MMM grand4e

Ed eccoci giunti a una fase politica, sociale e culturale che non solo non ammette ambiguità, ma necessita di tanto coraggio. Si tratta di momenti storici da tertium non datur, insomma, dove bisogna scegliere, imboccare i canali giusti del tempo che ci è dato vivere, conducendo con responsabilità e capacità.

All'Europa servono leadership e visione: se il processo verso uno sviluppo dell'Unione in senso federale è praticamente impossibile da farsi a 27, senza il presupposto di quelle riforme istituzionali che comporterebbero il superamento delle decisioni all'unanimità nelle materie più strutturali e strutturate e la condivisione di politiche e competenze, il meccanismo può essere avviato solo da paesi virtuosi che agiscano da centro politico, trainando gli altri.

Chi non ci sta, potrà continuare a beneficiare del mercato comune, come nelle teorizzazioni degli studiosi di integrazione europea più sagaci, in una riproposizione delle letture da Europa differenziata, posti i correttivi di spirito e lettera del tempo. Ecco perché l'asse MM franco-tedesco Macron-Merz dovrà essere il punto da cui partire, l'ampio respiro da ritrovare. Meloni deve scegliere se aggiungere la propria, di M, conducendo l'Italia nel cammino che meriterebbe, da paese fondatore dell'Ue, oppure condannarsi all'irrilevanza, nella prospettiva di un'assenza di autonomia strategia che inevitabilmente porterebbe a una tensione di influenza dai sinistri sviluppi manipolatori.

Un appello della società civile italiana alla premier diviene in questo senso fondamentale, nel solco dell'idea-principio generazionale di una Unione protagonista, che vorremmo lasciare a chi verrà. Meloni inizi col recuperare quelli che dovrebbero essere i pilastri della sua cultura politica e identificativa, senza titubanze: se è vero che da una prospettiva di sinistra - una sinistra che sia sana, quindi riformista ed essenzialmente intrisa di pragmatismo antimassimalista - dovremmo parlare di forma di resistenza (il passo in più è cogliere questa lotta resistenziale in una dimensione non solo interna, ma anche e soprattutto europea ed internazionale estesa), cosa c'è di più rilevante, per una destra nazionale che possa definirsi tale, della difesa della propria patria, dei confini invalicabili e quindi della giustizia dell'identità nazionale?

Meloni capisca poi, finalmente, che l'interesse nazionale - in realtà, oggi più di ieri, ma anche ieri la musica seguiva le medesime melodie...tant'è - si difende solo in Europa, da patrioti europei, da sovranisti comunitari. Non si tratta di divincolarsi dall'"imperialismo americano", piuttosto di comprendere l'essenza della sfida esistenziale nazionalcontinentale, nella generazione dell'attore politico, che è competizione sfidante la propria economia sociale di mercato, ma anche spazio per l'innovazione così come per la difesa comune, fino ad arrivare alla selezione di partner credibili.

L'ulteriore elemento al quale ci troviamo di fronte oggi va addirittura oltre il rafforzamento del processo integrativo. Come dimostra l'azione di Starmer, che per retaggio insieme anglosassone e laburista sta divenendo, insieme a Macron, una guida politica per il continente Europa, il processo di un patto per l'autonomia, condivisione e razionalizzazione potrà varcare i limiti dell'Unione, insieme a partner che condividono, oltre ai più importanti valori liberaldemocratici, la portata globale della partita.

Ciò messo in fila, i trend economici, politici - intesi nel senso di diffusione e opportunità democratiche - e, ancora, demografici sono comunque dalla parte degli europei, e vanno colti adesso. Davanti al bullismo diplomatico di matrice trumpista, si ha la sensazione che l'amministrazione americana stia riuscendo nell'impresa che aspettavamo da tre anni: unire davvero tutti nel fronte ucraino pro-Zelensky, dove culture politiche anche molto diverse trovano una certa continuità e una sintesi sostanziale, pur partendo da prospettive non sempre coincidenti.

Il velo truffaldino della "guerra per procura" è finalmente squarciato, lo Zelensky "burattino" è superato, davanti a un coraggio divenuto innegabile, che evoca uno stile churchilliano per rettitudine e nettezza, dove il ribaltamento analitico fa apparire piuttosto il presidente americano quello gestito e compromesso - nel caso di specie, dalle fibre tentacolari della piovra putiniana.

La negoziazione dello strozzino falso-pacifista deve arrendersi alle evidenze di un popolo eroico, che lotta per libertà, democrazia, pace giusta e stato di diritto da tre anni, con una guida che merita tutta la stima possibile degli uomini liberi, per i quali questi valori continuano a valere più di tutto il resto.

Di fronte alla messa in discussione di ottant'anni di atlantismo, alla tristezza e la delusione per la perdita del baluardo-riferimento valoriale americano, policy e decision makers europei tutti dovrebbero accompagnare un sentimento di esaltazione per le infinite possibilità di scrivere nuove pagine mai raggiunte, elettrizzati dall'idea di costruire finalmente l'Europa, insieme agli ucraini, non solo per gli ucraini, ma anche per se stessi.