raggi virginia

Tutto il mondo pensa a questi ragazzi intrappolati in una grotta in Thailandia, in particolare al loro allenatore. Ma com'è andata la cosa?

È andata che pioveva, e per ripararsi sono entrati nella grotta. E più pioveva e saliva l'acqua, invece di tornare indietro, più hanno proseguito con la loro idea iniziale, allontanandosi dall'entrata. E più andavano avanti, e più si allontanavano, più vedevano le difficoltà, ma proseguivano. Probabilmente senza pensare che ogni passo più lontano dall'entrata poteva essere un passo verso una situazione ignota. Quindi avanti, e ancora avanti, presi dalle difficoltà. E quasi ci lasciano le penne.

Si chiama principio di coerenza, ed è uno - il più potente - dei principi della persuasione. Quando fai una cosa, tenderai a difenderla, a rifarla, a insistere. Non darai retta a chi ti dice che stai sbagliando, spegnerai quella vocina dentro di te che ti dice "e se ti fermassi e cambiassi strada?", penserai che no, avevi ragione tu, la direzione è quella giusta.

Continuerai, senza pensare che prima tornare indietro era semplice, poi sempre più complicato, poi quasi impossibile. Che prima si sarebbe trattato di un piccolo errore al quale trovare rimedio, poi un problema più grande del quale pagare le conseguenze per un po', poi una situazione impossibile dalla quale non riesci più ad uscire (da solo). Per fortuna già 8 ragazzi sono stati salvati, e si spera che oggi sarà così anche per gli altri 4 e per l'allenatore.

A rileggere quello che ho scritto, a me viene in mente un certo gruppo di ragazzi meravigliosi che non ascoltano chi dice loro che stanno sbagliando, e proseguono imperterriti (almeno qui a Roma, da due anni ormai) a peggiorare la situazione loro e di chi gli è rimasto sotto, e più le prove dicono che già così di danni ce ne sono tanti e uscire sarà difficilissimo, più loro vanno avanti e portano il tutto in una condizione ancora e sempre più disastrosa, difficile da risolvere, e dolorosamente dannosa rispetto all'inizio, quando bastava un po' di apertura mentale e umiltà per capire che ci si stava incamminando verso un luogo dal quale tornare indietro sarebbe stato pressoché impossibile.

La vicenda thailandese è insomma una involontaria metafora politica, che spiega quello che sta succedendo da anni nella Capitale e che rischia di succedere nell’intero Paese. L’estremo rifugio, cercato e difeso con una determinazione irrazionale ma ferma, può diventare la trappola definitiva. Provare a salvarsi da quello che sta fuori – dalla “pioggia” della politica, dell’economia e della demografia globale – rinchiudendosi dentro la “grotta” della nazione, non solo non ci lascia asciutti, ma può farci affogare. Quello che ci si illude possa essere un riparo inespugnabile, diventa un sepolcro.

Il problema è che per Roma e per l’Italia non c'è una mobilitazione internazionale della portata di quella che c'è in Thailandia. E l'altra differenza è che i protagonisti del casino stanno ancora camminando nella direzione iniziale, convinti di avere ragione, sempre più verso il buio, l'ignoto, il danno, l'oscurità. E dicono che vedono la luce. E si portano dietro tutti noi, anche quelli che dentro quella grotta hanno fatto di tutto per non entrarci proprio.

@Mixumb