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Magdi Cristiano Allam da quindici anni vive sotto scorta dello Stato italiano per una sua (apparente) questione personale con l’Islam, tanto grande da portarlo prima alla conversione al cristianesimo, e poi a una s-conversione antipapista per l’eccessiva cedevolezza che l’attuale Pontefice manifesterebbe verso una fede (quella islamica) che Magdi ex Cristiano, dopo averla ripudiata, vorrebbe dichiarata fuorilegge.

Per quanto trovi il confine tra il suo eroismo e il suo fanatismo non così decifrabile, penso da sempre che questo egiziano-italiano arrivato ventenne nel nostro Paese sia il nostro connazionale più “sacro”, quello la cui vita e sicurezza dovrebbe costituire (e costituisce) un vero e proprio dovere civile per tutti i ministri che pro tempore poggiano il proprio culo sul seggiolone del Viminale. E penso che sia un dovere non malgrado Allam sembri o faccia il matto, ma proprio perché lo è o lo fa.

Tutto questo mi è venuto in mente proprio mentre l’attuale inquilino del suddetto Palazzo – cui molto più che a Giolitti, ha ragione Saviano, si attaglia la definizione di Ministro della malavitaminaccia apertamente un giornalista che come Allam tutti hanno il diritto di considerare matto o esibizionista, ma nessuno di consegnare alla mercé dei suoi potenziali e perfino auto-candidati assassini.

Si possono avere idee molto diverse sul contributo che Allam o Saviano hanno dato alla cultura civile dell’Italia e sul modo in cui hanno saputo mettere a frutto, anche economicamente, la propria “eresia” (nessuno dei due mi entusiasma, ma il primo assai meno del secondo). Tutto questo, però, appartiene al gioco di società del pettegolezzo e della maldicenza intellettuale, alle invidie, alle complicità e alla competizione che il mondo delle idee e delle parole mette in scena quando non dà proprio il meglio di sé (posto che abbia un meglio da dare).

Non si possono avere dubbi invece sulla differenza tra Salvini e i suoi predecessori, che avevano forse ragioni altrettanto forti per detestare politicamente Allam e le sue profezie millenariste sulla resa dell’Italia e del cristianesimo all’islam, ma hanno continuato disciplinatamente a proteggerlo, come era dovuto, senza minacce e avvertimenti da para-islamisti o da para-camorristi di complemento.

Salvini è un Ministro dell’interno semplicemente indegno se minaccia di revocare la scorta a un giornalista minacciato di morte perfino dentro le aule dei tribunali. Ma la sua indegnità, la sua guapperia ribalda, purtroppo, non è solo un problema di Saviano. Ci precipita dentro un clima da Russia putiniana, dove i giornalisti e gli oppositori irrisi dal potere finiscono spesso vittima di ignoti e inafferrabili assassini. L’Italia non è la Russia, ma per Salvini dovrebbe iniziare ad assomigliarle. E che le assomigli presto anche in questo se non è nell’ordine delle cose e nella logica dei pericoli che incombono su quella che chiamiamo pomposamente “libera stampa”.

Per quanto troveremmo lusinghiero e forse anche immeritato il paragone, auguriamo a Saviano di invecchiare lungamente e riccamente e di non condividere il destino di Anna Politkovskaya, una vittima eccellente del regime amico dell’eccellentissimo inquilino pro tempore del Viminale. Lo auguriamo a lui, ma in fondo lo auguriamo anche a noi.

@carmelopalma