Mentre la crisi imperversa all'interno dell'Unione Europea e molti cittadini degli Stati membri si trovano senza lavoro, la Commissione Europea e il Servizio Europeo per l'Azione Esterna, spendono più di un miliardo in aiuti verso l'Autorità Palestinese. Aiuti cospicui, si parla di più di 150 milioni di euro nel 2012, ma di cui il governo palestinese ha fatto un uso poco chiaro. E' quanto scrive la Corte dei Conti Europea nel suo rapporto sul meccanismo di sostegno finanziario diretto (SFD) Pegase.

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L'UE dal 1994 ha versato nei conti del paese governato da Hamas oltre 5,6 miliardi di euro, presi direttamente dalle tasche dei suoi contribuenti, e le motivazioni erano senz'altro lodevoli, a partire dall'obiettivo generale di favorire una soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati per porre fine al conflitto israelo-palestinese. Più nello specifico SFD Pegase "si propone di aiutare l'Autorità palestinese a far fronte ai propri obblighi nei confronti dei dipendenti pubblici, dei pensionati e delle famiglie più vulnerabili, a mantenere i servizi pubblici essenziali e a migliorare la situazione delle finanze pubbliche. Anche se, stando all'Audit della Corte dei Conti, l'ANP non ha fatto molti passi avanti per meritarsi questi fondi, tanto che "la loro sostenibilità è dubbia in assenza di una revisione di fondo dell'approccio attuale. Nell'ambito di tale revisione, anche l'AP deve essere incoraggiata ad intraprendere una serie di riforme, in particolare per quel che riguarda la propria funzione pubblica". E qui la Corte dei Conti martella Commissione e SEAE, sostenendo che "vi è un margine di miglioramento possibile in termini di risparmi da ottenere ricorrendo maggiormente alle gare d'appalto e semplificando il complesso sistema di gestione. La Commissione e il SEAE - continua l'Audit - non hanno fatto sufficientemente uso dei finanziamenti su larga scala da parte dell'SFD Pegase per indurre l'AP ad adottare delle riforme, in particolare per quel che concerne la riforma della funzione pubblica".

Questa mala gestione da parte europea, complice anche la scarsa efficienza dello Stato palestinese oltre all'aumento del numero di beneficiari e alla diminuzione dei finanziamenti, ha portato a gravi ritardi nei pagamenti nel 2012, che hanno causato disordini tra la popolazione. Ma il problema più grave rivelato dalla Corte dei Conti UE è la scarsa trasparenza sui percorsi seguiti dai fondi europei: l'Audit ha infatti riscontrato che a Gaza un numero considerevole di pubblici dipendenti veniva pagato senza recarsi al lavoro e senza fornire alcun servizio. Alcuni dipendenti pubblici non stanno lavorando a Gaza semplicemente perché sono esclusi dalla autorità. Altri, che lavorino o meno, dichiarerebbero comunque di non avere alcun impiego per ragioni politiche. Nonostante tutto "la CE e il SEAE confermano la propria decisione di sostenere politicamente l'AP, che ha deciso di continuare a pagare tutti i lavoratori ammissibili sia nella Cisgiordania sia nella Striscia di Gaza indipendentemente dal loro status lavorativo".

Insomma, mentre la Grecia, l'Italia, la Spagna ed altri paesi tagliano stipendi e posti di lavoro statali, l'UE finanzia i funzionari pubblici palestinesi, senza alcun criterio di necessità o efficienza, senza che debbano nemmeno lavorare "per ragioni politiche". I cittadini europei pagano, in sostanza, dei dipendenti statali - di uno stato governato in parte da un'organizzazione ritenuta terrorista dai più - che non lavorano per motivazioni politiche nel migliore dei casi, o che sono scelti da Hamas con chissà quale criterio nel peggiore.