Oro alla patria: la nuova idea del Governo per i conti pubblici
Istituzioni ed economia
Armando Siri, il Sottosegretario ai trasporti che non conosce il nome del titolare del suo dicastero, ha avuto un’idea, e l’ha esposta alcuni giorni fa al Corriere della Sera. C’è da coprire il costo di una “super-manovra” per il 2019, e Siri lo dice subito: costerà 70 miliardi di euro. Ma, testuale, “poco importa”: le coperture si trovano. Come? Tagliando gli sprechi (quando l’abbiamo già sentita?) e facendo nuovo debito. “Dubito che i mercati resteranno indifferenti” obietta l’intervistatore. E qui arriva l’idea.
Le famiglie italiane - quelle che “non arrivano a fine mese”, secondo la propaganda fascio-grillo-leghista - sono piene di soldi, dice il sottosegretario: ben cinquemila miliardi di liquidità. Eppure 780 miliardi di debito pubblico sono nelle mani di investitori stranieri. Sarebbero questi, secondo il sottosegretario Siri, a far “girare la giostra dello spread”. Se questa quota di debito passasse nelle mani delle famiglie italiane (che hanno tutti questi soldi e non sanno cosa farci) il problema sarebbe risolto. Ma come convincere i recalcitranti italiani ad adempiere al loro patriottico dovere? Offrendo rendimenti maggiori? “Sì, ed emettendo titoli riservati a famiglie italiane”, risponde il sottosegretario.
È dall’inizio della crisi (quindi ormai dieci anni e più) che sentiamo ripetere l'inquietante storia della ricchezza privata dei cittadini italiani come garanzia del debito pubblico dello Stato italiano. Nulla di nuovo quindi sotto il sole, dai tempi di Tremonti che il sillogismo per cui se gli italiani sono ricchi allora lo Stato può spendere al di sopra delle proprie possibilità appare periodicamente nel dibattito pubblico. Le prime tre obiezioni all’idea di Siri le ha espresse efficacemente Luigi Marattin, e vale la pena riportarle per intero:
1) l’idea che siano solo gli stranieri a preoccuparsi di non veder restituito il loro prestito allo Stato italiano se il Governo annuncia di voler sfasciare i conti pubblici è una favoletta: la gran parte dei titoli di Stato riconducibili a cittadini italiani sono immobilizzati in fondi di investimento, in polizze vite o riserve assicurative, in fondi pensione... tutti strumenti che devono garantire in primo luogo la sicurezza del capitale investito, al fine poi di poter produrre - con il modesto rendimento - una rendita nel tempo. Se i gestori di questi fondi - in nome del cittadino cliente italiano - percepiscono che la solidità dello Stato italiano è in discussione, vendono i titoli (=lo spread sale) e investono i risparmi in strumenti più sicuri.
2) dal 1 gennaio 1993 l’Unione Europea è un’unione economica: significa, tra le altre cose, che vi è completa libertà di circolazione del capitale (reale o finanziario). Pertanto, non è ovviamente possibile emettere titoli di Stato riservati ai soli italiani, o ai soli biondi, o ai soli juventini. Chi anche solo lo pensa, non ha la più pallida idea di dove si trova. In passato sono state fatte emissioni disegnate sul risparmiatore italiano (il Btp Italia, acquistabile direttamente dalle famiglie via web), che hanno avuto un ottimo successo: ma si trattava di strategia commerciale, non certo di emissioni riservate.
3) l’idea di abbassare lo spread emettendo titoli a tasso di interesse più alto equivale a dire che mi è venuta l’idea di spegnere il fuoco buttandoci sopra la benzina. Credo - e spero - che non vi sia nemmeno bisogno di commentare una scemenza simile.
Una domanda in più, probabilmente la domanda chiave, se l’è fatta ieri Carlo Cottarelli su twitter:
Un esponente del governo ha proposto di emettere titoli di stato riservati ai cittadini italiani. Escludendo potenziali investitori esteri i tassi d’interesse salirebbero, a meno di obbligare gli italiani a comprare titoli di stato. È questa l’intenzione?
Detta così sembra ancora meno fattibile delle aste di titoli riservati agli italiani che li comprerebbero comunque volontariamente. Come si obbliga una persona a comprare qualcosa contro la sua volontà? È meno difficile di quanto non si creda: basta trasformare ope legis una parte della sua ricchezza o del suo lavoro in quel “qualcosa”. Ad esempio, convertendo i depositi bancari in titoli di Stato, in caso di emergenza. Oppure pagando con quei titoli gli stipendi della pubblica amministrazione e le pensioni.
Follia? Beh, quando si parlava di mini-bot e di seconda moneta - un cavallo di battaglia di Berlusconi, quello ”bravo” della coalizione di centrodestra - si parlava esattamente di questa cosa qui: un titolo di Stato, una promessa di pagamento a lungo e lunghissimo termine, da utilizzare come una sorta di nuova valuta ultrasvalutata al posto dell’euro. Se ne parlava anche in Grecia nel 2015, al tempo della corsa agli sportelli, per rendere l’idea dello scenario in preparazione. Un modo come un altro per uscire dall’euro, cosa volete che sia di fronte alla prospettiva di riacquistare, partecipando attivamente con le proprie personali risorse, il diritto di fallire sovranamente? Oro alla patria dunque.