Per i più ingenui l’epidemia del Covid-19 è stato il cosiddetto “cigno nero”, cioè un evento imprevedibile e dirompente per la sua imprevedibilità, prima che per la sua potenza e per la condizione di incertezza che suscita in chi vede così ribaltate le abituali convinzioni e gli schemi cognitivi consolidati.

In realtà Covid-19 è un evento in larga parte previsto. Non nella letteratura fantasy e nelle angosce millenaristiche del pensiero new age, ma nelle previsioni scientifiche rielaborate dal giornalista del National Geographic, David Quammen in “Spillover: l’evoluzione delle pandemie” uscito nel 2004, che sembrava raccontare quindicini anni prima l’epidemia che abbiamo davanti, con tutti i suoi protagonisti: un coronavirus, i pipistrelli, i mercati di animali vivi cinesi...

La nuova pandemia non è dunque un “cigno nero”, ma al contrario “The Big One”, l’evento catastrofico che più o meno si sapeva che sarebbe arrivato, senza potere prevedere come, quando e dove.

Covid-19 non è però più solo una pandemia, ma un mezzo di lotta politica. Un modo in cui i principali player della politica mondiale tendono ad affermare i propri modelli e i propri interessi, in uno scenario globale sconvolto dall’infodemia del terrore. La Cina, come si vede, sta tentando di trasformare un clamoroso fallimento in una dimostrazione di forza e di superiorità del modello autocratico-militare. Trump usa il Coronavirus per confermare la giustizia profetica del suo isolazionismo. Johnson prova a farne dimostrazione dell’eccezionalismo del Regno Unito. In Italia tutti, a rimorchio del consolidato pregiudizio anti-europeo, ne stanno facendo un capo di accusa a Bruxelles e alle istituzioni dell’Ue, alle regole dell’Unione e a quelle della BCE.

Se per tutti il Coronavirus è un arma di guerra, per gli italiani è diventata l’ennesima foglia di fico dietro cui nascondere il fallimento di un Paese che nell’ultimo ventennio è uscito ridimensionato dalla sfida dell’euro, continuando ad addebitare agli altri le proprie sciagure e che l’Italexit consegnerebbe a prospettive argentine o venezuelane. Il Coronavirus è diventato anche il pretesto per tutti gli orfani inconsolabili del divorzio tra Tesoro e Bankitalia del 1981 per chiedere - per ragioni di salute pubblica! - la monetizzazione del debito pubblico italiano da parte della BCE.

Cose se il Coronavirus, in nome della solidarietà europea, potesse trasformare l'istituto di Francoforte il bancomat della politica sovranista. Non oggi, nell’emergenza, ma a regime. Con tedeschi, olandesi, scandinavi muti a vedere le rotative stampare l’argent de poche di Borghi e di Bagnai, finanziare i pasti gratis delle loro clientele e cedere di schianto alla minaccia dell’omicidio-suicidio del Belpaese. C’è chi ci crede e pagheremo carissima anche questa fiducia nella nostra furbizia e nella stupidità altrui.

@carmelopalma