Nella primavera del 2012 mi trovavo all'istituto ETH di Basilea, una graziosa città svizzera confinante con Francia e Germania. Svolgevo il mio progetto di ricerca sotto la supervisione di un ragazzo italiano, il group leader era un professore tedesco e nel team lavoravano, tra gli altri, una ragazza svedese, un greco e un americano. Nei corridoi dell'istituto incrociavo asiatici e africani, e alla macchinetta del caffè si udivano accenti di ogni tipo. D'altra parte, la Svizzera è sempre stata un felice connubio tra lingue e culture diverse, unite da un patto che l'ha resa un Paese ricchissimo, oltre che un popolo orgoglioso della propria originale diversità rispetto al resto d'Europa.

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Tra gli aspetti che contraddistinguono questa unicità c'è sicuramente il rapporto molto stretto tra Stato e cittadini, che si concretizza in referendum frequenti e sugli argomenti più disparati. Si è già detto molto sul risultato dell'ultima consultazione popolare in materia di immigrazione, ma la rivista Nature mette ora l'accento su un punto molto importante passato sotto silenzio: il ruolo della Svizzera nel contesto della ricerca europea. Pur non facendo parte dell'Unione Europea, la Confederazione Elvetica ha potuto contare sullo status di "Paese associato" che le garantiva l'accesso ai programmi di finanziamento europei, come il Settimo Programma Quadro o Horizon 2020, partito da poco. Tuttavia, se la volontà del popolo svizzero dovesse essere rispettata fino in fondo, questo privilegio potrebbe decadere, così come le altre agevolazioni previste dagli accordi bilaterali con l'UE. Non un problema da poco per un Paese che, a dispetto della sua ridotta popolazione, pubblica l'1,2% di tutti gli articoli prodotti dalla comunità scientifica internazionale. Si trova infatti al primo posto nella classifica delle pubblicazioni scientifiche per abitante, e quanto a numero di citazioni medie è superata solo dagli Stati Uniti.

In passato, gli svizzeri hanno attinto a piene mani dai fondi UE: basti pensare che l'ambizioso Human Brain Project - progetto da un miliardo di euro - ha come capofila il politecnico di Losanna. Se sarà privata dello status di Paese associato, la Svizzera potrà accedere ai bandi del programma Horizon 2020 soltanto se questi lo prevederanno esplicitamente, proprio come oggi fanno i Paesi non Europei come gli Stati Uniti. Inoltre, i ricercatori con sede di lavoro in Svizzera dovranno scordarsi i fondi ERC (fondi assegnati individualmente al singolo ricercatore).

Alcuni ritengono che la democrazia diretta sia la naturale evoluzione della democrazia rappresentativa, ma il caso svizzero ci insegna che le consultazioni popolari possono nascondere delle insidie. Forse i cittadini svizzeri non hanno pensato alle gravi conseguenze che la loro decisione avrebbe avuto sul settore della ricerca, forse non ne erano neppure a conoscenza. Forse hanno semplicemente votato "di pancia", focalizzando la loro attenzione su alcuni aspetti della consultazione e trascurandone altri. Comunque sia, il prezzo da pagare sarà molto alto.