Matteo Renzi ha vinto ed è un tripudio di emozioni, speranze e aspettative, com'è giusto che si sia ogni qualvolta qualcuno provi a riuscire in quanto – senza esagerare – ha il valore di un'impresa. L'entità del consenso ottenuto ha costituito l'esito di una campagna condotta con molto impegno dal nuovo segretario del partito e da tutti coloro i quali lo hanno appoggiato, e con eccezionale compattezza. Ma quest'ultima caratteristica, positiva come è evidente, a certe condizioni potrebbe acquistare una valenza opposta e finire per tradursi in un limite per il sindaco di Firenze.

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Ciò che più di ogni altra cosa è importante all'interno di un qualunque insieme di persone interessato a perseguire un risultato – che sia politico o di altro tipo non importa – sono voci critiche idonee a operare costantemente quell'esame di realtà che l'entusiasmo può offuscare, rendendo inefficace l'azione conseguente. Ugualmente, delle obiezioni avanzate dall'esterno deve tenersi molto conto, affinché l'autoreferenzialità non offuschi l'importanza dell'apporto di contributi non concordi, ma arricchenti se dotati di solide argomentazioni a fondamento. Specificamente, nel caso delle primarie del Partito Democratico, durante il lungo percorso che ha preceduto l'arrivo all'8 dicembre, chi dall'interno o dall'esterno ha criticato per un qualsivoglia profilo il primo cittadino fiorentino è sembrato aver fornito un reale e fattivo contributo in termini di valore aggiunto alla "squadra" di supporto. Il candidato ha potuto cogliere i suggerimenti così avanzati da chi non ha improntato il proprio comportamento nei suoi riguardi a un atteggiamento di mera quanto inutile compiacenza, a volte forse giustificata esclusivamente dalla circostanza che Renzi sarebbe stato il vincitore certo. Molti spunti critici a quest'ultimo hanno probabilmente giovato, permettendogli di volta in volta la correzione della rotta di avvicinamento al brillante risultato.

Nell'immediatezza della scadenza elettorale, tuttavia, ogni espressione di dissenso è sembrata sempre meno tollerata dai suoi sostenitori, sui social network soprattutto: quasi si trattasse di un comportamento assurdo, dato l'enorme favore ovunque raccolto, e non vi fosse ragione per essere perplessi, ma servisse il plauso e basta, senza che dubbi, obiezioni o anche solo sfumature diverse potessero scalfire la piena intesa sul candidato né tanto meno modulare i toni di un'opinione non conformata su quella della massa. Per altro verso, ma in parallelo, l'omologazione è andata progressivamente connotando le espressioni a favore di colui il quale di lì a poco sarebbe stato acclamato, quasi mediante plebiscito, il nuovo segretario del partito.

L'appoggio a Renzi si è andato via via traducendo in una rete a maglie fitte di acritico consenso volto non solo a sostenere il sindaco di Firenze, ma anche i suoi supporter tra loro, reciprocamente: quasi che questi ultimi avessero sancito virtualmente un patto di vicendevole soccorso, volto a rintuzzare qualunque voce divergente e a consolidare in tal modo una forza fondata sulla fede a una causa non suscettibile di essere discussa. Osservando dall'esterno le dinamiche descritte, si è reso evidente che – come spesso accade in questi casi – quando il consenso entusiasta si traduce nell'adesione fideistica suddetta il risultato finisce per essere l'intolleranza a qualunque idea diversa. Un muro di gomma viene così elevato da chi partecipi a un certo consesso. La conseguenza è che chiunque ne sia fuori, non accettando alcun codice di comportamento, è destinato non a scontrarsi con pareri differenti – che è cosa buona e giusta sempre – bensì a provare un sentimento di impotenza derivante dall'inutile tentativo almeno di far comprendere il proprio punto di vista: seduto dalla parte del torto, luogo in cui, peraltro, chi nutra il dubbio quale unica certezza e lo coltivi con cura e senza sosta si trova a proprio agio, quindi nulla quaestio.

Non è chiudendosi alle voci di dissenso che si rinforza chi di per sé abbia consistenza: nella valutazione di chi lo circonda Renzi dovrebbe stare attento. A tale proposito, egli aveva affermato che merito e competenza sarebbero stati i criteri in forza dei quali avrebbe deciso di chi avvalersi. Nella formazione della segreteria, il neo eletto ha tenuto in massimo conto le c.d. quote rosa e l'età dei componenti: chissà, invece, quel merito e quella competenza da lui così tanto enfatizzati in precedenza. La trasparenza declamata dal sindaco di Firenze durante la sua campagna potrebbe indurre quest'ultimo a motivare le scelte fatte, ad esempio, sì da conferire a esse un più solido fondamento. Non è iniziando le riunioni all'alba che si dimostra sostanza: serve coerenza e metodo al riguardo. La risonanza mediatica volta ad attribuire rilevanza a ogni atto, se non basata su contenuti sottoposti a vaglio critico e prove di resistenza ad opera di chi non sia schierato con la maggioranza, attribuisce all'atto stesso valenza opposta. Lo stesso vale per la compattezza del consenso: da qui si sono prese le mosse e qui può chiudersi il cerchio. Tutto si tiene, del resto.