Pseudoscienza e cattiva scienza, minacce alla democrazia e alla libertà
Scienza e razionalità
Storicamente la scienza e la libertà di ricerca sono state minacciate in primo luogo dalle religioni, dal’ignoranza e dalle ideologie. Dal processo a Galileo Galilei, alla messa all’indice dei testi illuministi, alle dottrine razziste che alimentavano le politiche eugeniche o alla persecuzione sovietica dei genetisti medeliani-morganiani, alle condanne religiose o politico-ideologiche della ricerca sugli embrioni umani o della modificazione genetica delle piante, il tema sottostante è lo stesso: la scienza non può e non deve mettere in discussioni dogmi religiosi, pregiudizi o ideologie.
Fino a pochi decenni fa chi ci provava rischiava ancora l’eliminazione fisica, ma nelle teocrazie e dittature si va ancora in galera. Restano troppi i paesi dove non si può studiare, senza danneggiare nessuno, quello che si pensa che possa far avanzare la conoscenza o migliorare la vita delle persone. Siccome oggi sappiamo che le religioni e le ideologie dipendono dal funzionamento di strutture cablate geneticamente nel nostro cervello, dovremo sempre proteggere, attraverso un’appropriata istruzione e leggi misurate, la libertà di ricerca scientifica dalle ingerenze religiose e ideologiche.
Da alcuni decenni la scienza occidentale è minacciata anche dalla diffusione della pseudoscienza in ambiti politici, cioè presso parlamentari, esponenti di governo e dirigenti di enti pubblici o accademici. Senza ignorare il ruolo dei social media nel distribuire presso larghi strati di popolazione impegnata nella comunicazione compulsiva gli effetti tossici della pseudoscienza. Anche le religioni e le ideologie implicavano una qualche forma di pseudoscienza per giustificare i divieti di condurre alcune ricerche o aderire ad alcune spiegazioni. Ma oggi la pseudoscienza prolifera soprattutto attraverso la formazione spontanea di reti di cittadini che si organizzano in vari modi, soprattutto appunto attraverso i social media, per affermare teorie cospirative o diffondere credenze pseudoscientifiche. Queste comunità riescono a trovare significative visibilità e a entrare in risonanza con pregiudizi culturali o aspettative politiche o economiche. Il caso degli Ogm, quello dei vaccini e l’uso delle medicine alternative illustrano bene la situazione.
La pseudoscienza trae facilmente in inganno le persone che non hanno una preparazione scientifica, perché queste sono portate a pensare che si tratti di una manifestazione di libertà di pensiero. Mentre si tratta del contrario, di un fraintendimento di cosa siano libertà di pensiero e libertà di ricerca scientifica. Chi propone o difende idee pseudoscientifiche in realtà usa modi di ragionare equivalenti alla salivazione del cane di Pavlov, nel senso che è schiavo dei più banali bias cognitivi ed emotivi, che non portano ad alcun risultato conoscitivo o applicativo utile. Solo a consolidare l’autoinganno. Di fatto distorcono risorse, ma soprattutto causano danni economici o alle persone.
Nel prossimo futuro la libertà della ricerca scientifica sarà minacciata anche dalla diffusione di cattive pratiche all’interno della scienza. L’organizzazione sempre più gerarchica e burocratizzata del lavoro scientifico e delle procedure che ne controllano le dinamiche di funzionamento e circolazione rischia di favorire l’aumento del numero di scienziati mediocri che praticano la scienza come fosse un lavoro routinario, per cui ci sarà meno selezione per la creatività, la qualità dell’intelligenza e l’etica della conoscenza scientifica. Già oggi si possono acquistare, soprattutto in oriente ma anche in occidente articoli scientifici falsi, che saranno pubblicati con quasi certezza per entrare nella circolazione del materiale conoscitivo metabolizzato dalla scienza. E gli scienziati onesti devono perdere tempo e consumare denaro per stabilire se l’esperimento e i dati che stanno leggendo sono autentici o falsi.
Come avviene per la pseudoscienza, anche la cattiva scienza trova sponde politiche, in quanto le frodi e le falsificazioni tendono a ricorrere in contesti dove i problemi possono avere sbocchi controversi per diversi motivi. Non a caso frodi e falsificazioni ci sono state per cercare di dimostrare che gli Ogm sono dannosi, che le staminali adulte curano malattie, che i vaccini sono rischiosi, che Xylella non causa la malattia degli ulivi nel Salento, che il riscaldamento climatico non esiste, etc.
Le cattive pratiche, che al momento non impattano significativamente sulla qualità della scienza occidentale (ma nessuno può dire quale sia l’impatto per esempio sulla qualità della scienza cinese), rappresentano una minaccia per la libertà della ricerca scientifica. Come diceva il biologo molecolare e premio Nobel Jacques Monod, l’etica della conoscenza scientifica si fonda sul postulato dell’oggettività, cioè sull’impegno morale a dire la verità o come stanno i fatti. Trasgredire questo impegno, come hanno spiegato Mondod e il sociologo Robert Merton, significa collocarsi fuori dall’ethos della scienza. In altre parole, falsificazioni, frodi e plagi saranno, insieme a religioni, ideologie e pseudoscienza la nuova minaccia per la libertà della ricerca scientifica.
Che fare? La comunità scientifica ha oggi una doppia responsabilità. Da un lato di lavorare per difendere il tessuto morale della scienza, attraverso una valorizzazione della cosiddetta mentorship: diversi studi dimostrano che i problemi di cattiva condotta sono in buona parte conseguenza del fatto che i giovani ricercatori non sono più addestrati ai valori del lavoro scientifico cioè a una professione che implica anche una vocazione (la beruf di Weber), cioè la coltivazione di specifiche virtù o qualità etiche. D’altro canto, la comunità scientifica dovrebbe chiedere che i rappresentanti politici mettano mano alla formazione intellettuale dei giovani per adeguare l’epistemologia personale dei cittadini alla vita in società complesse, dove le predisposizioni umane a manipolare e essere manipolati rappresentano dei rischi molto più rilevanti che nel passato.
Continuare a investire nell’implementazione tecnologica di sviluppi cruciali della ricerca nei campi della fisica, dell’ICT, della biologia, etc, senza investire anche nell’alfabetizzazione al pensiero critico e all’etica delle conoscenza scientifica, cioè all’epistemologia scientifica dei futuri cittadini significa mettere irreversibilmente a rischio la democrazia e la libertà.