La vergogna è che il delitto sia tuttora impunito, non che gli imputati che ne erano accusati siano stati assolti. Lo scandalo è che Cucchi sia stato picchiato a sangue dopo l'arresto e che non esistano prove o testimonianze servibili su quella manciata di giorni, in cui, trattenuto nelle "mani dello Stato", ha incrociato un centinaio di "rappresentanti dello Stato" (tanti ne ha contati nella sua minuziosa ricostruzione il senatore Manconi), nessuno dei quali sia in grado oggi di dire cosa sia successo, pur avendolo molti o visto o fatto succedere.

giustizia

A condividere moralmente la responsabilità della vergogna non può essere chiamata ex post una corte che si sia rifiutata di pescare nel mucchio degli implicati o nel cerchio stretto dei più credibili sospetti il colpevole cui far pagare l'onta dello Stato e l'orrore del delitto. Il Presidente della Corte di Appello di Roma, Luciano Panzani, ha spiegato perfettamente che questo non avrebbe riparato né risarcito il torto, ma avrebbe aggiunto "orrore ad obbrobrio". Però in Italia la militanza per le ragioni del diritto sembra più agevole quando ai giudici è richiesto di vendicare l'ingiustizia, anche a costo di macchiarsene, più che di amministrare la giustizia, secondo le sue regole certe e non secondo il suo fine esemplare, che è per definizione incerto - visto che chiunque è disposto a prestarne uno più nobile, più necessario, più "democratico".

Un giudice che non abbia ravvisato sufficienti le prove per ritenere dimostrata la responsabilità penale dei singoli imputati per le singole responsabilità contestate non è affatto complice del delitto. Non è lui a lasciarlo impunito. Un delitto certo implica altrettanto certamente un colpevole, ma non esige affatto una condanna. A mettere in dubbio la natura delittuosa della morte di Cucchi sono pochissimi e pochissimo credibili difensori dell'impunità, ma per fortuna non fanno opinione. Continua a fare opinione invece la tesi secondo cui sarebbe stato molto meglio se quella corte le prove se le fosse fatte bastare, senza andare troppo per il sottile.

Ora che la Procura di Roma annuncia la disponibilità a riaprire le indagini, bisognerebbe culturalmente riaprire anche questo secondo caso e contendere ai teorici della condanna a prescindere la rappresentanza della causa dei deboli e delle vittime dell'ingiustizia "di Stato". È una cosa altrettanto urgente, a nostro modesto avviso. Le bastonate nei tribunali sono intollerabili quanto quelle nelle celle, anche quando le prime servono a vendicare le seconde.

@carmelopalma