La spesa pubblica italiana per la sanità non è alta in proporzione al PIL rispetto a quella dei principali paesi europei: è superiore a quella spagnola e tedesca, ma inferiore a quella francese e britannica. In euro pro capite, visto il basso PIL pro capite italiano rispetto agli altri paesi, è però inferiore, tranne rispetto alla Spagna, che ha un PIL pro capite paragonabile.

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Questi dati non tengono conto dell'età della popolazione. La spesa sanitaria tende ad essere elevata per i neonati e per gli anziani, quindi la percentuale di neonati e di anziani nella popolazione influenza la spesa totale. La natalità non varia tantissimo tra i cinque paesi considerati, ma Italia e Germania hanno molti più anziani degli altri tre paesi, e ciò fa alzare la spesa sanitaria.

I dati in tabella sono del 2011, la popolazione del 2012. Fonte Eurostat.

  Germania Spagna Francia Italia UK
Spesa (% PIL) 7,0 6,5 8,2 7,4 7,9
Spesa (mld €) 182,5 67,5 164,9 116,2 140,1
Spesa (€ pro capite) 2.230 1.440 2.520 1.910 2.210
PIL (€ pro capite) 32.600 22.300 31.100 25.700 30.500
% pop < 1 anno 0,8 1,0 1,2 0,9 1,3
% pop > 64 anni 19,7 16,4 15,9 19,4 15,6
% pop > 69 anni 14,4 11,9 11,9 14,4 10,9

Il sistema sanitario italiano ha una peculiarità: è amministrato a livello regionale, con l'eccezione delle province autonome di Trento e Bolzano, e dunque ci sono 21 sistemi sanitari più o meno autonomi, con diverse prestazioni e costi pro-capite. Questi diversi sistemi sanitari hanno prestazioni e costi diversi, che corrispondo all'incirca a quattro categorie:

  1. Regioni con un buon servizio e costi inferiori alla media (come la Lombardia)
  2. Regioni con un buon servizio ma costi superiori alla media (come Bolzano)
  3. Regioni con un servizio insufficiente ma costi inferiori alla media (come la Calabria)
  4. Regioni con un servizio insufficiente e costi superiori alla media (come il Molise)

(Per brevità si parlerà di “sistemi sanitari regionali” anche per riferirsi a quelli delle province autonome di Trento e Bolzano. Per questo motivo in questo articolo si parlerà di “ventuno” regioni anziché di venti.)

Visto che non c'è un vero problema di costi (almeno al momento) relativi al sistema sanitario italiano, la priorità dovrebbe essere assicurare un servizio minimo (un “livello essenziale di assistenza”, come definito dal Ministero)  uniforme su tutto il territorio nazionale, e ridurre i costi delle regioni dove si spende troppo rispetto alla media, cercando di imitare le pratiche delle regioni che forniscono un ottimo livello di servizio con costi inferiori.

In futuro si prevede che i costi del sistema sanitario cresceranno ulteriormente, fino forse a rendersi forse addirittura insostenibili. Molto dipenderà da fattori che difficilmente si possono influenzare, come l'invecchiamento della popolazione, o da fattori che non dipendono direttamente dal sistema sanitario come la crescita economica. Ciononostante aumenti di efficienza saranno necessari per evitare un'esplosione incontrollata e insostenibile del futuro costo del sistema sanitario. Nel seguito si analizzeranno la spesa sanitaria complessiva e i risultati del sistema sanitario rispetto agli altri paesi. Poi si focalizzerà l'attenzione sui costi e i risultati dei sistemi sanitari regionali in Italia.

La spesa sanitaria in Italia e in Europa

La seguente tabella riporta le varie voci in cui si scompone la spesa sanitaria secondo lo schema COFOG. La voce per il personale si riferisce alla spesa complessiva. I sistemi sanitari cambiano molto da paese a paese e così anche la contabilità: ad esempio in Germania il sistema sanitario ha pochi dipendenti, perché molti sono lavoratori autonomi e quindi il loro costo non compare alla voce del personale ma a quella dei costi intermedi.

  Germania Spagna Francia Italia UK
Personale 0,4 2,9 2,3 2,4 3,5
Prodotti sanitari 1,6 1,3 1,6 0,7 0,0
Servizi ambulatoriali 2,0 5,1 2,8 2,4 0,5
Servizi ospedalieri 2,8 0,0 3,6 4,1 7,2

A differenza di altre voci di spesa, come la scuola e l'ordine pubblico, la spesa sanitaria italiana non sembra sbilanciata sul personale. Conta invece più che negli altri paesi la spesa ospedaliera e meno la spesa per prodotti sanitari, equipaggiamento e apparecchiature, con l'eccezione della Gran Bretagna.

