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Da quando è ripresa la guerra russa all'Ucraina, che è iniziata nel 2014, molte volte si è usata a sproposito la parola “censura”: è stata brandita dopo le proteste per le affermazioni fatte da Alessandro Orsini il quale, a dispetto di molti commentatori che lo dipingevano come una sorta di perseguitato politico, ha continuato ad essere ospite di Bianca Berlinguer su Rai 3 e di altri programmi televisivi. E come lui, numerosi intellettuali vanno ogni sera nei principali talk show delle reti Mediaset e di La7 a sostenere in maniera più o meno esplicita le ragioni di Putin contro quelle ucraine, o a scaricare tutte le colpe sulla NATO e l’Occidente.

I filorussi si lamentarono anche quando nell’Ue si decise di bloccare le testate russe RT (acronimo di Russia Today) e Sputnik News, accusate di attuare una propaganda di stato basata su notizie false. Ma proprio la direttrice di RT, Margarita Simonyan, ha testualmente elogiato negli ultimi giorni la censura come sistema di controllo dell’informazione.

Intervistata dall’emittente russa Rossiya 1, tradotta originariamente in inglese dal gruppo Russian Media Monitor, la Simonyan ha dichiarato: “Abbiamo avuto due periodi nella nostra storia di censura assente o limitata, dal 1905 al 1917, e ricordiamo come è finita, e durante la Perestroika e i successivi anni 90, e noi ricordiamo come è finita, con il collasso del paese. Nessuna grande nazione può esistere senza controllo sull’informazione. Coloro che hanno fatto aggiungere alla nostra costituzione che la censura è proibita, lo avevano capito molto bene”.

Stando alla Simonyan, la democrazia, i diritti umani e il libero mercato non sarebbero altro che frutti avvelenati dell’Occidente per distruggere la Russia: “Costoro ci hanno insegnato per decenni: no, no, no, la società deve essere libera, un’economia sviluppata non può esistere senza un sistema politico sviluppato o un sistema politico libero: tutto questo è una totale str…ta”.

Dopodiché ha anche aggiunto: “Guardate solo alla Cina: vi piace l’economia cinese? A me piace. Hanno qualche libertà? nella vita politica del loro paese, nella vita dell’informazione del paese? No, e non l’hanno mai avuta. Forse non è una cattiva cosa, forse è una buona cosa”.

Occorre ricordare che stiamo parlando della direttrice di un emittente con un vasto seguito: come raccontava la giornalista Marta Ottaviani nel suo libro Brigate Russe Russia Today, nata nel 2005 e diretta dalla Simonyan da quando quest’ultima aveva solo 25 anni, trasmette in più lingue, e in particolare in inglese, francese, spagnolo e arabo.

Prima del conflitto era visibile da 700 milioni di persone in oltre 100 paesi. Nelle maggiori città americane contava oltre 3 milioni di spettatori alla settimana, mentre l’edizione araba ne contava più di 5 milioni. E per far capire quanto fosse importante per la propaganda russa, basti pensare che solo nel 2020 il budget federale allocato a RT era di quasi 23 miliardi di rubli (all’epoca circa 325 milioni di euro). Intervistata nel 2005 da Sputnik News, la Simonyan spiegava che il loro obiettivo consisteva nel fornire “una visione del mondo da parte della Russia…vogliamo riflettere l’opinione della Russia sul mondo e rendere la Russia più chiara da capire”.

Ciò che dovrebbe far riflettere non sono solo le sue parole a proposito della censura: chi conosce bene la storia e la mentalità russa sicuramente non rimarrebbe stupito da certe affermazioni. Ciò che davvero dovrebbe stupire è come chi negli ultimi anni ha accusato più volte il governo italiano di attentare alle libertà dei cittadini, nella maggior parte dei casi è rimasto zitto difronte a qualcuno che dice che la libertà sociale ed economica è una “str…ta”.

La verità è che in questi casi ognuno porta l’acqua al proprio mulino. Chi ha denunciato tentativi di censura, a prescindere dal fatto che avesse ragione o torto, sulla Russia è spesso il primo a compiere un’autocensura: basti ricordare quando, nel 2021, molti politici e giornalisti hanno trattato poco o in maniera superficiale la faccenda di Walter Biot, l’ufficiale della Marina militare arrestato per aver fatto spionaggio per conto dei servizi segreti russi. Di più, ci fu chi insinuò che fosse tutto un complotto degli americani, gonfiato dai media: questa convinzione venne espressa ad esempio da Il Primato Nazionale, rivista legata a Casapound e, seppur in maniera più articolata, dal giornalista ed ex-parlamentare Paolo Guzzanti in un’editoriale apparso sul quotidiano Il Riformista.

In quella situazione non erano mancate critiche interne al blocco di centrodestra: Elio Vito, deputato di Forza Italia e membro del Copasir, in un’intervista al sito Formiche.net aveva dichiarato: “In questi giorni alcuni esponenti politici, purtroppo anche nel centrodestra, hanno rilasciato dichiarazioni superficiali. Non possiamo permetterci ambiguità. Già a inizio legislatura il nostro Paese ha rischiato di assumere, per la prima volta dal dopoguerra, una postura non corretta in politica estera. […] Ben vengano le cordiali relazioni diplomatiche e gli scambi commerciali con la Russia. Purché non ci siano tentennamenti sul posizionamento europeo e atlantico del nostro Paese. Ue e Nato sono i nostri alleati, punto.”

Il fatto è che Putin e i suoi seguaci hanno saputo approfittare di una certa delusione da parte di molti occidentali nei confronti delle democrazie liberali per diffondere l’idea che la libertà e la democrazia siano un’illusione, creata da presunte elite per togliere potere al popolo e indebolire lo Stato. Va ricordata in tal senso un’intervista che il leader russo rilasciò nel giugno 2019 al Financial Times, in cui sosteneva che il liberalismo fosse divenuto “obsoleto”, e che quindi i regimi illiberali sarebbero più in linea con la volontà popolare. Questo modo di pensare è alla base della fascinazione che diversi italiani provano, oltreché per la Russia, anche per la Cina, in quanto per tanto tempo è stata vista da molti come un modello più efficiente di quelli occidentali per risolvere i problemi legati alla pandemia.

Fortunatamente, negli ultimi tempi la fiducia nei confronti di certi regimi è andata calando: stando ad un articolo uscito a metà aprile su Libero, la percentuale di italiani che si fida della Russia è crollata dal 18% del giugno 2020 al 2% di oggi; nello stesso periodo, la fiducia verso la Cina è passata dal 22% al 3%. Di contro, dal 2020 al 2022 i simpatizzanti della Francia sono passati dal 15% al 38%, mentre quelli della Germania dal 12% al 34%. Discorso diverso per gli Stati Uniti, verso i quali nel 2020 il 29% degli italiani nutriva fiducia; la percentuale era salita al 44% nel 2021, per poi ridiscendere al 27% in tempi recenti, soprattutto a causa della disapprovazione verso la gestione di Biden prima del ritiro dall’Afghanistan e ora della crisi ucraina.

In sostanza, chi definisce censura il blocco di RT e di altri organi di stampa russi dovrebbe farsi delle domande su quanto la loro attività, che già implica e diffonde un contenuto censurato e costruito in base a un puro disegno di potere, sia al servizio della libertà dell'informazione e non miri invece a occuparla e a distruggerla.  Come ha scritto sul quotidiano Italia Oggi l’opinionista Diego Gabutti: “Attenzione a chi dice di temere il Grande Reset globalista: ne sta preparando uno a tutti noi, come a Bucha e Mariupol”.