popolo grande

L’invidia del pene era per Freud una tappa dello sviluppo e della differenziazione sessuale femminile. L’invidia del popolo, come qualche analista psico-politico potrebbe oggi agevolmente concludere, è invece una tappa della regressione e della omologazione politica democratica.

Se per Freud le bambine passano dal senso di questa mancanza all’amore del padre e poi a quello degli uomini, per affermare quello che sono, un Freud prestato alla politica rileverebbe che dalla (ormai irrimediabile?) diserzione del popolo dal campo della sinistra, Zingaretti, Franceschini & Co. traggono la conclusione di doversi ricongiungere ad esso nella pochette politicamente fungibile e flessibile di Conte e dei grillini in doppio petto, per occultare quel che i democratici non sono più: popolari.

Non sappiamo (per ignoranza) se tra le molte critiche che la teoria freudiana ha ricevuto vi sia anche quella, abbastanza radicale, che il pene, come simbolo del potere, è un deposito archetipico di significati e interdetti storico-culturali e che il Pene, con la maiuscola, non esiste.

Sappiamo invece (per esperienza) che il Popolo con la maiuscola non esiste e alla pari della Classe o della Nazione non è una causa, ma un prodotto del Regime, una costruzione dell’immaginario vincente, la creatura politica di chi comanda. E una volta lo sapevano pure a sinistra, che il Popolo non era la gente, ma la coscienza di sé degli uomini, la consapevolezza diffusa di essere in primo luogo come esseri umani, al singolare e al plurale, oggetti e non soggetti di potere. Il Popolo con la maiuscola non esiste.

Il popolo del populismo non è lo stesso popolo della speranza democratica, il popolo dell’invidia sociale non è quello dell’emancipazione economica, il popolo fascista non è quello antifascista, anche nel caso in cui, come a cavallo tra il '43 e il '45, a passare da tutti fascisti a tutti anti-fascisti furono gli stessi italiani, le stesse persone, al netto di qualche centinaia di migliaia di morti per cause naturali o innaturali.

La ragione per cui il PD e quel che rimane anche dell’Italia non sovranista non può andare a riprendersi il "suo" popolo nel campo sovranista, accucciandosi ai suoi piedi, è che quel popolo non esiste più e ne esiste un altro costruito nell’odio, letteralmente nell’odio, per tutto quello che il PD e quel che rimane dell’Italia non sovranista rappresentano.

Con il sovranismo si è persa una battaglia culturale, prima di quella politica e il risultato è, appunto, "questo" popolo. Da Mani Pulite a oggi – e su questo una parte anche dell’attuale classe dirigente del PD ha una responsabilità mostruosa – si è costruito pensiero per pensiero, sentimento per sentimento questo popolo in rivolta contro la democrazia e lo stato di diritto, la mostruosità politica di questo trasformismo dall’alto e dal basso e di questo scaricabarile circolare, in cui chiunque può accusare chiunque di qualunque cosa e nessuno prendersi mai la responsabilità di nulla.

Il populismo mondiale, che è un fenomeno diffuso in tutte le democrazie mature e ha cause strutturali e globali (in primo luogo demografiche e tecnologiche e solo secondariamente economiche e politiche) in Italia è dilagato in proporzioni devastanti grazie a ragioni endogene e precedenti. Così l’Italia è l’unico paese dell’Occidente in cui il popolo è populista ai tre quarti, secondo i sondaggi più favorevoli.

Il M5S è stato uno stabilimento industriale e il penultimo utilizzatore finale (l’ultimo è Salvini) di questo immaginario popolare riprogrammato. Pensare di andare a riprendersi il popolo dalla caverna da cui sta scappando in direzione opposta senza cambiare questo immaginario, senza aprire un nuovo progetto, si diceva un tempo, di egemonia e alternativa culturale non è una scorciatoia per il potere, ma una garanzia di impotenza, oltre che di vergogna. Passare dall’invidia del popolo all’amore di Conte e alla speranza che si porti appresso larga parte dell’accampamento in fiamme del M5S è veramente troppo stupido, per essere vero.

@carmelopalma