senato della repubblica

Da giorni si discute nelle varie aree dell’opposizione parlamentare – Terzo Polo, o come lo volete chiamare, escluso – dello scandalo della chiusura per sette giorni del Parlamento, a causa del lutto nazionale decretato dal Governo per la dipartita del Caimano.

La destra brutta, sporca e cattiva – che pure lo è, ma non per questo – avrebbe infatti deciso di sospendere la democrazia rappresentativa per rendere inopportunamente o vergognosamente onore al pregiudicato (come amava definirlo il collega pregiudicato de Il Fatto), decidendo che per una settimana i parlamentari potevano stare a casa giustificati dal dolore – e chi non si doleva, peggio per lui.

La notizia è completamente falsa. Non è vero che si è deciso di chiudere il Parlamento per sette giorni, come hanno detto in odine sparso Bonifei, Bonino, Moretti, Bonelli, Magi, Fratoianni ecc. e non è neppure vero che, due giorni dopo la morte di Berlusconi, oggi Montecitorio e Palazzo Madama si riuniranno tanto per dire, senza voti significativi: nella camera dell’illustre e compianto defunto, Palazzo Madama, sono in discussione e in votazione nelle commissioni competenti sia il “decreto lavoro”, sia il “decreto PA”  – qui, per chi vuole, altri ragguagli sul calendario.

Insomma: la notizia che per la morte di Berlusconi sia stata decisa la chiusura del Parlamento per una settimana ha lo stesso grado di verità di "Ruby nipote di Mubarak". Il che conferma che l'antiberlusconismo è stato, è e sarà semplicemente un berlusconismo al rovescio, dello stesso segno e qualità quanto al rapporto con la verità.

Però questa notizia ormai ufficializzata, al di là di qualunque realtà, non è solo il sintomo di una malattia mortale della politica (la menzogna scandalistica) e dell’informazione italiana (la cialtroneria corriva). È il paradigma di una democrazia complessivamente dirottata nello stato libero di Bananas delle verità alternative dal bisogno collettivo di pensare e dire male di tutto e di tutti (ovviamente: “degli altri”). 

Perché una cosa così manifestamente falsa si può dire senza tema di smentita e di sanzione? La risposta più semplice è: perché la sinistra è piena di treccartari e la destra così piena di pippe da non riuscire a ristabilire la verità neppure documentando con qualche link il calendario delle sedute parlamentari. Ma è una risposta imprecisa e in realtà insufficiente, perché non sarebbe difficile dimostrare che il fenomeno si è ripetutamente verificato a parti rovesciate: si pensi all’indimenticabile “scandalo” dei 35 euro che la propaganda fascio-sovranista denunciava essere la paghetta giornaliera dei rifugiati (mille euro al mese a spese nostre!) e non il costo della loro assistenza.

C’è una verità molto più vera e più profonda di questo traccartarismo bipartisan ed è particolarmente impietosa. In Italia non è solo vero che chiunque (come è evidente) è disponibile a utilizzare qualunque fregnaccia diffamatoria per mascariare e fottere il nemico. È soprattutto vero che quanto più una notizia, fosse pure inventata, è sputtanante e intollerabile, tanto più acquista il crisma della credibilità. Come quando gli onesti a 5 stelle spiegavano che, aboliti i vitalizi degli ex parlamentari ottantenni e tolti loro i soldi per pagarsi la badante, l’Italia avrebbe potuto economicamente respirare, con il recupero del maltolto, restituito finalmente ai poveri. Su questa panzana ci vinsero le elezioni.

Le bugie più assurdamente “colpevoliste” sono attendibili proprio perché “colpevoliste”. Le menzogne, insomma, sono credibili proprio in quanto menzogne a misura di quanto siano esagerate, smisurate e pazzesche. In un Italia politica che, a destra come a sinistra, ha bisogno di credere a tutto, per sentirsi nel giusto e per inchiodare gli avversari allo sbagliato, l’abisso e l’abominio della menzogna di Stato come principio d’ordine di governo è un incubo meno lontano di quanto si potrebbe credere. A dimostrazione che tutte le menzogne si riducono ad una, anche quanto oppongono nemici giurati.