Salvini e il garantismo ‘manette e manganello’
Diritto e libertà
La posizione di Salvini sulla giustizia non deve sorprendere: si tratta della proiezione di una lunga stagione della destra italiana fatta di garantismo contro le manette, ma non contro il manganello; avversata negli anni peggiori dell’antiberlusconismo da una sinistra che specularmente guardava con diffidenza le forze dell’ordine torturatrici mentre innalzava la magistratura a baluardo di resistenza civile e salvezza morale contro i corruttori esecutivi Berlusconi (e il complice legislatore ad personam).
Salvini rilancia con una battaglia anti-magistratura più che propriamente garantista, incarnando bene il sentimento di quella parte d’Italia che vuole il politico vicino ma lo Stato “fuori dalle balle”, che teme di finire coinvolto nella macchina giudiziaria ma che pensa che se non fai niente di male nessun poliziotto verrà a toccarti; che si immedesima nel borghese Tortora ma detesta il drogato Cucchi e insomma tutela se stessa da quello che teme potrebbe capitarle ma vorrebbe la mano pesante contro chi potrebbe disturbarla o da cui si sente disturbata. Una battaglia politica che si gioca sulla classica linea di faglia politica del tutelare “noi” dalle minacce dei “loro” e per questo del tutto compatibile con le posizioni su castrazione chimica, difesa “sempre legittima”, totale disinteresse per i detenuti, carcere in cui si marcisce.
È evidente che il garantismo liberale di matrice illuminista, universalista, che guarda all’individuo come cittadino portatore di diritti e concepisce manette e manganello come due facce della stessa medaglia c’entri poco. Resta il fatto che se è possibile arrivare a parlare di nuovo di separazione delle carriere, responsabilità civile dei magistrati, custodia cautelare... una cultura pragmatica che parli di “unione laica delle forze” come diceva Pannella, o più prosaicamente dica “non importa il colore del gatto, basta che acchiappi il topo” (Deng Xiaoping, spesso citato in Fermare il declino) sa da che parte stare.
Anche perché pur avendo idee generalmente minoritarie conservo una concezione competitiva e non rassegnata del mercato delle idee politiche. Se non mi piace il mulino di Salvini non mi metto a imbrattarlo: lavoro più duramente per deviare il fiume o in questo caso creare un mulino più a monte, là dove il garantismo vale sia per le manette che per il manganello, è chiara la differenza tra giustizia e vendetta personale, i cittadini mantengono diritti anche dopo essere dichiarati colpevoli e non solo prima, il carcere serve co-me struttura rieducativa per alcuni reati e non come sgabuzzino dove stipare le ansie sociali di un Paese.