mattarella grande

Ieri sera il presidente della Repubblica ha offerto al valoroso giornalismo italiano, e alla classe politica che ne è desolante interfaccia competitiva, una provvidenziale occasione di plaudente tributo italianone.

Potevano infatti gli incespicamenti e gli intimismi presidenziali sulle sofferte rinunzie alle cure del barbiere sfuggire ai rilievi celebrativi del giornalismo in trincea contro la Grande Infezione? Non potevano. E infatti giù a titolare sulla “umanità” del presidente della Repubblica, sulla Nazione adunata a trarre fiducia e forza dalle fragilità simpatiche di quest’uomo che si rivolge al Paese offrendovisi con commoventi sprovvedutezze comunicazionali.


Al calare provvido dell’ennesima notte di coprifuoco, lo spirito italiano ha dismesso l’ardimento diurno ritirandosi stanco e felice dal campo di battaglia, cioè il balcone, per trasferirsi nelle meritate tepidità della retrovia, cioè il tinello: e lì s’è rinfrancato assistendo appunto all’umanità coraggiosa di questo presidente onorevolmente impudico nella confessione degli imbarazzi da telecamera e solidalmente riunito al proprio popolo nell’umile sopportazione dell’astinenza da coiffeur.


Inutile dire che, nel disbrigo del proprio gravoso impegno, il giornalismo italiano e il politicume di contorno non avranno trovato il tempo sufficiente per sottoporre a commento (a critica, figurarsi) l’unico profilo rilevante del discorso di Mattarella: e cioè che le restrizioni “indispensabilmente” inflitte al vivere ordinario delle persone saranno oggetto dell’opportuno scrutinio parlamentare. Che, per dirla in modo accademico, è una bufala, visto che una notevole quota delle disposizioni che si rivolgono al contenimento dell’epidemia trattando in modo almeno discutibile le libertà costituzionali dei cittadini risiede in provvedimenti sottratti al controllo pur successivo delle assemblee legislative.


E la propalazione di quella bufala (volgarmente la chiameremmo affermazione priva di fondamento, ma è doveroso attenersi alla dicitura appropriatamente aulica) costituisce la toppa assolutoria con cui si chiude il discorso a proposito delle inadeguatezze di governo sul terreno della crisi: che nel regredire dell’infezione non si rinnoverà fertile ma resterà una marna incoltivabile, buona per l’impianto della prossima stortura emergenziale.


Ma sono dettagli comprensibilmente estranei agli obblighi di attenzione dei nostri osservatori, embedded sul davanzale d’Italia a dar conto appassionato delle umanità quirinalizie.

@iurimariaprado