taglio poltrone grande

Il via libera alla mutilazione della rappresentanza democratica nobilitata dal titolo di “riforma costituzionale” è stata il viatico del Governo Conte II e la cifra più significativa della vera natura dell’alleanza giallo-rossa.

Il taglio dei parlamentari è stato l’obbedisco! di Zingaretti alla primazia populista e il tono che ha fatto la musica di un anno trascorso, quanto all'attività di governo governo, esattamente come il precedente, a fare e applicare norme manifesto, a comprare consenso come se non ci fosse un domani, a lamentare gli oltraggi dell’Europa e del mondo alla povera Italia e ad andare con il cappello in mano a Bruxelles, minacciando l’omicidio-suicidio come unica tattica negoziale.

Il Covid non ha cambiato niente, da questo punto di vista, e se è stato una sciagura per l’Italia (come per tutta Europa e buona parte del mondo), è stato una fortuna per Conte, che ha potuto ascrivere il cambio di paradigma europeo non alla lungimiranza della Merkel e di Macron, rispetto ad un’Europa che rischia di morire politicamente di Covid, ma alla tenacia e alle buone ragioni dello storico vittimismo dell'Italia sulle ragioni esogene del proprio declino.

Però se in principio fu il “taglio” ad essere il verbo del Conte II, il “taglio” rischia di essere anche l’apocalisse della sua maggioranza e della strategia del PD, non essendo stato contraccambiato dalla disponibilità del M5S a riprodurre in modo organico per comuni e regioni lo schema del governo nazionale. Il 21 settembre il M5S potrebbe avere il suo successo nel referendum e il PD più di una sconfitta alle regionali e alle amministrative, continuando a non potere contare sull’affidabilità di un alleato, quello grillino, in cui gli auspici del presidente Conte contano meno delle manovre e delle faide tra i vecchi e nuovi maggiorenti del potere pentastellato. Peraltro, non ci vuole molto a prevedere che alla fine della legislatura il M5S avrà come sole alternative l'esplosione o la radicalizzazione identitaria, non certo l'alleanza organica con il PD.

In ogni caso, fino al 20 il PD, anche per non uscire con le ossa rotte dalle regionali e per sperare nel voto disgiunto degli elettori grillini nelle Marche e in Puglia difenderà il taglio dei parlamentari, cioè lo scalpo della politica, democraticamente regalato a Di Maio come trofeo di vittoria.

Avere però accettato il “taglio” come alfa e omega di un’alleanza nuova ha significato anche accettarne la continuità rispetto al Governo vecchio, sulla cui traccia il Conte II ha continuato a muoversi, costringendo Zingaretti ad adeguarsi e il PD ad accodarsi, giustificando tutto con motivazioni altamente patriottiche: continuare a fare quello che aveva fatto Salvini, per salvare l’Italia da Salvini.

Ci sono insomma buone possibilità che il compromesso storico demo-populista concepito dagli strateghi del PD, iniziato con il “taglio”, con il “taglio” finisca ed il “taglio” – cioè un atto di sovrano disprezzo per la politica e il Parlamento – sia purtroppo l’unica eredità di questo spettacolare wishful thinking che ha contagiato i dirigenti del Nazareno.

Un monumento di perfezione nichilista. Un’eredità pesante e rovinosa per tutti, anche per il PD.

@carmelopalma