roccocasalino

"I contenuti della conversazione sono da considerare alla stregua di una libera esternazione espressa in termini certamente coloriti, ma che pure si spiegano in ragione della natura riservata della conversazione, che non c’era nessun proposito da perseguire in concreto ma più una sensibilità presente all’interno dei 5Stelle e che era mia premura rappresentare". (Rocco Casalino)

Le dichiarazioni del mio portavoce Rocco Casalino hanno chiarito che la diffusione dell’audio che sta circolando in queste ore configura condotte gravemente illegittime che tradiscono fondamentali principi costituzionali e deontologici. Chiarito che trattasi di un messaggio privato, mi rifiuto finanche di entrare nel merito dei suoi contenuti”. (Giuseppe Conte)

Il portavoce e la voce portata, il capo dello squadrismo mediatico e il prestanome "presentabile" di quello politico made in Casaleggio srl, parlano dell'intimidazione teleguidata e telerecapitata ai dirigenti del Mef con un gergo da travet di regime, un burocratese untuoso e scialbo ("libera esternazione", "era mia premura rappresentare", "trattasi di un messaggio privato") che è la lingua eterna del conformismo di potere italiano, di qualunque potere, anche di quello incubato dalle piazze dei Vaffa Day e dagli algoritmi del Grande Fratello digitale.

Di tutto quello che si può dire o pensare di questa vicenda - un errore e un azzardo di Casalino o dei volenterosi portavoce del portavoce? - in pochi sembrano pensare all'essenziale, cioè che Casalino non è un barbaro invasore della polis mediatica italiana, ma ne è da tempo il rappresentante e l'interprete più autorevole, cioè da molto prima che il Conte premier fosse concepito dalla fantasia distopica del M5S e si accomodasse rocambolescamente a Palazzo Chigi.

Il 'metodo Casalino', cioè l'uso della comunicazione non come rappresentazione, ma come clone e surrogato della realtà e della politica, trova oggi una applicazione universale e trasversale, dai salotti dell'infotainment ai laboratori di policy strategy. Nella logica del portavoce del premier il problema non è reperire “i dieci miliardi del cazzo” per il reddito di cittadinanza, ma la formula per trasformare questa proposta di felicità universale un argomento credibile di discussione e di propaganda.

I “dieci miliardi del cazzo” non sono un problema politico, anzi non sono nulla. Casalino non è diverso da Salvini, che proponeva di esiliare Elsa Fornero a pena della sua infamia e di rottamare la sua legge a prescindere da qualunque valutazione di costo e risultato, e la stampa (in genere) seguiva questo spettacolo di squadrismo sessista senza eccepire nulla sulla inconsistenza della proposta e sulla violenza della minaccia, ma elucubrando sul significato del “gesto”. Casalino è insomma un puparo d’eccellenza in una politica vissuta e raccontata come un’opera dei pupi.

La sua ditta - sappiamo quale - ha ingegnerizzato una tendenza già caratteristica del rapporto incestuoso tra media e politica in Italia, sempre a mezza strada tra la sopraffazione e la complicità, il fiancheggiamento e lo sputtanamento reputazionale. In Italia non c'è un vero confine, nè una vera divisione di ruoli tra stampa e politica, e dunque neppure tra informazione e comunicazione. Sono diventati lo stesso mercato e rispondono alle stesse regole e a una deontologia che non è né politica, né giornalistica, ma - per così dire - affaristica.

D'altra parte, molta della stampa italiana ha un rapporto analogo anche con poteri che non siano quello politico, a partire da quello giudiziario, che usa da un quarto di secolo i giornali e le tv in funzione pre ed endo-processuale, con editori e direttori ovviamente ingolositi dalla curiosità guardona di lettori infoiati dal tintinnio delle manette, e dunque più che disponibili a riempire pagine e pagine o ore di programmazione con veline e intercettazioni compravendute con scambio, se non di denaro, di altre e superiori utilità.

Casalino è il vertice evolutivo del degrado di tutte le professioni che si muovono attorno al Palazzo, esattamente come il M5S è il punto più estremo e puro dell'alienazione politica come strategia di potere. Il vero problema è che Casalino non rappresenta una minaccia, ma un archetipo del mestiere e un campione della categoria "giornalistica", ampiamente riconosciuto dai colleghi che da anni si piegano ai suoi diktat su come, dove, con e senza chi gli eletti del MoVimento possano concedersi sdegnosamente alla libera stampa e le loro proposte debbano essere discusse. Sempre a distanza di sicurezza dalla realtà e da ogni possibile "verità".

@carmelopalma