Morti di Covid, morti di Stato
Istituzioni ed economia
Il numero dei morti di Covid in Italia continua a essere il solo indice davvero rappresentativo e specifico del “modello italiano”. La letalità e la mortalità sono a livelli record dall’inizio della pandemia e continuano a rimanerlo.
Dobbiamo ipotizzare che vadano in larga parte addebitati al crollo del sistema sanitario e alla vera e propria liquefazione della medicina territoriale. Possiamo anche non escludere che vi siano cause al momento sconosciute e/o incomprensibili che rendano gli italiani particolarmente vulnerabili. Ma non possiamo considerare mortalità e letalità variabili indipendenti dall’efficienza o dall’inefficienza delle politiche messe in campo dai governi nazionale e regionali.
È una catastrofe di dimensioni inaudite. In Italia, i malati di Covid sono morti fino ad oggi in media il doppio che in Germania e negli Usa, il 50% in più che in Francia e nella “cattivissima” Svezia, incomparabilmente di più dei poverissimi Kosovo e Moldova. Sostenere, come fanno alcuni politici e giornalisti di complemento, che questa sproporzione eclatante sia dovuta a una abnorme concentrazione di anziani in Italia è una prova di ignoranza o malafede, perché in Italia gli ultra sessantacinquenni sono poco più di uno su tre e la media Ue è di poco meno di uno su tre. Non sono il doppio che in Germania (in cui la percentuale di ultra sessantacinquenni è quasi pari a quella italiana) o il 50% in più che in Francia. L’Italia è con il Giappone il paese “più vecchio” del mondo, ma non così tanto “più vecchio” da giustificare una siffatta ecatombe.
Le cronache quotidiane dei disservizi clamorosi dell’apparato sanitario, unito alla negligenza e alla prosopopea arrogante di tutti gli uomini chiave del sistema Covid, suggeriscono l’ipotesi che queste morti eccedenti la misura “naturale” siano, a tutti gli effetti, “morti di Stato”, cioè il prodotto di una catena di inefficienze che dal piano nazionale a quello regionale ha segnato in modo irreparabile il funzionamento della macchina pubblica.
Governi ideologicamente molto statalisti – come quelli che sono al potere a Roma e nelle diverse regioni, senza differenze rilevanti tra la destra e la sinistra – alla prova dei fatti sono letteralmente evaporati, perdendo quasi immediatamente la presa sul fenomeno e limitandosi a lanciare grida manzoniane e a tamponare le falle del sistema di tracciamento e di isolamento e di cura con quarantene di massa da peste seicentesca. Cui occorre ricorrere, in assenza di altro, ma che non possono certo surrogare tutto “l’altro” che manca e che poi presenta tristemente il conto dei morti.
Il sistema sanitario, che, malgrado fenomeni di crescente sotto-finanziamento e di abnorme mobilità da Sud a Nord, continua in genere a funzionare quasi ovunque con risultati apprezzabili, è andato in cash quando è stato messo alla prova da una malattia come il Covid, che ha una così forte componente “sociale”, sia rispetto alla forza di diffusione, sia rispetto alle conseguenze, e che quindi esigerebbe non tanto prestazioni di qualità, ma una capacità di coordinamento e di differenziazione lontanissima dagli standard di qualunque burocrazia italiana. Detto in altri termini, se un cardiopatico o un malato oncologico povero e privo di risorse economiche e relazionali ha ancora buone possibilità di destreggiarsi nei labirinti e nelle falle del sistema sanitario, sino a trovare il centro e la cura “giusta” per le sue necessità, se si ammala di Covid rischia il vero e proprio abbandono sanitario.
Alcuni giorni fa correttamente Alessandro Barbano sull’Huffington Post denunciava come di tutte queste morti non siano disponibili dati essenziali, a partire dal più banale: dove muoiono i morti di Covid? Quanti muoiono a casa, quanti in strutture miste sanitarie-assistenziali, quanti in reparti ospedalieri ordinari, e quanti in reparti di terapia intensiva? Incrociando i dati giornalieri dei morti e dei posti “liberati” in terapia intensiva emerge che a morire in terapia intensiva è presumibilmente un malato Covid su dieci.
Se è vero che molti malati di Covid muoiono per cause diverse dalle crisi respiratorie e quelli più anziani e fragili non sono in grado di sostenere i trattamenti più invasivi, questi dati potrebbero suggerire in ogni caso che una parte di questi morti muore non curato o curato molto male, cioè a casa o nelle residenze per anziani. Ci sono alcuni dati regionali che supportano questa ipotesi. Ma un dato nazionale non c’è.
In ogni caso, che tutte queste morti di Covid, così tragicamente superiori a quelle degli altri paesi, non siano al centro della discussione pubblica, della ricerca scientifica e delle inchieste giornalistiche è purtroppo anche un’indiretta indicazione di responsabilità. Un Paese che non ha il coraggio e l’onestà di interrogarsi su tutti questi morti “in più” è destinato irrimediabilmente a continuare a causarli.