macronsorbona

Puntuali come un orologio, sono arrivate dal nostro Paese un buon numero di censure “liberali doc” al povero Emmanuel Macron, dopo il suo discorso alla Sorbona: è uno statalista, centralista, un cripto-socialista, anzi peggio: un dirigista! Non è però un caso che queste censure provengano da aree politico-culturali che vivono con minore imbarazzo la contiguità o la partecipazione diretta al centro-destra italiano, letteralmente dominato, proprio sui temi economici, da parole d’ordine protezioniste e corporativiste. Macron è il nemico illiberale, ma Salvini è solo un compagno che sbaglia.

Secondo questi critici Macron sarebbe un progressista post-socialista ideologicamente trasversale che ha evitato il disastro Le Pen. Ma è anche un ex Rothschild e quindi rappresenta l’Europa delle banche, la finanza opaca, il capitalismo antipopolare, come non ha timore di sostenere il centro-destra italiano, guidato dall’unico banchiere in servizio della politica mondiale. Comunque è francese e quindi non è possibile che sia veramente “liberale”, qualsiasi cosa significhi.

E allora vediamo quali sono le prove dietro questa accusa infamante contro Macron.

Innanzitutto la questione Stx-Financantieri. Non doveva permettersi! Poco importa che comunque la partita si sia risolta con un 2-1 per Fincantieri anche se non 2-0 come sperava l’azienda italiana (di proprietà statale, per inciso). Ma gli stessi che censurano il protezionismo francese su un industria strategica perché militare, chiedono di proteggere Mediaset (che è già sufficiente protetta dalla normativa antitrust) dall’attacco della francese Vivendi.

Ma questo è niente. Il capo d’accusa principale è l’idea, affermata nel discorso alla Sorbona, di costruire “un’Europa che protegge”. Quindi, ecco che Macron rivela la sua natura diabolica di protezionista, anzi di tipico francese colbertista. Secondo gli accusatori l’Europa non dovrebbe “proteggere” i propri cittadini o almeno promettere di farlo, ma dovrebbe tassarli, pretendere il rispetto delle numerose regole e leggi che ci siamo dati anche per volontà degli stessi cittadini e poi zac!, al momento opportuno lasciarli in balia di qualsiasi evento, sia esso un licenziamento di massa, l’ingresso di prodotti venduti sottocosto in barba alle regole di dumping, o, peggio mi sento, un attacco terroristico. Ma i censori del “protettore” Macron sono anche gli stessi che tollerano negligentemente la destra orgogliosamente illiberale teorizzare l’isolamento politico-economico del Belpaese, proprio per esigenze malintese di autoprotezione.

E poi, Macron parla di creare altre istituzioni in Europa! Ecco lo statalista nascosto! Altre istituzioni! Altra burocrazia! Stato ladro ed Europa ladra! Poco importa che il “socialista” Macron stia cercando di far passare una riforma del lavoro in Francia che, se ci riesce, dovremmo accendere due ceri sulla tomba di Milton Friedman. Poco importa che voglia snellire la Commissione portandola a 15 membri invece di 30 e che la nuova istituzione europea menzionata da Macron sia un’agenzia per il rispetto delle norme sul lavoro in tutta Europa, incluse quelle sui cosiddetti “posted workers”. Ah non va bene? Quindi è normale, per esempio, che all’interno di un mercato unico in cui si muovono liberamente i lavoratori e capitali, beni e servizi (gli stessi lavoratori capitali, beni e servizi che invece Le Pen, evidentemente molto più “liberale”, avrebbe bloccato), Tizio faccia lo stesso lavoro di Caio nello stato membro Alfa, ma con un contratto a tutele molto più basse stipulato nello stato membro Beta, in contrasto con alcuni criteri minimi di garanzia e sicurezza? Ma chi accusa Macron ha mai veramente lavorato da dipendente?

Altro capo di accusa: Macron ha detto che vuole fare “tax harmonization” in Europa! Eccolo qui! Adesso arriva la Ue a dirci quante tasse dobbiamo pagare. Un momento, ma negli stati federali non funziona così? Ci sono tasse che vanno al governo federale e sono fissate in misura uguale per tutti gli stati membri e poi ai singoli stati resta la possibilità di fissare le proprie aliquote impositive. E poi un attimo, non ha mica detto imposta unica per tutti; no, vai a leggere tra le righe del discorso e parla di un “range”, da X a Y, entro cui gli stati si possono muovere, e anche di armonizzazione delle norme contabili. Molto meglio per certi puristi liberali sentire Salvini proporre “dazi infiniti” sulle importazioni e misure punitive verso le imprese che delocalizzano.

