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Giorno di elezioni oggi in Irlanda. Oltre alle elezioni presidenziali, si tiene infatti il referendum costituzionale sulla blasfemia. Dopo il voto su nozze gay e aborto, gli irlandesi saranno chiamati a decidere su un altro tema connesso alla religione: il reato di blasfemia.

La Costituzione del 1937 prevede infatti che "la pubblicazione o diffusione di materiale blasfemo, sedizioso o indecente è un reato punibile secondo la legge". Gli elettori dovranno votare sì o no alla cancellazione della parola “blasfemo” dalla Carta. Tra i sostenitori del sì - oltre alla Conferenza Episcopale irlandese che ha definito “obsoleta” la norma- c’è anche l'Irish Council for Civil Liberties. Intervistiamo il suo direttore Liam Herrick.

 

Nella costituzione irlandese la libertà di espressione, come ogni altra libertà, è "soggetta all'ordine pubblico e alla moralità". Cancellare il riferimento alla "blasfemia" influirà sul significato di ciò che è morale?

No, non avrà un effetto diretto sul significato di "moralità" nella Costituzione. Il riferimento alla blasfemia è specificamente limitato alla persecuzione penale. Le corti potranno ancora tollerare restrizioni alla libertà di parola che mirano a proteggere la moralità pubblica, ma non attraverso sanzioni penali. Il concetto di "moralità" non è definito nella Costituzione. Nel 1999 la Corte Suprema, pronunciandosi sulla "blasfemia" in relazione al caso Corway v Independent Newspapers, ha sostenuto l'impossibilità di fondare un procedimento penale solo sulla base di ciò che dice la Costituzione, perché è troppo poco chiaro in assenza di una legislazione che lo definisca. Dunque il concetto di "moralità" espresso nella Costituzione può essere inteso solo secondo il significato prescritto dalla legislazione. Le leggi possono naturalmente cambiare più facilmente della costituzione in linea con i cambiamenti dei valori sociali. Quindi in teoria il concetto di "moralità" potrebbe significare cose diverse in futuro nella legislazione.

 

La Costituzione è stata scritta nel 1937, ma solo dal 2009 è stato definito il reato di blasfemia. Forse questo reato non ha avuto molta importanza nella storia irlandese?

Sì, è stato pressoché ignorato. Nessuno è stato processato dal 1855 (venne bruciata una Bibbia, ndr) e quel processo non ha portato a una condanna. Nel 2014 la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite ha raccomandato l’eliminazione della blasfemia dalla Costituzione.

 

Le leggi irlandesi definiscono l'offesa alla blasfemia quando provoca "indignazione per un numero considerevole di aderenti a quella religione". Non pensa che sia questa la vera discriminazione, dal momento che le religioni delle minoranze possono non essere garantite?

Sì, ma anche i non credenti non sono tutelati. In origine, il reato di blasfemia fu istituito in Inghilterra per proteggere la Chiesa stabilita e la posizione del cristianesimo come la legge della terra, ed essenzialmente funzionava come una legge contro il tradimento.

 

Tra i sostenitori del NO c’è invece chi pensa che il sì indebolirebbe la coesione sociale in Irlanda. Non c’è sempre il rischio che la libertà di parola diventi libertà di insulto?

Per proteggere la coesione sociale bisogna proteggere i cittadini dalle offese alle persone, piuttosto che alle idee religiose. Ovviamente la legge irlandese o il diritto internazionale non contemplano il diritto a non essere offesi. Tuttavia, vi è il diritto di essere protetti dalle offese basate sull’odio o sull'ostilità, e anzi noi chiediamo al governo politiche e leggi esaustive in questa direzione.

 

Cosa ne pensa l’opinione pubblica irlandese sul referendum? Molto probabilmente le elezioni presidenziali prevalgono nell'agenda.

È difficile dire quale sarà l'affluenza. Ci aspettiamo un sì. Gli irlandesi apprezzano il valore della libertà di parola e l’Irlanda è una democrazia matura. Va notato che anche la Chiesa cattolica e quella protestante hanno chiesto la rimozione del reato dalla Costituzione. Lo ritengono un ostacolo all'uguaglianza e al rispetto dei diritti umani e riconoscono che non è un mezzo necessario per garantire la libertà di religione.