In Italia tagliamo poco la spesa pubblica, ma quando lo facciamo, spesso lo facciamo male, senza preoccuparci troppo delle conseguenze. È il caso dei farmaci target contro il cancro.

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La ricerca sulle biotecnologie continua a macinare successi nelle cure contro il cancro. Da anni le sue applicazioni concrete non sono più una semplice chimera. I suoi risultati ormai si misurano tutti i giorni in termini di cure più efficaci, minori effetti collaterali e allungamento della speranza di vita. I farmaci target, farmaci intelligenti come li chiama qualcuno, stanno rivoluzionando la medicina oncologica.

I primi tentativi di trattamento mirato risalgono ai primi anni '80. All'inizio non ebbero grande successo ma poi, dalla prima metà degli anni '90, i risultati positivi sono arrivati e si sono via via moltiplicati. Oggi contro il cancro si impiegano principalmente terapie mirate. Terapie scelte non solo in funzione del tipo di tumore, ma tenendo conto delle caratteristiche molecolari specifiche della malattia sul paziente. Una malattia con caratteristiche che cambiano in relazione alla fase di sviluppo, al modo in cui deve interagire con l’ambiente che incontra e alle peculiarità del malato. Le terapie ormai sono personalizzate, perché non esiste una sola malattia chiamata cancro.

La spesa per le cure oncologiche aumenta continuamente, e questo non è soltanto il risultato della crescente rilevanza di queste patologie nel panorama clinico, ma anche della progressiva affermazione delle nuove terapie mirate e dei farmaci innovativi, oltre che del maggior costo di questi ultimi.

Tra il 2010 e il 2014 sono stati prodotti e introdotti sul mercato mondiale quasi 50 nuovi farmaci, 10 soltanto nell'ultimo anno. Nel 2014 si sono spesi complessivamente circa 100 miliardi di dollari per le cure oncologiche in tutto il mondo, ben 25 miliardi in più rispetto a cinque anni prima. Circa 20 miliardi di aumento della spesa sono imputabili al maggior consumo di farmaci target e all'impiego di terapie mirate. E, secondo le previsioni, nei prossimi anni la spesa per le terapie oncologiche continuerà a crescere. Si stimano tassi compresi tra il 6 e l'8 percento.

Si spende di più, dunque, ma con risultati indubbiamente migliori. Negli Stati Uniti i malati oncologici oggi vivono in media il doppio rispetto agli anni '90. E probabilmente non è un caso se proprio negli USA si registra la quota maggiore di spesa per cure oncologiche e la maggiore diffusione dei nuovi farmaci biotecnologici. Oltre il 40 per cento della spesa totale mondiale è concentrata sul mercato nord americano, contro il 25 per cento complessivo dei primi cinque paesi europei (tra cui l'Italia). Negli Stati Uniti i pazienti oggi hanno a disposizione ben 31 delle 37 nuove specialità farmaceutiche introdotte fino al 2013. In Italia ne sono disponibili 22. Non sono poche, ma comunque una in meno rispetto alla Francia, 6 in meno rispetto al Regno Unito e alla Germania, e 9 in meno rispetto agli USA.

Questi dati ci suggeriscono due considerazioni. Prima di tutto che la ricerca e il mercato vanno in direzione opposta a quella delle pozioni manda giù, un sorso e via. L'affermazione della medicina personalizzata smentisce gli intrugli adatti a tutto e a tutti. Smentisce le bufale spacciate da chi parla a sproposito di rimedi naturali, rimedi miracolosi che la medicina ufficiale ci terrebbe nascosti per fare gli interessi delle grandi multinazionali e della spectre del farmaco. La scienza, in questo come in altri casi, non solo ci fornisce i rimedi migliori, ma ci svela anche la complessità del mondo. Ci suggerisce che non esiste una medicina buona per tutto, che uniformare, trattare tutto secondo criteri standard, forzare l'applicazione di rimedi unici a tutti i tipi di problemi, generalmente non è la scelta giusta.

In secondo luogo che lo sviluppo dei farmaci innovativi e delle nuove terapie è costoso, richiede investimenti ingenti e rischiosi da parte delle aziende, le quali debbono poter operare in un contesto normativo e di risorse pubbliche disponibili il più possibile certo.

Il messaggio che ci arriva dalle biotecnologie e dai dati è in netto contrasto con l'impostazione omologatrice e miope che invece caratterizza le scelte politiche e legislative nel nostro paese, anche in campo sanitario. Queste scelte in parte sono figlie dell'emergenza finanziaria, che porta a tagliare in modo lineare e indiscriminato i capitoli di bilancio, in parte sono figlie della nostra tendenza innata a privilegiare e moltiplicare controlli, procedure e competenze formali, e a occuparci poco della sostanza e della specificità dei singoli problemi.

Due principali criticità, infatti, sono di ostacolo alla diffusione di molti farmaci innovativi nel nostro paese. La prima riguarda i ritardi di approvazione e introduzione sul mercato nazionale: da noi, oggi, si registrano tempi più lunghi rispetto agli altri paesi, e i pazienti devono aspettare in media 2 anni e 4 mesi per avere accesso a un farmaco oncologico che ha già ricevuto il via libera dall'agenzia europea del farmaco (EMA). Se ne va oltre un anno solo per l'autorizzazione da parte dell'agenzia nazionale AIFA. Dopo di che si deve aspettare un altro anno per avere l'esito delle negoziazioni regionali e l'inserimento nei relativi prontuari terapeutici. E infine occorrono altri 2 mesi affinché il farmaco sia effettivamente disponibile nelle strutture ospedaliere.

La seconda criticità riguarda la determinazione del prezzo di rimborso del servizio sanitario nazionale. Si tratta di una variabile cruciale, dalla quale dipende la possibilità stessa di disporre del farmaco sul mercato: fissare un prezzo di rimborso troppo basso, se da un lato risponde alle esigenze di sostenibilità delle finanze pubbliche, dall'altro lato esclude molti pazienti dall'accesso alle nuove terapie. Perché le aziende, in ogni caso, non possono scendere al di sotto del prezzo critico che segna il confine tra la decisione di produrre e immettere un farmaco innovativo sul mercato, e quella di rinunciarvi perché non conviene, considerati gli ingenti investimenti finanziari che richiede e i rischi economici che comporta.

Per queste ragioni, il sistema del prezzo di riferimento, che fissa il prezzo massimo di rimborso a quello della specialità equivalente più economica sul mercato, produce risparmi di spesa, ma applicato ai farmaci innovativi, come i farmaci target, è controproducente e dannoso, perché finisce per privare i malati delle cure necessarie.

In Italia la spesa pubblica la tagliamo poco. E quando la tagliamo, lo facciamo male, con tagli indiscriminati che pagano (poco) nel breve periodo ma incidono negativamente sugli investimenti di lungo periodo. Il rischio non è soltanto quello di danneggiare chi ha bisogno delle nuove cure. Ma anche che gli investimenti in questo importante settore abbandonino l'Italia facendole perdere il treno dell'innovazione nelle biotecnologie.