"Il debito pubblico opererà prevedibilmente come un vincolo significativo nelle opzioni fiscali e politiche fino al 2030 e oltre. L'abilità dei governi di tenere il debito sotto controllo e trovare nuove modalità di erogazione dei servizi pubblici condizionerà la loro capacità di rispondere alle maggiori sfide sociali, economiche ed ambientali". Quel che si legge nelle schede di presentazione di "Future Stato 2030", un rapporto di KPMG sullo stato futuro del mondo, offre uno scenario estremamente complesso, al cui confronto il dibattito politico quotidiano di piccolo cabotaggio impallidisce e appare miserevole.

La crisi finanziaria globale e lo stimolo fiscale che ne è seguito hanno certamente provocato un salto di livello nell'entità del debito pubblico dei paesi più sviluppati, se consideriamo che il valore del debito pubblico sul Pil nell'insieme dei paesi Ocse era il 46,3% nel 2007 ed è arrivato al 78,1% nel 2013[1] (stime FMI). Si tratta dell'incremento più rapido dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, come evidenzia uno studio del Peterson Institute for International Economics (vedi pagina 3). Tuttavia, secondo KPMG, "gli attuali problemi di debito pubblico non sono emersi semplicemente dalla crisi finanziaria globale", ma la tendenza all'accumulazione di debiti consistenti è ormai un fenomeno di lungo periodo per gli Stati: è iniziato prima della crisi, è stato accelerato dalla crisi e proseguirà oltre, influenzato dalle tendenze demografiche e dalla conseguente espansione del welfare state.

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Entro il 2030, riporta KPMG, l'invecchiamento della popolazione farà aumentare la spesa per i sistemi sanitari e pensionistici di circa il 4,4% nei paesi più sviluppati e del 3,2% nei paesi in via di sviluppo (ancora Fondo Monetario): sono fenomeni inesorabili a cui i sistemi pubblici debbono giocoforza adattarsi, se vorranno sperare di sopravvivere. Nel 2035, se continuassero gli trend attuali, il livello del debito pubblico si attesterebbe intorno al 98% del prodotto a livello globale, con il Giappone e gli Stati Uniti a valori stratosferici (rispettivamente 386% e 213%). Nella zona euro, le politiche di austerità condotte sotto l'ombrello del Fiscal Compact modererebbero l'esplosione del debito, che comunque raggiungerebbe il 133% (con paesi come l'Italia ovviamente molto più in alto). Sono scenari paurosi, anzitutto per i Paesi considerati meno solidi e credibili, che saranno sempre più esposti ai rischi economici e finanziari del mercato globale e non avranno praticamente capacità di contrastare con le proprie politiche interne gli shock internazionali.

Come peraltro evidenziato da KPMG nel rapporto, è tempo per i governi di reagire ad un "megatrend" insostenibile.

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VEDI L'INFOGRAFICA DEL RAPPORTO "FUTURE STATE 2030" DI KPMG SUL DEBITO PUBBLICO