I risultati dei sistemi sanitari in Italia e in Europa

La classifica della qualità dei sistemi sanitari EuroHealth Consumer Index stilata dall'Health Consumer Powerhouse dà punteggi bassi ai sistemi sanitari italiano e spagnolo, uno medio a quello inglese e punteggi elevati a quello tedesco e francese.

  Germania Spagna Francia Italia UK
Classifica 18º 20º 13º
Totale 796 663 777 651 718
Diritti pazienti 125 92 117 104 129
Accessibilità 200 113 188 138 125
Risultati 202 179 190 179 167
Estensione servizi 100 125 113 75 131
Prevenzione 78 94 94 99 99
Farmaci 98 62 76 57 67

L'Italia è ultima in quasi tutto, tranne quando supera la Spagna. L'accessibilità (i tempi di attesa) è probabilmente il parametro più significativo, e l'Italia è in fondo e molto dietro Germania e Francia, ma fa meglio di Inghilterra e Spagna. Il World Health Report del WHO (World Health Organization) forniva fino al 2000 un indice comparativo dei sistemi sanitari che però era più focalizzato sul livello di salute della popolazione che sulla qualità del sistema sanitario. Il suo uso per valutare i sistemi sanitari è quindi erroneo, in quanto la sanità è soltanto uno dei tanti fattori che influenza lo stato di salute della popolazione, insieme alla dieta, il patrimonio genetico, il clima, etc. Sebbene lo studio sia spesso citato perché dà la salute degli italiani ai primi posti al mondo, per uno dei pochi indicatori legato alla qualità del servizio, la “responsività”, l'Italia si pone al ventiduesimo. In ogni caso, sarebbe erroneo anche considerare questo indicatore, per come è definito, legato alla qualità del servizio.

 

La spesa sanitaria nelle regioni italiane

In Italia esistono ventuno diversi sistemi sanitari per diciannove regioni e due province autonome. Non sorprende che i risultati e i costi di questi sistemi sanitari siano molto diversi tra loro. É difficile aggiustare i costi medi per la composizione demografica, esercizio statistico di non facile soluzione anche per via della difficoltà di scegliere il modello corretto. Dato che i calcoli che seguiranno non saranno aggiustati per la composizione demografica, è importante sottolineare che il confronto potrebbe essere fuorviante.

La seguente tabella riporta la spesa pro-capite per le 21 “regioni” nel 2009. Si riporta anche la percentuale di popolazione di età pari e superiore a 70 anni nelle varie regioni (dati 2013).

Regione Spesa (€) Pop > 70 anni
Italia 1816 15,7
Piemonte 1883 17,9
Val d'Aosta 2089 16,2
Lombardia 1763 15,6
Prov. Bolzano 2170 13,6
Prov. Trento 2028 14,8
Veneto 1782 15,4
Friuli-Venezia Giulia 1961 18,0
Liguria 2024 21,2
Emilia-Romagna 1903 17,4
Toscana 1846 18,1
Umbria 1798 18,1
Marche 1750 17,6
Lazio 1974 15,3
Abruzzo 1778 16,7
Molise 2080 17,4
Campania 1737 12,1
Puglia 1747 14,1
Basilicata 1750 16,1
Calabria 1732 14,6
Sicilia 1671 14,2
Sardegna 1797 14,9

La spesa sanitaria varia moltissimo nel centro-nord, mentre nel sud è relativamente bassa. Il motivo è in parte che la popolazione di età avanzata è inferiore, imponendo minori spese al sistema sanitario. D'altra parte, con l'eccezione della Basilicata nessun sistema sanitario meridionale raggiunge i livelli minimi di servizio (LEA) previsti dal Ministero. Il fatto che si possa avere una sanità ottima con costi ancora minori, come accade in Lombardia, Veneto, Umbria e Marche, fa pensare che l'insufficienza della qualità del servizio sia dovuta a questioni di efficienza e non alla scarsità di fondi.

Se tutta l'Italia spendesse come la Lombardia (che in quanto a composizione demografica non si discosta molto dalla media del paese), si potrebbero risparmiare circa tre miliardi di euro l'anno: la cifra non è enorme, segno che i risparmi potenziali sulla spesa sanitaria sono probabilmente limitati.
D'altra parte sarebbe erroneo considerare qualsiasi regione come efficiente: ci sono motivi per ritenere che anche in Lombardia ci siano degli sprechi, ad esempio nell'offerta di posti letto ospedalieri.

