Visita "gelida" quella del premier turco Erdogan a Bruxelles, non per le temperature stranamente miti della capitale dell'Unione, ma per il clima gelido che si è respirato nei palazzi europei in cui è tornato dopo 5 anni di assenza, per una visita di Stato che in realtà dovrebbe essere un viatico alla riapertura delle trattative per l'adesione. Dovrebbe, perché dopo lo scongelamento a Novembre dei negoziati, che erano fermi da 40 mesi, altre problematiche stanno mettendo a rischio l'approdo di Ankara all'UE. La Turchia ha iniziato i negoziati nel 2005, 18 anni dopo la candidatura, ma vi sono almeno due ostacoli di rilievo: anzitutto, la contrarietà di Germania e Francia, i paesi con il maggior numero di deputati nell'emiciclo, che dovrebbero fare i conti con la popolazione superiore del paese anatomico; poi, il problema mai risolto della Repubblica turco-cipriota, acuito negli ultimi anni dai tentativi di estrazione di gas e petrolio nel Mediterraneo.

Erdogan

Ora però arriva una nuova grana: oltre alle rivolte di piazza Taksim, di cui Bruxelles pare non curarsi molto, i funzionari della Commissione stanno sollevando numerose perplessità sulla riforma della giustizia annunciata da Erdogan. Un provvedimento che sembra una vendetta, in seguito alla maxi-inchiesta del 17 gennaio che ha visto protagonista l'esecutivo, con l'arresto di 52 persone tra cui i figli di tre ministri e il coinvolgimento del figlio dello stesso Erdogan, Bilal. Le indagini secondo il Primo Ministro sarebbero ovviamente "un complotto ordito da potenze straniere", e organizzato dal prelato islamico Fethullah Gülen, una volta amico di Erdogan, che vorrebbe usare il suo impero mediatico statunitense per rovesciare il governo. Fatto sta che il "sultano" ha preso la palla al balzo per annunciare una faraonica quanto contestata riforma della giustizia, che prevede tra le altre cose - stando a fonti della Commissione Europea - la rimozione o riassegnazione di oltre 2.000 ufficiali di polizia coinvolti nell'inchiesta. Soprattutto, la riforma porrebbe dei grossi problemi a livello costituzionale per quanto riguarda l'indipendenza della magistratura, un tema giustamente molto caro all'UE.

La nuova riforma permetterebbe quanto già di fatto accade in un Paese membro, l'Ungheria di Viktor Orban (vedi le critiche del leader dell'Alde, Guy Verhofstadt, a riguardo): il potere giudiziario sarebbe infatti controllato da quello esecutivo, con un ruolo di primo piano del ministro della Giustizia che avrebbe il potere di rimuovere giudici e pubblici ministeri, e la dipendenza dal governo anche dell'organo supremo della magistratura, il Hysk. A questo si aggiunge una legge più restrittiva per i reati sul web, il grande veicolo di mobilitazione delle proteste contro il governo. Ovviamente Erdogan va all'attacco, sostenendo che è proprio per la mancata indipendenza delle azioni della magistratura che il governo vorrebbe questa riforma. Tuttavia la spiegazione non sembra convincere né la Commissione né le altre istituzioni europee: per il momento non ci sono dichiarazioni ufficiali sul tema, ma i "leak" quotidiani sono molto negativi.

Altre indiscrezioni arrivano invece dal palazzo presidenziale, dove pare che il Presidente Abdullah Gül abbia lasciato presagire qualche riserva sulla costituzionalità della riforma, così come ha invece apertamente dichiarato l'ex Ministro della Cultura, Ertugrul Günay, che ha lasciato governo e partito (AKP) in seguito all'inchiesta di gennaio. Un secco "no" viene invece dai partiti di opposizione, i repubblicani del CHP e i nazionalisti del MHP, che hanno chiesto di sottoporre il progetto di legge alla commissione costituzionale del Parlamento, ma senza trovare un accordo con il Ministro della giustizia Bekir Bozdag. Il Presidente del CHP Kemal Kiliçdaroglu ha indirizzato una lettera a Van Rompuy, sostenendo l'importanza dell'ingresso della Turchia in UE, ma insistendo sulla necessità di aderire ai criteri di Copenhagen sul sistema di bilanciamento della giustizia.

Erdogan, acclamato da 3.000 sostenitori a place Stephanie, sembra voler insistere su questa strada, forte del suo ritrovato appeal geopolitico in seguito alla cordialità ritrovata con Israele e all'autorità dimostrata con la Siria, pari solo a quella di Putin, con cui potrebbe fare la parte del leone nei negoziati di Ginevra II. La borsa anatolica ha avuto una flessione negativa nel 2013, ma la Turchia resta uno dei maggiori partner commerciali dell'Unione Europea. La bilancia commerciale con l'Italia prevede previsioni di crescita delle esportazioni del 6.2% e delle importazioni del 7%. Che l'odore del denaro convinca Bruxelles a mettersi una benda sugli occhi e a preferire la bilancia degli scambi a quella della giustizia?