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Sabato scorso, il giorno dell'anniversario dei trattati di Roma, con 5 o 6 diverse manifestazioni in programma nella capitale, le agenzie di stampa hanno scioperato. Come i tassisti che scioperano nei giorni di maggior traffico, per procurare il maggior danno possibile all’utenza, e per ragioni in fondo del tutto simili a quelle che animano i tassisti: il rifiuto della concorrenza e la difesa di una rendita corporativa.

Al centro della protesta dei redattori delle agenzie di stampa ci sono le convenzioni con il Governo, e le modalità attraverso le quali queste convenzioni vengono stipulate. Non tutti sanno che le agenzie di stampa stipulano delle convenzioni con il Governo per la fornitura dei loro servizi, eppure queste convenzioni per le agenzie stampa sono vitali, e in molti casi rappresentano il principale introito economico. Senza queste convenzioni, in soldoni, molte agenzie rischiano di chiudere.

Le agenzie di stampa forniscono un servizio a pagamento, molto prezioso, che si vende sul mercato dell’informazione. Il “flusso” di notizie prodotto dalle agenzie di stampa viene acquistato dai giornali e dalle televisioni, dalle grandi aziende, e anche dalle istituzioni, che lo mettono a disposizione degli uffici, dei gruppi, dei membri del governo e dei parlamentari per consentire loro un costante aggiornamento sui fatti del giorno. Ma se sono i mezzi di informazione i principali clienti delle agenzie di stampa - è essenzialmente per loro che le agenzie di stampa lavorano - a garantire il flusso economico più redditizio per le agenzie sono le istituzioni, ovvero noi contribuenti, attraverso questi particolari contratti di fornitura, e attraverso prezzi evidentemente fuori mercato: il governo paga il flusso di notizie di un'agenzia a un prezzo molto maggiore di quello che paga, per lo stesso servizio, l'editore di un quotidiano.

Fino a qualche tempo fa questi contratti venivano stipulati attraverso una negoziazione privata tra il governo e le agenzie, una procedura prevista dalla disciplina dei contratti nei casi in cui non è possibile effettuare confronti concorrenziali, come ad esempio l’acquisto di un’opera d’arte. Sembra uno scherzo, ma non lo è: per anni il governo ha stipulato contratti di fornitura con le agenzie di stampa usando una norma fatta per acquistare le opere d’arte. Il Dipartimento dell’editoria, si leggeva nell’ultima direttiva del 2015, "in ragione della specialità dei servizi in questione, può fare ricorso alle norme che consentono per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, l'aggiudicazione con procedura negoziata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara”.

Una direttiva che è stata annullata dal Consiglio di Stato, mettendo il governo nella necessità di rivedere le procedure. La scelta del Governo, attraverso il sottosegretario Lotti, sembra essere quello di ricorrere al bando di gara europeo, conformemente alle regole del mercato comune. Ed è proprio questa scelta ad avere scatenato la reazione delle agenzie di stampa, che hanno organizzato la serrata di sabato. 

Ma le "convenzioni" che le agenzie pretendono di rinnovare senza passare per i bandi di gara altro non sono - credo che ormai la cosa non sfugga più a nessuno - che sussidi mascherati, soldi pubblici che finanziano gli organi di informazione in maniera opaca e discrezionale. Ed è proprio per questo che le agenzie si oppongono ai bandi di gara: come gli ambulanti e i balneari che si oppongono alle gare previste dalla direttiva Bolkestein, come i tassisti che si oppongono all’apertura alla concorrenza del trasporto pubblico urbano, anche le agenzie di stampa difendono una rendita corporativa dalla quale dipende la sussistenza stessa di molte di loro.

Oltretutto, legando la sopravvivenza stessa delle agenzie ai soldi del Governo, le convenzioni che le agenzie vorrebbero rinnovare costituiscono anche un "vulnus" per la libertà e la correttezza dell'informazione. Un punto che aveva già sollevato qualche tempo fa Francesco Costa:

In che modo questo incide nei rapporti tra il governo e i giornalisti? In che modo incide sulle scelte editoriali delle testate? La sopravvivenza di ogni testata è sempre legata alla decisione dei suoi clienti di continuare a spendere qualcosa per i suoi servizi, soldi o tempo o entrambi, siano questi clienti i lettori o gli inserzionisti o le istituzioni o altri enti e soggetti: ma cosa succede quando un solo cliente è in grado di determinare la vita o la morte di una testata – e per giunta quel cliente è il governo? Quanto è sano che la sopravvivenza di un’agenzia di stampa sia legata direttamente e anno per anno a una decisione del governo, peraltro presa in modo non particolarmente trasparente?

Lo sciopero delle agenzie di stampa contro le procedure europee di gara, proprio nel giorno del compleanno dell’Europa, ci ricorda una volta di più che l'Europa è la soluzione migliore per i vizi peggiori che abbiamo coltivato, e che pretendiamo di non abbandonare.