire l’applicazione del bail-in solo dopo le obbligazioni ordinarie e gli altri debiti chirografari (ma, in ogni caso, prima dei depositi di persone fisiche e piccole e medie imprese eccedenti i 100.000 euro).”

Rammentando che pensar male è peccato (ma in genere si coglie nel segno) potremmo argomentare che il nodo di tutta la l’intricata vicenda, risieda nell’elevato costo politico in termini di consenso derivante dal far pagare anche i titoli più senior come prescritto dalla normativa vigente. Dunque tutto questo intricato discutere normative aggirate, stiracchiatate o applicate in libertà deriva dal semplice fatto che dopo aver fatto uscire dalla porta il salvataggio di Stato delle banche (bail out) con l’accettazione della Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD) quando la normativa minaccia di far perdere consenso alle forze politiche al governo, si cerca in tutti i modi di farlo rientrare dalla finestra.

Mentre per il Monte Paschi il colpo sembra quasi riuscito invocando la ricapitalizzazione precauzionale, con la complicità di BCE e Commisisone Europea che turandosi il naso e chiudendo tutt’e due gli occhi hanno rispettivamente certificato che la banca più vecchia del mondo è solvibile e che i soldi dei contribuenti non verranno utilizzati per coprire perdite certe o prevedibili con ragionevole certezza, per quanto riguarda le venete la questione è ancora aperta e la strada della ricapitalizzazione non sembrerebbe al momento più praticabile.

In attesa delle nuove stagioni della serie Walking Banks vi sono solo alcune certezze:

• Alla faccia delle regole europee il conto per i contribuenti del salvataggio dei tre istituti varrà non meno di 11-12 miliardi, probabilmente di più.

• I "perfidi burocrati" di Bruxelles e Francoforte, che secondo la vulgata ci opprimono con le loro richieste di austerità, a questo giro hanno innescato il meccanismo che ha obbligato banchieri e politici nostrani a far venire alla luce il bubbone nascosto nei conti dei tre istituti (ricordate gli stress test falliti da MPS), forse limitando i danni che sarebbero potuti diventare ben peggiori.

• Gli stessi infidi tecnocrati per il momento sembrano essersi in parte arresi all’idea che leggi e regolamenti in terra italica siano manipolabili come argilla in mano agli azzeccagarbugli di manzoniana memoria.