Ma niente da fare, di tasse non si deve parlare! Soprattutto poi di tassa sulle transazioni finanziarie. Aspetta un momento.... ne ha parlato, sempre alla Sorbona, maledetto comunista! E chi se ne frega se ha detto che bisognerebbe estendere quella già in vigore nel Regno Unito e che i proventi servirebbero a finanziare un piano Marshall per l’Africa. Ma no, secondo un liberale-doc, ammesso che sia d’accordo col Piano Marshall, questo andrebbe finanziato tagliando “gli sprechi”, cioè sostanzialmente una parte dei servizi ai cittadini che in gran parte però non leggono l’Economist, ai quali poi ovviamente andrà spiegato che il taglio è stato fatto per finanziare il piano Marshall gestito dalla Ue… Così c’è una nuova buona ragione per attaccare pure l’Ue.

E poi avete sentito cosa ha detto sul commercio internazionale? Che deve essere equo! Che ci deve essere reciprocità! Ah ma allora è peggio di Trump, il cui successo i liberali doc, con grande soddisfazione, addebitarono però a Hillary Clinton e alla sua snobistica insensibilità verso i dolori del popolo. Poco importa che Macron continui a sostenere il CETA e che non abbia proposto dazi del 220% per proteggere Boeing come sta facendo Trump, ma abbia semplicemente calcato la mano sul rispetto delle regole e sulla reciprocità: tu azienda X del paese Y puoi fare a casa mia quello che la mia azienda può fare a casa tua. Non vi va bene nemmeno questo? Deve essere per forza “dog eats dog” in questo mondo, per soddisfare gli istinti di chi sostiene che il mercato deve decidere tutto, salvo poi condiscendere con le proteste e le posizioni antimercatiste pur di compattare un fronte anti-sinistra o addirittura anti-comunista? Macron è più comunista di Salvini?

Niente da fare, il verdetto finale è “Marcon statalista”. Speriamo che adesso ci pensino i liberali tedeschi, quelli veri dell’FDP (noto in passato anche come partito dei farmacisti, per aver difeso a più riprese la categoria, per inciso...) a raddrizzargli la schiena e a rimettere l’Europa in cammino verso un modello reaganiano verso il quale sicuramente il 60 per cento dei 500 milioni di cittadini dell’Ue vuole incamminarsi. E invece no, altra doccia fredda con il leader FDP Lindner che definisce Macron “godsend”, mandato dalla provvidenza.

Poveri liberali anti-Macron. Loro devono essere convinti che sia possibile impedire la disgregazione europea (per cui forse tifano) senza fare un minimo, dico proprio un minimo, di “nation-building” che passa dal definire chi siamo “noi” europei che facciamo parte di questa “Unione” e chi sono “gli altri” (per inciso, i tanto osannati americani ne hanno il concetto fin troppo chiaro, come i russi e i cinesi), dall’accordarsi su dove siano confini dell’Europa e come siano attraversabili da parte di chi viene a lavorare qui (e come vadano rimpatriati i non aventi diritto) e dal dare ai contribuenti europei il senso che in cambio delle tasse ricevono una protezione. Peraltro, solo un’Europa non disgregata potrebbe concludere trattati commerciali bilaterali win-win e non win-lose, come sarebbero probabilmente costretti a fare i singoli stati.

Per questo occorre creare una maggiore unità politica, che potrà assumere una forma più o meno conveniente, ma che sempre unità dovrà essere. Il “Leviatano” europeo che i liberali anti-Macron paventano è semplicemente la necessaria unità politica - di consenso, di fiducia e di cuore - senza la quale l’integrazione europea, sul piano puramente funzionale, rischia di apparire pericolosamente nemica.

Detto quanto sopra, c’è una cosa che invece non mi è piaciuta del discorso di Macron. Contrariamente a quanto riferito da alcuni, non ha detto di volere abolire la Pac o quel che ne è rimasto, ma ha farfugliato qualche parola sull’esigenza di “adattarla” o “riformarla”. Non me ne risento perché non abolirla sarebbe una misura “socialista”, ma perché senza Pac il Piano Marshall per l’Africa sarebbe più semplice da realizzare.

@MarcoMarazziMi