arcuri grande

Il supercommissario Arcuri ha ieri stigmatizzato “gli assembramenti irresponsabili” nelle vie dello shopping pre-natalizio e il Governo si accinge a varare nuove misure restrittive, giustificate dalla deviazione degli italiani dalla condotta loro raccomandata per le Feste, che prevedeva di riempire i bar e i ristoranti usciti dalle zone rosse e arancioni, ma di non affollarli, di accorrere a frotte nei negozi su strada a incassare il bonus cashback, inutilizzabile su Amazon, ma non di assembrarsi, insomma di non deludere la fiducia paternalisticamente riposta nella loro “responsabilità” dal Governo più umano del mondo, e di godere con misura degli spostamenti e dei divertimenti e della libertà che Di Maio aveva promesso di “permettere” loro, se ne avessero fatto buon uso.

In effetti, la strategia di Governo continua a muoversi da marzo attorno a due pilastri – il paternalismo e la colpevolizzazione – entrambi radicati nella tradizione italiana del ribaltamento delle responsabilità e del “diritto di giudicare” tra governanti e governati, cioè su un’antica abitudine alla sudditanza non emancipata dall’adozione di liturgie formalmente democratiche.
In Italia, non sono gli elettori a giudicare gli eletti, ma è il potere a stabilire se il popolo debba godere dei suoi favori e delle sue indulgenze, se debba assaggiare il suo bastone o sgranocchiare le sue carote. Il rapporto tra potere e popolo è così “personale”, che il rule of law nella sua astrattezza impersonale ne costituisce un impaccio, essendo le regole, nella cultura comune, non in contenuto e la garanzia del patto di cittadinanza, ma il meccanismo con cui lo scambio di elargizioni e fedeltà tra sovrano e sudditi viene perfezionato, a beneficio di entrambi.

Dunque, provare a parlare dei risultati della strategia anti-Covid, dai più catastrofici (il collasso della medicina territoriale, ad esempio), ai più minuti (la mancata risposta a telefonate e email degli “uffici preposti”) secondo un criterio normale è di fatto impossibile e il quarto potere della libera stampa, anziché provare a ripristinare quella normalità che in Italia gravemente manca, continua a lavorare da “servizio d’ordine” del potere e ad amplificare le sue intemerate paternalistiche.

Sul dato più eclatante e sconvolgente, che è la mortalità da Covid in Italia, è normale ragionare come se questo fosse un dato naturale e destinale – all’Italia è toccato così – e i governi nazionali e regionali, anziché essere braccati stampa perché forniscano spiegazioni convincenti di questa Caporetto sanitaria, usano le cataste di morti accumulati dalla loro negligenza per accusare gli irresponsabili che mettono in discussione le decisioni del Governo, abusano delle libertà loro consentite e vanno a bere uno spritz nei bar tenuti aperti.

Allo stesso modo, le immagini dello shopping pre-natalizio sono mediamente finite sui siti e sui tg nazionali a corredo delle accuse di Arcuri – assembramenti irresponsabili – e non sono state presentate, per quello che sono, cioè l’effetto diretto e inevitabile delle scelte di governo compiute. Duecentotrenta milioni di euro di bonus in venti giorni per chi a Natale compra nei negozi (e solo nei negozi), l’uscita dalle zone di maggiori restrizioni per quasi tutta Italia, l’indisponibilità a chiudere (e a risarcire) esercizi commerciali, bar e ristoranti  che, secondo qualcuno, dovrebbero rimane aperti, ma dovrebbero rimanere vuoti per ragioni di sanità pubblica. La strategia di governo è questa palude di ipocrisie, questo fuggi-fuggi dalle responsabilità del governo e dall’impopolarità e questa caccia all’uomo scatenata contro l’untore di giornata (si era partiti dai runner, si è arrivati agli shopper).

E la morale della brutta favola di questo Governo è rappresentata proprio da Arcuri, un super-dirigente inefficiente specializzato in fervorini, il capo di una struttura commissariale abbonata ai ritardi, l’ennesimo uomo solo al comando che pensa di essere lo Stato, come pensavano i sovrani assoluti.