conte grande

Se Conte avesse davvero violato "i valori sacri del Movimento", come dice Beppe Grillo, avrebbe fatto un'opera egregia.

La retorica del "vaffa" e del "clic", dell'"uno vale uno", della democrazia diretta in salsa populista e nazionalista, dell'odio per il diverso e per tutto ciò che ha consentito a un Paese come il nostro, tra i più poveri dopo la dittatura e la guerra, di diventare protagonista del più grande boom economico delle democrazie occidentali, è stata (e in parte è ancora) alla base dello scadimento in cui versano le istituzioni e del senso del dovere che dovrebbe animare tutti i cittadini.

Solo la criminalità organizzata e l'intreccio perverso tra affari e politica hanno inciso sui costumi, sul (venir meno del) rispetto degli uni verso gli altri, più della convinzione che "sono tutti uguali...tutti ladri, mangioni, corrotti" da spazzare via grazie al vento del "vaffa". Ho ancora davanti agli occhi quei burini e cafoni che insultando tutti e tutto, seduti a cavalcioni sui banchi del Governo, impedivano a quest'ultimo e al Parlamento di adempiere ai doveri a cui era chiamato.

Chi oggi, pur di dare addosso a Conte, si schiera a favore della reazione di Grillo e di Casaleggio jr., va isolato e combattuto. Ma non si cura la cicuta con l'arsenico.
Conte usa argomenti di una certa sinistra che ahinoi, settori del PD, del sindacato, della progressismo convenzionale, cavalcano credendo così di poter abbattere questa destra. Non è questa la cura di cui ha bisogno il Paese.

L'abbiano detto in tanti tante volte: il rischio più grave per la democrazia non è la separazione delle carriere dei magistrati. Io sono favorevole e sono convinto, per non dire sicuro, che l'unico danno che può provocare è a quei magistrati che a un certo punto, come tanti, cercano soluzioni più comode per la loro carriera e che questa riforma in sé non cela o serba la recondita volontà di voler sottoporre il pm al Governo.

In Italia questo principio non passerebbe e contro questo ci schiereremmo in tanti, come me, che sono per la separazione delle carriere. E neanche uccide la democrazia impedire che i fatti privati di persone che, loro malgrado, vengono citate in atti processuali, siano spiattellati in trasmissioni o giornali che godono a fare del giustizialismo (altra eredità cristallizzata del pentastellismo) a buon mercato. No!
Il peggior rischio per la democrazia non sono neanche gli scriteriati assalti di manipoli di giovani fragili, frustrati, cresciuti senza ideali e progetti, strumentalizzati dagli opposti estremismi per opposte e convergenti ragioni.
Il peggior rischio per la democrazia non è neanche la presenza di un 10% di poveri che stanno perdendo ogni speranza e che una cattiva politica da un lato illude e dall'altro usa per fini propri.
Il peggior rischio per la democrazia è il disagio di milioni di Italiani che sono stati l'asse portante dello sviluppo dell'Italia, impoveriti, additati come evasori se sono autonomi o piccolo borghesi arricchiti se sono dipendenti, limoni da spremere e poco più. Che vorrebbero un fisco amico, che i servizi che finanziano prevalentemente funzionassero, che il merito prevalesse sull' "uno vale uno", che la scuola fermasse davvero…

La rabbia che sta covando nella "maggioranza silente" (ben diversa dalla maggioranza silenziosa combattuta dalla sinistra anni '70) è molto più pericolosa di qualsiasi altra rabbia e la rivolta sconsideratamente invocata da Landini nulla sarebbe rispetto al rischio di reazione che quella rabbia potrebbe innescare.

Con un debito di oltre 3000 mld, senza più i regali del PNRR, senza un fisco in grado di ricreare un rapporto fiduciario con i cittadini, lo scontro in atto tra destra e sinistra in cui si contrappone il "tutto bene" contro il "tutto male" non porta da nessuna parte. La sanità fa pena da anni; la sua crisi non l'ha creata la Meloni e D'Alema contro i serbi in Kosovo è stato molto più duro che non la Meloni con la Russia (che stava dietro ai serbi da noi bombardati in casa). E se registravamo uno "0,.." in più sull’occupazione gridavamo al miracolo compiuto dai nostri governi. Se lo fa la Meloni è solo tutto un inganno. Le sceneggiate di oggi, e gli slogan ripetuti con assertività tutti i momenti, stanno lacerando quel poco di coesione sociale che resta nel profondo delle nostre comunità.

E allora?

E allora occorre deporre le armi, come alla fine degli anni '70. Lo scontro tra DC e PCI non era al tempo meno duro, ma le classi dirigenti avevano più consapevolezza dei rischi che avevamo davanti. Occorre una nuova solidarietà nazionale, un patto che fissi i limiti del confronto politico. Chiamando gli Italiani a un sacrificio finalizzato a una nuova ripartenza: il "nuovo senso del dovere” richiamato da Aldo Moro senza il quale questo Paese non si salverà. Solo così si recupera credibilità e si archivia questo teatrino pericoloso.
Abbiamo bisogno di leader rigorosi, con il coraggio della verità, anche quando scomoda, soprattutto verso se stessi. È troppo chiedere questo?