Le pensioni sono la metafora dell'Italia sbagliata
Istituzioni ed economia
Nella Repubblica fondata e affondata sulle pensioni, tornano in prima pagina - e come poteva essere altrimenti - le polemiche sull'adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita, mentre la Consulta, deludendo le speranze dei teorici dei diritti acquisiti e ribaltando la propria giurisprudenza, dichiarava costituzionale la restrizione dei criteri di rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo.
Per singolare coincidenza, la pronuncia della Corte Costituzionale coincide con la quasi resa del PD, che per bocca di Martina e Guerini tenta di rompere l'accerchiamento, dichiarando di volere attenuare i meccanismi troppo rigidi previsti dalla legge Fornero.
Il tema della pensioni in Italia è paradigmatico perchè in esso si condensano tutti i difetti sia della politica che della discussione politica, perennemente sospese tra "facilismo", scandalismo e opportunismo elettoralistico. Il monumento dell'Italia sbagliata è un sistema previdenziale costosissimo, che ha prodotto torme di pensionati mediamente poveri o poverissimi, abbattuto per decenni il tasso di occupazione e di attività degli ultracinquantacinquenni e rappresentato il diritto alla quiescenza, prima che quello al lavoro (anzi: a prescindere), come pegno del patto di cittadinanza.
Le pensioni sono diventate la pietra dello scandalo perchè sono la promessa impossibile che il disvelamento dell'impossibilità ha trasformato nel rimpianto di un perduto passato felice. Come tutte le memorie inventate anche quella della generosità della nostra previdenza è diventata un feticcio ideologico e ha smesso di essere un tema politico razionalmente discutibile. Quello che a Monti e Fornero è stato reso possibile dalla congiuntura finanziaria avversa - meglio riformare le pensioni, che consegnarsi al default dell'Italia - non ha avuto alcuna corrispondenza sul piano culturale, non ha trovato di fatto difensori disponibili ad ammettere che quei rimedi obbligati rispondevano a una necessità non solo economica, ma politica e morale, quella di liberare i figli dalla schiavitù dei padri e il futuro da quella del passato. Così, passata la bufera, gli italiani hanno potuto riprendere a odiare la verità delle Cassandre della previdenza più bella del mondo.
Oggi, da questo punto di vista, siamo tornati al punto di partenza. Nessuno sa come smontare la riforma Fornero, ma quasi nessuno si sottrae al dovere di maledirla e di promettere di vendicarne gli abusi. Il PD, per tante ragioni (perché sta al governo e quindi non può pazzeggiare liberamente e perché non ha la miseria politica dei suoi concorrenti), è stato l'ultimo ad arrendersi, ma si sta arrendendo. Rimane il fatto che la prospettiva di aumentare ulteriormente la spesa previdenziale in Italia è un tributo conformistico alle ragioni della rovina, non della solidarietà.