Vespa Casamonica

Porta a Porta non è un programma di informazione e di approfondimento politico, ma davvero un'altra cosa. È un caso di scuola della diacronia tra il cambiamento dei mezzi di comunicazione, che invecchiano molto rapidamente, e quello del pubblico, che invecchia più lentamente e in sempre migliore salute. Non c'è più il tubo catodico, ma c'è ancora un pubblico catodico, che non è estraneo ai nuovi media (usa il pc e lo smartphone e magari si avventura anche sui social network), ma è refrattario o indisponibile a resettarsi su stili e modelli di consumo mediatico diversi da quelli appresi agli albori della tv o, più recentemente, del duopolio Raiset. Porta a Porta è lo specchio televisivo di un’Italia al 100% televisiva, con un sapere, un senso comune e un immaginario estetico, civile e morale pressoché interamente costruito sui palinsesti delle reti nazionali.

Dal punto di vista sociologico, l'invecchiamento del telespettatore mediano, come quello dell'elettore mediano, ha effetti prevedibili: uno di questi è la perdurante prevalenza della tv generalista e, al suo interno, delle trasmissioni cosiddette popolari anche nell'agenda setting della politica. Questo spiega in parte anche la speciale persistenza del fenomeno Vespa, che è sopravvissuto a tutti i suoi editori politici, proprio perché è un attore politico in sé, con una sua capacità di ricavare nicchie di potere - siano esse di governo o di opposizione - dentro gli equilibri sbilenchi della tv di stato.

A spiegare davvero l'eternità di Vespa, al di là dei suoi ammanicamenti politici e della sua naturale consanguineità con il pubblico dell'Italia televisiva, è però qualcosa di più profondo e radicale. Vespa dà agli italiani quello che vogliono, l'ebbrezza del guardonismo e del moralismo, della pornografia e della censura fusi in un unico sentimento e in uno stile di vita e di pensiero assolutamente caratteristico e "nazionale". Vespa è il perfetto interprete non solo di una tv, ma anche di un'Italia a sua immagine e somiglianza.

Porta a Porta è una trasmissione banale e antidiluviana, ma ha una profondità "antropologica" e una consonanza lato sensu spirituale con quel pezzo di Italia grazie alla quale si vincono o si perdono le elezioni o, su altri piani, la sfida della popolarità e del successo. Per questo tutti si arrendono a Vespa, anche quelli come Renzi o Grillo, che pretendono di rappresentare un'Italia radicalmente diversa e poi si siedono ruffiani sulle poltrone del suo salotto.

Da un punto di vista politico-televisivo, l'invito alla figlia del padrino Casamonica è stato puro vespismo as usual. Un'occasione per dare libero sfogo alla curiosità corriva e superficiale per lo scandalo, impacchettato nella forma inoffensiva dell'ospitata tv. Un modo per civettare – per dovere deontologico, of course – con la pacchianeria para-mafiosa. Un pretesto per inanellare una presenza in più, che è sempre e meglio di una in meno, in quella carrellata di fenomeni da baraccone che Porta a Porta è da vent’anni, ogni volta dissolvendo il tragico – anche di fronte a terribili casi di sangue – ed esibendo lo scabroso o il morboso, cioè prodotti televisivamente molto più digeribili e quindi smerciabili. Molto vespiana a ben vedere è stato anche lo scandalo suscitato dal suo colpo a sorpresa, che l’interessato ha rintuzzato molto efficacemente ricordando interviste di mammasantissima della tv pubblica (Biagi, Santoro) a mammasantissima della mafia (Buscetta, Ciancimino), molto più cattivi e compromessi di Vera Casamonica.

Il groviglio inestricabile di malpensantismo e benpensantismo, di vera ipocrisia e di finto rigore, che acciglia Vespa di fronte al “male” è la cifra morale più perfetta dell’Italia televisiva. I suoi censori – quelli che gli rimproverano di avere sfregiato Roma esibendo voluttuosamente uno dei suoi tanti segni di sfregio – non hanno il suo talento di campione dell’informazione varietà. E perderanno un’altra volta. Se poi coglieranno l’occasione per epurarlo, ne faranno l’eroe moderato che ha sempre preteso di essere, aggiungendo solo qualche zero al suo nuovo contratto con l’epurator Berlusconi.