Berlusconi sta a Conte come Verdini stava a Renzi? Purtroppo no
Istituzioni ed economia
L’ex fedelissimo e capo dell’organizzazione di Forza Italia, quando scelse di rompere con il Cavaliere e di sostenere il Governo Renzi, aveva visto lungo. Quel Governo irregolare e irripetibile, guidato da un leader irresistibile e fragilissimo, destinato a essere logorato e poi espunto dal perimetro della “Ditta”, aveva impacchettato una maggioranza raccogliticcia e casuale ereditata da Letta, ma aveva una vera ambizione di rupture rispetto a quello che l’aveva preceduto e allora tanto valeva far fare a Renzi ciò che inutilmente si era sperato, per troppi anni, potesse fare Berlusconi.
Infrangere il tabù dell’articolo 18, sfidare apertamente il sindacato e il conformismo sulla politica economica, avviare riforme libertarie che da decenni i programmi della sinistra scrupolosamente schedulavano, ma rinviavano per eccesso di zelo realista ogni volta che lo schieramento cosiddetto progressista, in un modo o nell’altro, finiva al governo.
Grazie a Verdini l’Italia ha avuto il Jobs Act e il riconoscimento delle unioni civili, che è un titolo di merito ragguardevole per uno dei non pochi berlusconiani finiti carcerati in questa guerra civile secondo-repubblicana mai terminata, ma l’unico che possa dire di essere stato determinante per fare qualcosa di quel che Berlusconi aveva inutilmente promesso.
Se Ala – il raggruppamento di profughi parlamentari post-berlusconiani impacchettato da Verdini al Senato – è stata una manovra di Palazzo, senza realtà fuori dal Palazzo, non è stato solo il tentativo di tenere in vita una legislatura nata mezza morta, al servizio di un potere qualunque; è stata invece una operazione con la sua dignità politica, raccontabile e rivendicabile negli esiti – questi sì assolutamente reali. Con quel Governo sono successe delle cose che senza quel Governo (e senza Verdini) non sarebbero accadute.
Ora che Berlusconi corre in soccorso del Governo Conte, assicurando i voti necessari per l’approvazione dello scostamento di bilancio a maggioranza assoluta al Senato, verrebbe da sperare che abbia in mente di fare un’operazione Verdini. Esserci per far succedere qualcosa di diverso da quello che altrimenti succederebbe.
Invece Berlusconi sembra intenzionato a fare l’esatto contrario. Salvare la legislatura, estraendone il vantaggio della norma “salva Berlusconi” (non “salva Mediaset”, che non morirebbe affatto se finisse nelle mani di Bollorè), dando i voti necessari a Conte per restare in piedi e rimanendo nel perimetro tradizionale di un centro-destra, che Berlusconi stesso descrive come impresentabile e reso accettabile solo dalla sua ormai minoritaria e residuale presenza. Se c’è un progetto anti-patriottico, è proprio questo: cronicizzare lo scontro tra populisti e sovranisti come nuova forma di bipolarismo politico. Continuare a garantire l’egemonia dei camerati Salvini e Meloni da una parte (con una piccola rendita azzurra) e continuare dall'altra a assicurare il potere post-grillino sullo schieramento progressista.
Tutto il chiacchiericcio che l’informazione di complemento di questo bipolarismo osceno scatena attorno alle mosse di Berlusconi non cambia la realtà di questa operazione di Palazzo, che rimane solo e puramente un’operazione di Palazzo e di interesse privato.