L’Ucraina, Shanghai e l’avvelenamento dell’informazione come ‘sospetto’
Istituzioni ed economia
A proposito della differenza tra il cospirazionismo e le doverose cautele nella verifica delle verità ufficiali, si sta recitando da parte di vasti settori della stampa italiana – tanto “democratica”, quanto “scorretta” - una vera commedia degli equivoci, che occulta dietro un equanime e inestinguibile sospetto da “cani da guardia del potere” il sostegno (o la partecipazione diretta) all’avvelenamento dei pozzi della fiducia in un’informazione libera e responsabile.
Una convergenza oggettiva, se non soggettiva, con la strategia putiniana, che non è, come abbiamo già scritto, quella di persuadere l’opinione pubblica occidentale alle “verità alternative” del Cremlino, quanto convincerla che non c’è proprio scampo: qualunque Palazzo è un Cremlino e non è ragionevole distinguere quelli che sono democratici da quelli che non lo sono, gratificando gli uni o gli altri di una maggiore fiducia. Non si può davvero credere a niente e a nessuno, insomma, e non si può fare della fiducia e quindi della cooperazione il fondamento di alcuna scelta politica. Semmai della diffidenza, della maldicenza e dell’indulgenza per chiunque, in questo labirinto di menzogne, provi a prendersi quello che vuole e che può.
Per rappresentare emblematicamente la differenza tra il controllo democratico ("Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza" - Thomas Jefferson) e il sospetto come sola e inane verità possibile, la cosa più utile non è partire da quello che sta succedendo in Ucraina e dal modo in cui lo si racconta, ma da quel che sta succedendo a Shanghai e, paradossalmente, dal modo in cui non lo si racconta. Non solo perché la guerra assorbe tutte le attenzioni e preoccupazioni dell’opinione pubblica, ma perché non sembra esistere una informazione interessata a trarre la morale da questa vicenda kafkiana.
Shanghai è oggi una città fantasma ed è sottoposta a un lockdown strettissimo dallo scorso 28 marzo, malgrado, in base ai dati ufficiali, la diffusione delle infezioni sia inferiore a quella che si registra pressoché ovunque del mondo, i livelli di vaccinazione siano elevatissimi, la mortalità e la letalità per il Covid siano le più basse del pianeta e nulla, se non una paranoia suicida, giustificherebbe la scelta di un confinamento militarizzato di 26 milioni di persone. Dal poco che si sa, intanto, si moltiplicano proteste, rivolte, saccheggi e suicidi, che ad occhio e croce dovrebbero fare più danni e morti del Covid.
Non importa adesso discutere che cosa ci sia “dietro” questo fenomeno incomprensibile: la stolidità burocratica del regime; una strategia sanitaria che sembra cervellotica perché non se ne conosce la motivazione reale, qualunque essa sia; l’uso politico del Covid per rinserrare le politiche di sorveglianza sociale… Importa, ai fini di quanto intendo dire, prendere atto che in questo caso è molto ragionevole domandarsi che cosa c’è “dietro”, proprio perché non è ragionevole affidarsi alle motivazioni fornite dalle autorità ufficiali, che per essere credibili devono rendere accessibili, verificabili e criticabili una serie di informazioni che il regime cinese, per definizione, non rende e non renderà mai disponibili: non solo per tenerle coperte o poterle manomettere alla bisogna, ma per non consentire, sulla base di quelle stesse informazioni, spiegazioni diverse di quel che sta succedendo in Cina e discussioni su eventuali strategie alternative.
Detto in modo semplice bisogna ragionevolmente credere, salvo prova contraria, a un potere controllabile – senza illudersi di potere controllare direttamente alcunché – e bisogna sempre ragionevolmente diffidare di un potere incontrollabile, che va sempre, in via di principio, sospettato di mendacio. Non per quello che dice. Proprio per quello che è.
Si tratta – mutatis mutandis – della stessa ragione per cui è sensato credere in via di principio a quanto raccontano i giornalisti che operano liberamente in Ucraina ed è del tutto insensato indiziarli della stessa parzialità dei loro “colleghi” che fanno i gazzettieri dell’FSB. La ragione per cui è giusto, anzi deontologicamente doveroso ritenere pregiudizialmente false le informazioni ufficiali, a prescindere dalla natura del potere ufficiale, è una sciocchezza o una manovra interessata, che non serve a scoprire i poteri sporchi, ma a sporcare quelli puliti.
Ovviamente, date queste premesse, non è un caso che molta stampa italiana stia cercando troppo quello che si nasconde dietro gli eccidi in Ucraina, al prezzo di perdere il senso e la verità della tragedia di quelle morti così oscenamente mietute dal macellaio del Cremlino e non stia invece cercando nulla di quello che si nasconde dentro il sinistro laboratorio concentrazionario di Shanghai.