Più ricchezza, più diritti: i dati del referendum irlandese
Istituzioni ed economia
(Public Policy/Stradeonline.it) - Grandi squilli di trombe hanno accolto in Italia il risultato del referendum irlandese sulle nozze gay. Se in pochi hanno infatti notato come nella stessa consultazione gli irlandesi abbiano votato massicciamente contro l'abbassamento dell'età minima per la presidenza della Repubblica (da 35 a 21), in tanti hanno applaudito il sì di 1 milione e 200mila cittadini (su 3 milioni e 200mila) alla modifica costituzionale che permette il matrimonio a coppie dello stesso sesso.
Un voto (e una partecipazione al voto) non uniforme, però, a livello territoriale, nei 43 collegi d'Irlanda, come dimostra il grafico seguente.
Dall'analisi dei dati si osserva come, tendenzialmente, a un'alta affluenza corrisponda una bassa percentuale dei no e come, all'abbassarsi dell'affluenza, la quota dei no aumenti. Il fenomeno, sempre più apprezzabile man mano che ci si sposta dal centro alla periferia, segna una netta differenza tra la Border, Midland and Western Region (BMW, 11 collegi, 13 contee per il 27% della popolazione) e la Southern and Eastern Region (SE, 32 collegi, 13 contee), due macroaree statisticamente rilevanti per Eurostat organizzate anche in assemblee per la gestione dei fondi strutturali europei (da gennaio queste aree sono diventate tre).
E dunque, per dirla con Fiorella Mannoia, nelle zone del Donegal (BMW) si registra una bassa partecipazione al voto e un'opinione contraria alle nozze gay più forte che nel resto d'Irlanda, mentre diversi sono i trend che possiamo notare da Dublino fino al Connemara (contea di Galway).
Nella capitale, divisa in 11 collegi, si afferma infatti massicciamente il sì, con un fronte del no che viaggia nella forbice 25-33%, su livelli molto più bassi rispetto al resto d'Eire. Il dato è indicativo di come resista ancora, anche all'interno della stessa Dublino o della contea di Limerick, la frattura centro-periferia di rokkaniana memoria.
Una tesi confermata anche nella contea di Galway, situata nella provincia del Connacht e ripartita in due collegi (Ovest ed Est). Sono infatti ben 8 i punti percentuali di differenza dei sì al matrimonio omosessuale tra Galway West, la constituency che comprende anche la città di Galway (61%), e la più rurale Galway East (53%).
Differenze interne alla BMW Region si osservano tra la contea di Roscommon, a trazione agricola e unico collegio in cui vincono i no vincono (51%), e la contea di Louth (no al 36%), confinante con la contea di Dublino.
Emerge dunque un'Irlanda divisa in due tra città e campagna, un contrasto su cui incide sicuramente il diverso livello di benessere dei cittadini che vivono nelle diverse zone del Paese.
Il grafico seguente (fonte Eurostat) ci fornisce una fotografia della differenza del Pil procapite reale nelle due diverse macroaree, con un Nord più povero e un Sud più benestante, una tendenza che ribalta il derby italico tra Settentrione e Mezzogiorno e che si può riscontare in altri Paesi europei come la Svezia.
Pur volendo rifuggire da generalizzazioni interne ed esterne alle due macroaree, è inevitabile rilevare come anche la variabile reddito abbia influenzato l'espressione del voto, facendo "sbancare" i comitati pro nozze gay.
Il quesito oggetto della consultazione metteva sicuramente in ballo convinzioni e tradizioni e, secondo molti partiti e media, avrebbe esteso con impulso bottom-up la sfera dei diritti dell'individuo in un Paese marcatamente cattolico. Ora, al netto delle credenze personali e religiose, è chiaro che il cittadino più sensibile a un'espansione dei diritti, propri e altrui, è tendenzialmente quello che, secondo la scala di Maslow, abbia visto soddisfatti altri bisogni più essenziali, dai più fisiologici a quelli che riguardano la propria sicurezza intesa anche in chiave economica.
Lo dimostra anche l'esito del referendum sul divorzio in Italia nel 1974, arrivato mentre erano ancora accesi gli ultimi fiochi bagliori dello sfavillante boom economico. Anche all'epoca, a livello territoriale si registrarono forti differenze tra l'Italia consapevole (e più ricca) e quella più arretrata: il fronte dei contrari alla legge sul divorzio variò dal 60,1% del Molise al 29,1% del Piemonte e dell'Emilia Romagna.
Ecco dunque che la crescita economica assume un ruolo determinante nella crescita dei diritti. Una società che produce ricchezza e aumenta dunque la torta da dividere tra i suoi consociati appare più pronta a "concedere" o "accettare la concessione" di nuovi diritti a minoranze e gruppi sociali comunque circoscritti.
Forse il referendum irlandese potrebbe essere interpretato proprio come il prodotto di una stagione di ricrescita, una fase in cui il PIL è cresciuto in maniera molto più sostenuta rispetto, ad esempio, a quello italiano, nonostante le più pesanti ripercussioni della crisi del 2008.
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