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Tutti ce lo diciamo, tutti lo sappiamo: la Rai va riformata, necessita di un nuovo modello. Quale, però? Vista la difficoltà, per non dire l'impossibilità di arrivare a una qualche forma di privatizzazione (sia pure parziale, riguardante le sole attività commerciali della concessionaria), una soluzione può essere lavorare seriamente a una ristrutturazione che resti nel filone del servizio pubblico.

Un modello virtuoso è quello BBC, che ha l'esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo del Regno Unito. La caratterizzazione principale è la netta separazione tra indirizzo governativo e strutture che effettivamente gestiscono il servizio, per garantire una forte indipendenza contenutistica e editoriale. Al fine di evitare l'ennesima "predica inutile" di einaudiana memoria, cerchiamo di capire come funziona tecnicamente la governance della BBC.

Il quadro normativo ha le sue basi nelle Royal Chartes, redatte dalla Casa Reale britannica ogni dieci anni, che stabiliscono indirizzo e obiettivi dell'emittente. L'ultima, entrata in vigore nel 2017, ha modificato fortemente il precedente assetto "bicefalo", pensato come salda fonte di indipendenza, che prevedeva un Trust, organo di direzione strategica e controllo generale, i cui membri venivano direttamente nominati dai reali, accompagnato da un Executive Board, con il compito di gestione esecutiva, dove Presidente e Direttore Generale erano indicati dallo stesso Trust.

Con la Royal Charter del 2016 si è modificata l'attribuzione delle attività, sopprimendo il Trust (in quanto il suo ruolo si sovrapponeva spesso all'Executive Board e all'Ofcom, l'ente regolatore delle comunicazioni) e affidando al solo Board la direzione strategica, a fianco di un Ofcom responsabile di regolazione e controllo della funzione pubblica dell'emittente.

Anche con tale rinnovato modello gestionale, la BBC non ha affatto perso la libertà dagli influssi politici (oltre che il suo marchio di autorevolezza), restando l'organo di stampa ritenuto più imparziale in UK.

La forte credibilità della BBC, garantita dalla sua effettiva autonomia, appare principalmente figlia di due fattori: l'intervento reale (massima istanza super partes) nel nominare l'Executive Board e - forse, principalmente - una spiccata cultura dell'indipendenza. La libertà dell'ente, senza vincoli di subordinazione, è nei fatti il principio fondamentale.

Essendo frutto di un retaggio culturale che tiene a debita distanza le interferenze politiche, questo è anche l'elemento più complicato da trasmettere e quindi da modificare. È inoltre poco probabile che conservatori e laburisti designerebbero dirigenza e amministrazione sulla base di simpatie e conformità politiche, come altrettanto difficile è che i membri di un governo (o dell'opposizione) possano chiedere di sospendere programmi o allontanare conduttori.

L'urgenza che una emittente pubblica sia indipendente viene ricordato in tutte le Royal Charters, le quali plasmano un rigido codice di equilibrio e obiettività, regalando autonomia insieme editoriale e finanziaria. La Rai segue invece un canovaccio ben distante: l'ultima riforma, di fine 2015, ha modificato il Testo unico della radiotelevisione, introdotto con la legge Gasparri del 2005. La revisione ha ridefinito il consiglio di amministrazione, sia nella composzione - da nove a sette membri - sia nella procedura di nomina. Alla Commissione parlamentare di vigilanza, che esercita storicamente un controllo politico sulla radiotelevisione italiana, sono stati revocati i poteri di nomina.

La composizione del Cda è così definita: quattro eletti da Camera e Senato (due più due), altri due designati dal Consiglio dei ministri (su proposta del Ministro dell’Economia), uno dall’assemblea dei dipendenti Rai. Il problema più grande resta la capillarità della presenza politica in tutte le latitudini dell'azienda, non limitata ai soli vertici della televisione pubblica. Per alcuni, che pure non negano il marcato contesto di lottizzazione, il sistema attuale ha comunque garantito un certo livello di pluralismo.

Ad esempio, la presenza di un telegiornale tendenzialmente di centro-destra (Tg2) e di uno di centro-sinistra (Tg3) consentirebbe ai telespettatori alternative al Tg1, indicativamente allineato con la maggioranza contingente. Quel che è rilevante sottolineare, in ogni caso, è che qualsiasi serio tentativo di riforma non può prescindere da un lato dalla garanzia di autonomia pressoché totale di management, direttori e giornalisti rispetto al potere politico e, dall’altro, da una rappresentanza più larga e oggettiva di idee.

Il modello di governance della Bbc garantisce proprio questi due scopi. Nel concreto, si potrebbe per esempio percorrere la direzione dell'attribuzione della nomina del CdA Rai a una figura come quella del Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato eserciterebbe una funzione di controllo su eventuali nomine eccessivamente partigiane: in sostanza, verrebbe a crearsi una sorta di comitato scientifico con gli stessi poteri del Board britannico, indicato dal Presidente della Repubblica su indirizzo dei ministeri competenti.

L'esempio vincente della BBC mostra un modello di servizio pubblico indipendente, che dà vita a giornalismo di alto livello, che non teme di distinguersi da chi esercita pro tempore il potere di governo. Il successo è anche commerciale: i programmi vengono venduti in tutto il mondo, grazie ad una attenzione particolare al prodotto radiotelevisivo e quindi all'elevata qualità dei contenuti proposti.

Informare, educare, intrattenere, con una governance chiara e trasparente: non sembra un progetto così infattibile.