Bufale in rete, allarmismi e salute: il caso Augmentin
Scienza e razionalità
Parlare di "allarme" in questo momento – all'indomani dell'attacco terroristico a Charlie Hebdo, naturalmente, ma con l'opinione pubblica ancora preoccupata per i casi di Ebola o per il galoppante debito pubblico nazionale – dovrebbe richiedere una particolare cautela e prudenza, a prescindere da tutto il resto. Ciò è ancora più vero se a finire sotto i riflettori del tam-tam mediatico è qualcosa di uso comune, per giunta legato alla sfera della salute, e se a denunciare l'emergenza sono organi di informazione online o sedicenti tali. A volte però la selvaggia "caccia al clic", quella spasmodica ricerca di consenso (da quantificarsi in visualizzazioni di una pagina web o di like su Facebook) che si sta ritagliando uno spazio come nuovo sport nazionale, rischia di generare più danni del solito. Che, come vedremo, non sono pochi.
Prendiamo il caso dell'Augmentin, il noto antibiotico venduto in tutte le farmacie e usato spesso come cura preventiva ad interventi di natura odontoiatrica, ma anche per banali mal di gola. Qualche giorno fa la casa produttrice chiede all'AIFA (l'Agenzia Italiana del Farmaco) di ritirarne tutti i lotti in compresse perché – spiega direttamente l'agenzia, interpellata in proposito – "all'interno delle confezioni era stato inserito per sbaglio il foglio illustrativo in lingua rumena anziché italiana". Semplice, no? Eppure in rete qualcuno non si lascia scappare l'occasione per gridare all'allarme, sfruttando le ambiguità di una nota dell'AIFA che effettivamente non spiega i fatti con la necessaria chiarezza. Nel dettaglio, il documento indica il ritiro come "disposto a seguito delle segnalazioni da parte delle ditte GlaxoSmithKline e Medifarm, concernenti etichette interne in lingua rumena".
Bastava magari spiegare che c'è stato uno scambio di etichette, e ribadire che tutto ciò non inficia in alcun modo i principi attivi del medicinale. Tanto è bastato, però, per sollevare un polverone in cui da giorni sguazzano pressapochisti e sensazionalisti, agendo su due fronti paralleli e andando a toccare corde sempre sensibili tanto per la tradizionale casalinga di Voghera quanto per la sua versione 2.0, la cybercasalinga: da un lato la paura per la salute collettiva, alimentata con enfasi ("allarme Augmentin", "rischi per la salute", "non prendete quel farmaco", "attenti all'etichetta" e così via), dall'altro il riflesso pavloviano per cui è sufficiente la parola rumeno per scatenare una serie di illazioni culminanti nella "probabile contraffazione" del prodotto. Qualche sito si spinge ancora più in là, aggiungendo che "gli operatori sanitari (sic!) consigliano ai pazienti di sospendere l'uso dei farmaci e di rivolgersi al proprio medico sia per lo smaltimento del medicinale che per una nuova prescrizione".
Al di là del caso specifico in sé, la vicenda Augmentin è forse il miglior case history per raccontare quella che da qualche tempo è diventata una perversa tendenza della comunicazione in rete: il meccanismo della viralità delle informazioni, unito al pervicace lassismo del "copia-e-incolla" tanto vituperato da Google, porta in giro per il web una (non) notizia sia su una miriade di blog, siti e portali di basso cabotaggio (per i quali una verifica delle fonti è troppo impegnativa né deontologicamente richiesta a chi non è giornalista) sia soprattutto sulle bacheche dei social network. E se le bufale circolano liberamente, ad essere danneggiate sono diverse categorie di persone: chi le scrive, perché sceglie di barattare il vantaggio monetario nel breve periodo (i clic della pubblicità) con una credibilità a lungo termine; chi le condivide e contribuisce a mandarle in giro, perché nel migliore dei casi passa per un boccalone e nel peggiore fa sfociare il tutto in improbabili interrogazioni parlamentari; chi si sforza di fare informazione seria online, perché nella vulgata comune viene facilmente equiparato alla pletora di cialtroni da cui cerca di prendere le distanze.
Un corollario di tutto ciò sono quelle bufale artatamente costruite e divulgate da siti che, ben lontani dal dichiararsi satirici o votati alla contro-informazione, vengono creati apposta con lo scopo di confondere il lettore più basico e fargli iniziare il domino delle condivisioni a catena sui social. Oppure quei siti che hanno sezioni come "Video Shock" o "Notizie Shock", spesso creati per far leva sulla morbosità di chi guarda. Novelli imbonitori, inseguono il proprio tornaconto ma con un danno collettivo enorme. Un distinguo è necessario, oltre che utile: ci sono molti blog satirici che, pur ricalcando la grafica e l'impaginazione delle testate originali, dichiarano chiaramente la falsità dell'articolo e la produzione a fini meramente umoristici. Poi ci sono gli "attira-clic" costruiti con l'unico scopo di portare visite e contatti – di conseguenza pubblicità e qualche euro - al sito. Come ci riescono? Nel caso dell'Augmentin facendo leva sul timore per la salute, ma molto più spesso cercando di suscitare sentimenti di rabbia, odio, paura, curiosità, eccitazione e così via. Basta un giro veloce in internet per ritrovare decine di post-bufale su politici, immigrati o rom i cui commenti esacerbano gli animi della cybercasalinga (la cui testa, affatto virtuale, vale un voto proprio come la tua e la mia) e ne orientano le scelte sociali e politiche. Proprio in un momento in cui, forse, le tensioni sociali hanno un prezzo un po' più alto della manciata di euro che i sedicenti "direttori" delle testate incassano esentasse ogni giorno senza rischiare praticamente nulla.