Grillo orologio

Oggi sul Corriere della Sera il sondaggio di Pagnoncelli certifica che il M5S è di gran lunga il primo partito italiano, con il maggiore distacco mai stimato sul secondo, il PD.

Grillo continua ad accrescere i consensi proprio mentre nella classe politica grillina emergono faide sanguinose, l'efficienza delle amministrazioni a 5 stelle è manifestamente scadente, sempre più dirigenti vengono accusati dei reati più tipici dei 'politici' (firme false, abusi e vere e proprie malversazioni) e Grillo ha fatto saltare, annullando ex post le comunarie di Genova, quel simulacro di democrazia diretta rappresentato dal voto 'a chiamata' dei seguaci più fedeli, selezionati e custoditi nei server della Casaleggio e Associati.

Ma davvero il consenso per il partito di Grillo dovrebbe risentire degli effetti di fenomeni che non hanno niente a che fare con le ragioni del suo successo? Nessuno vota Grillo perché pensa che Di Maio o Di Battista siano degli statisti, perché si riconosce nella democrazia interna della fattoria degli animali a 5 stelle, perché pensa che Raggi sia un'amministratrice capace, in grado di riportare ordine nel disordine romano, o perché ritiene che la retorica dell'o-ne-stà sia, di per sé, una garanzia di onestà.

L'interno del M5S, dal punto di vista politico, non è che non conti. Semplicemente non esiste. La qualità politica, l'accountability e la stessa presentabilità della classe dirigente grillina non rileva, perché non è un criterio rilevante per chi sceglie di votare Grillo per votare "Vaffanculo a tutti", cioè per chi usa Grillo, venendone usato, non per promuovere una proposta democraticamente alternativa, ma per dichiarare la propria secessione morale e civile dalla democrazia, neppure in nome di un'ideale di autogoverno utopico, ma di un'ordalia giustificata dalle "colpe della politica".

L'egemonia ideologica grillina è un fenomeno che non parte da Grillo e non è iniziato, né finirà con lui, che è solo l'utilizzatore finale di una cultura antipolitica coltivata da élite parassitarie e ruffiane nell'identificazione della politica con la Casta e nella retorica del "tutti a casa", e distillata da chierici capaci di dare insieme buoni consigli e cattivo esempio, di essere o di frequentare il Palazzo, di essere e rappresentare il potere e di ergersene nel contempo a censori, offrendo una rappresentazione ridicola e "criminologica" della crisi italiana, come se il problema di tutto - dall'efficienza dello Stato alla produttività del lavoro - fosse mettere le guardie al posto e dei ladri e i ladri in galera.

Grillo non ha inventato nulla, ma ha costruito con Casaleggio un modello di industrializzazione politica della vulgata antipolitica, che dal fascismo al qualunquismo, dal berlinguerismo al dipietrismo, dal berlusconismo al renzismo ha rappresentato, in forme diverse, il vero fil rouge della "politica di successo". La stampa e gli intellettuali inginocchiati alla natura provvidenziale di questa febbre maligna (anche Croce giudicò per qualche tempo il fascismo, che aborriva, utile a ritemprare le membra dello Stato liberale) oggi cavillano sugli eccessi autocratici del guru genovese, come se il M5S avesse mai potuto o potesse mai essere qualcosa di diverso da quello che è, e come se il suo successo anziché una malattia potesse essere un vaccino o una medicina.

Per impedire a Grillo di rottamare democraticamente la democrazia dovrebbero prima rottamare tutta la benzina politico-culturale che gli hanno messo nel motore, tutta la retorica antipartitica e anti-istituzionale, tutto il pettegolezzo ipocrita, tutto il farisaico moralismo anti-establishment, cucinati ribollendo gli ingredienti psicologici e civili dell'eterno fascismo italiano. Se no è inutile stupirsi e dolersi che ad essere plebiscitato democraticamente sia un "dittatore" attorniato da politici-squillo mediocri e fungibili. E gli altri partiti, o quel che ne rimane, dovrebbero smettere di fargli il verso, pensando di potergli contendere la gallina dalle uova d'ora dell'antipolitica.

@carmelopalma