Tre “regioni” spendono più della media nazionale nonostante abbiano una popolazione anziana meno numerosa: il Lazio e le due province autonome di Trento e Bolzano. Nel caso del Lazio, a fronte di una spesa pro capite superiore di 150€ per una popolazione di cinque milioni di abitanti, i potenziali sprechi ammontano a circa 750 milioni di euro.

I risultati dei sistemi sanitari nelle regioni italiane

Con ventuno sistemi sanitari diversi, l'Italia assomiglierebbe ad un sistema sanitario basato sulla concorrenza, se i vari sistemi sanitari non fossero dei monopoli territoriali. Nonostante ciò, i malati tendono a “votare con i piedi” andando verso i sistemi sanitari qualitativamente migliori, e il numero dei “turisti sanitari” che dal sud vanno verso il centro-nord è consistente . Il bello della concorrenza è anche che le preferenze dei consumatori saltano facilmente fuori.

Esiste una serie di indicatori per stabilire se un sistema sanitario adotta pratiche efficienti oppure no: il sud tende a mostrare rispetto al nord un eccessivo numero di parti cesarei, di ricoveri per problemi polmonari e di dimissioni da ospedali per DRG (diagnosis related group, un insieme di codici che classificano gli interventi per tipologia) non chirurgici. D'altra parte si ha un minore uso del day hospital per interventi sul cristallino o di legatura venosa. Alcune regioni, il Lazio, il Molise e la Sardegna, hanno inoltre un numero significativamente maggiore di posti letto ospedalieri rispetto alle altre regioni.

Secondo il rapporto del Ministero della Salute sui LEA del 2011, le regioni critiche sono la Puglia, la Campania e la Calabria, mentre le regioni solo parzialmente adempienti sono la Sicilia, l'Abruzzo, il Lazio e il Molise. Friuli, Trento, Bolzano, Val d'Aosta e Sardegna non sono state valutate . Rispetto al 2010 si notano comunque dei miglioramenti, con molte meno regioni in zona critica (Sicilia, Lazio e Molise sono state promosse), mentre la Liguria è passata da parzialmente a totalmente adempiente.

D'altra parte sarebbe scorretto sostenere che i casi migliori di efficienza e qualità del servizio in Italia siano da considerarsi efficienti in toto: anche in Lombardia si può ad esempio riconoscere un eccesso di posti letto ospedalieri rispetto ad un trend del loro utilizzo in continua diminuzione. Nonostante ciò, la sanità lombarda, l'unica in equilibrio di bilancio e una di quelle con i costi inferiori, e con prestazioni di eccellenza e un'ottima capacità di attrazione di pazienti da fuori regione, è probabilmente la migliore approssimazione che si ha di un sistema sanitario efficace ed efficiente in Italia.

Conclusioni

Il sistema sanitario italiano è spaccato in due: da un lato il nord, che fornisce servizi sanitari adeguati rispetto agli standard ministeriali, dall'altro il sud, che, con l'eccezione della Basilicata, non è in grado di fornire appieno i Livelli Essenziali di Assistenza. Molti indicatori di appropriatezza dei trattamenti assumono valori peggiori al sud, indicando che la qualità e l'efficienza dei servizi sono problematiche.

C'è anche molta variabilità nei costi pro capite, che può indicare sprechi in alcune regioni. Il confronto è reso comunque difficile dalla diversa composizione demografica delle varie regioni. L'evidenza è che si potrebbe risparmiare relativamente poco (alcuni miliardi) replicando l'esperienza delle regioni più virtuose. Non è comunque corretto ritenere efficienti i sistemi sanitari di buona qualità e a più bassi costi unitari del Nord, come quello lombardo: probabilmente di inefficienze ce ne sono in ogni sistema, e quindi è effettivamente possibile ridurre i costi totali mantenendo o aumentando la qualità del servizio. Se questo non è prioritario ora, con costi sanitari tutto sommato sotto controllo rispetto alla media europea, potrebbe diventarlo in futuro se la spesa sanitaria dovesse aumentare considerevolmente.

In ogni caso, è evidente che ogni spreco, in qualunque campo della spesa pubblica, rappresenta un peggioramento della situazione fiscale e debitoria del paese, e quindi va contrastato anche quando la situazione “media” non sembra critica.