agora democratiche grande

Le scissioni a Sinistra sono sempre fallimentari. Quella del 1921 a Livorno, ad esempio, aprì la stura alla contrapposizione interna, alla dialettica purista e originaria, al dibattito sterile tra chi è più a Sinistra dell'altro, fino a dimenticare l'avversario epocale, fino ad espellere l'ultimo riformista senza accorgersi di avere i fascisti alle porte. Ovviamente - e per fortuna ridimensionato - anche oggi il "danno da scissione" appare presente e significativo ed è apprezzabile chi tenta di ricucire, di tornare sui propri passi.

Certamente erroneo, infatti, fu l'abbandono del PD da parte di Bersani e compagni perché nessuna Segreteria pro tempore, nessun mutamento tattico o di prospettiva contingente, può davvero mai giustificare la fine della ricerca del compromesso e della soluzione unitaria all'interno di un contesto democratico e plurale. Altrettanto pessima fu la scelta successiva di Renzi che, sconfessando l'idea della vocazione maggioritaria e del Partito della Nazione, scelse - andando via dal PD - la deriva centrista, la tattica cerchiobottista del partitino ago della bilancia, fino a questi ultimi giorni di dialogo e di voto comune con il Centrodestra.

Con lo strumento aperto e transpartitico delle "Agorà tematiche" lanciate da Enrico Letta - meno male ! - sembra che almeno la prima delle due scissioni su evidenziate possa rientrare. Ed è un bene! Un bene per la Sinistra di Bersani che potrà concorrere a strutturare un Nuovo Partito Democratico, un grande Partito di Governo sempre più orientato a riconquistare il consenso dei ceti popolari e degli operai, un bene per il PD che potrà di nuovo godere dell'analisi e del contributo di un grande Segretario e Ministro che - da Sinistra, appunto - ha saputo realizzare al Governo una delle più formidabili campagne di liberalizzazioni mai viste in Italia, le famose "lenzuolate".

Diverso, purtroppo, è il caso dei renziani, perché per essi il problema non è stato mai ideologico e programmatico ma squisitamente "esistenziale" cioè legato alle vicende e alle prospettive del leader, di Renzi appunto. In tal senso la stessa scissione operata da Italia Viva non riguardava dirimenti differenze valoriali e di contenuto ma aveva di mira la distruzione stessa del PD, l'implosione del Partito del Centrosinistra per l'affermazione dell'Uno, delle capacità di equilibrista e di mattatore del Singolo, dell'ex Sindaco di Firenze, appunto.

In tal modo nessuna ricomposizione è davvero possibile, anche a causa del successo della Segreteria Letta, vissuto dai renziani come fumo negli occhi, come affermazione di un modello inclusivo di "Campo Largo" a Sinistra che contraddice la tattica stile Macron di Renzi, l'obiettivo, cioè, di svuotare il PD dall'interno, attraverso l'offerta politica "nuovista" di un centro immoderato, spregiudicato, "occasionalista" anche nelle alleanze (per ciò davvero "estremista" ma non di Sinistra).

A ben vedere, poi, l'esigenza di chiarezza interno al mondo progressista, lungi dal poter aderire ad una simile evoluzione/involuzione post socialdemocratica del Partito, richiede con forza l'esatto contrario: la venuta alla luce, l'uscita dal buio di tanti ex renziani ancora presenti - soprattutto in Parlamento - tra i Dem. Un'uscita allo scoperto - fuori dal finto unanimismo dell'elezione di Letta alla Segreteria - che non potrà che condurre al transito definitivo verso l'ultimo volto del renzismo, quello del dialogo con le spoglie del tardo berlusconismo.

In questo caso non si tratterebbe, ovviamente, di un' ennesima scissione ma della ricomposizione nel senso della serietà e dell'intransigenza dell'assetto politico. Non si può infatti - come fino ad oggi è avvenuto - stare con due piedi in due staffe e coltivare - dall'interno ma senza il coraggio della discussione politica aperta - istanze proprie di una radicale alternativa al progetto di Enrico Letta. Il problema riguarda essenzialmente la corrente di Lotti, quella "Base Riformista" che sempre più assomiglia - sconfessando di fatto il proprio "nome" che rimanda, invece, ad una Storia nobile di inclusione e dialogo - ad una "ridotta" nostalgica della passata segreteria "fiorentina".

Fuori da ogni strumentale machiavellismo, dunque la Segreteria di Letta - con la strategia delle Agorà, del "campo largo", del rientro ragionato di Bersani e dei suoi, con il sempre più stretto raccordo con il PSE e le schiette istanze socialiste europee - sta conducendo ad un' opportuna ridefinizione - nel senso dell'autentico - del Nuovo Partito Democratico, unico argine di Centrosinistra contro la deriva sovranista e cattivista delle Destre eredi del post berlusconismo.

Agli ex renziani non tocca che scegliere - e questa volta in modo aperto e limpido, non più dietro il paravento delle tattiche o del "voto segreto"- e proprio questa scelta libera e sincera è il problema "esistenziale" degli arroccati nel fortino dell'ex giglio magico.